Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22069 del 28/10/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 22069 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso 16194-2010 proposto da:

CACCIATORE

DIEGO

CCCDGI42P11A089F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di
CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO
MARAGLIANO;
– ricorrente contro

2015
1553

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DI AGRIGENTO SEZIONE
SPECIALE

CASE

AGRIGENTO

POPOLARI

00078330842,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SANTA
COSTANZA

27,

presso

lo

studio

dell’avvocato

Data pubblicazione: 28/10/2015

z.,
o

D’ALESSANDRO

SANDRO,

rappresentato

e

difeso

,

dall’avvocato PIETRO D’ALESSANDRO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 931/2009 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 29/05/2009;

udienza del 10/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato Carlo VALLE con delega depositata in
udienza dell’Avvocato D’ALESSANDRO Pietro, difensore
del controricorrente che ha chiesto rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

.

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per

,

l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

,.
Svolgimento del processo
Cacciatore Diego, con atto di citazione del 19 maggio 1993, conveniva in
giudizio l’Istituto Autonomo Case Popolari di Agrigento innan7i al Tribunale
di Agrigento, esponendo di possedere da oltre vent’anni in modo continuativo

Villaggio Mosè della superficie di are 59,60 assumeva di aver recintato e
spianato detto terreno, dove da oltre un ventennio esercitava la propria attività
lavorativa, avendolo adibito a deposito di auto in disuso e ferrivecchi,
impiantandovi anche,, in modo precario, una baracca, chiedeva che, ai sensi
dell’art. 1158 ce.,, fosse’ dichiarato
l’acquisto per usucapione di detta
. .
appezzamento di terreno

.. ._

Si costituiva l’Istituto, Autonomo Case Popolari di Agrigento eccependo

l’inammissibilità della- domanda
trattandosi di terreno abusivamente occupato
_
dall’attore, in ,qUanto,’. ayeirte:destinazione
pubblica e, pertanto, non
. .
.
.—

• usucapibile.

.

.

Istruita la catik c d”,c01-CCELY:ff Tribunale -di Agrigento con sentenza n. 386
—‘:•;-?:”’ ;•
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del 2001, ‘
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arida dell:4Nre, sia ‘perché il bene non era
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Avverso ‘ ‘gite*, ,’S’enferiza, :rtroponeva, , appello Cacciatore Diego lamentando

l’erronea ddeisiane-del `tribun
‘. ale. Si costituiva anche in questa fase l’Istituto

,

,

. .

i

,

Autonomo .ase
. • , :Popolari di Agrigento, chiedendo il rigetto delle domande
attoree e la conferma della- sentenza di primo grado, con vittorie delle spese
del grado.

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 931 del 2009, confermava la

1

palese e pacifico, un appezzamento di terreno sito in Agrigento contrada

,

r
sentenza del Tribunale di Agrigento e condannava l’appellante alla rifusione
delle spese di giustizia del gardo. Secondo la Corte di Palermo, non vi era
dubbio che il bene di che trattasi fosse un bene destinato ad un pubblico
servizio

e che fosse collegato funzionalmente con l’attività istituzionale

dell’Ente pubblico. Il bene, pertanto, non era soggetto ad usucapione.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Cacciatore Diego con
ricorso affidato a due motivi. L’Istituto Autonomo Case Popolari di Agrigento
ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
l.= Con il primo motivo di ricorso, Cacciatore Diego, denuncia la violazione
,

e falsa applicazione degli artt. 830, 828, e 826 cc., e dei principi consolidati in
materia di appartenenza dei beni al patrimonio indisponibile.

Secondo il

ricorrente, la mera destinazione ad edificabilità del terreno oggetto della
controversia prevista nel piano Regolatore del Comune di Agrigento

non

consentirebbe di affermare, come ha fatto la Corte di Palermo, che il bene
appartenesse al patrimonio indisponibile dello IACP. La destinazione
urbanistica del bene ad edificabilità non dimostrerebbe affatto, che il bene de
quo, fosse destinato ad un pubblico servizio

nel senso previsto e richiesto

dagli artt. 830, 828 e 826 cc. Insomma, eccepisce il ricorrente, la destinazione
a soddisfare una pubblica esigenza non potrebbe farsi consistere,

come

avrebbe fatto la Corte di Appello, nella mera previsione di edificabilità
contenuta nel PUR, in quanto occorreva che la destinazione al pubblico fosse
stata concreta. Piuttosto, l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile
di un Ente territoriale discenderebbe non solo dall’esistenza di un atto
amministrativo che lo avesse destinato ad uso pubblico, ma dalla concreta
2

6

,
utilizzazione dello stesso, la cui mancanza doveva essere desunta dalla
decorrenza, rispetto all’adozione dell’atto amministrativo, di un periodo di
tempo tale da non essere compatibile con l’utili77azione in concreto del beni
ai fini di pubblica utilità.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Suprema Corte di Cassazione: se la

mera destinazione urbanistica ad ampliamento viario ed edificabilità di un
terreno risultante dal PRG sia di per sè sufficiente a dimostrare l’appartenenza
del bene al patrimonio indisponibile del soppresso Ente Zolfi Italiano e dello
IACP a questo subentrato, pur in mancanza di una concreta utilizzazione del
bene stesso da parte del detto ente per una delle sue finalità istituzionali.
Se, invece, ai sensi dell’art. 830, 828,e 826 cc occorre che la destinazione al

.

pubblico servizio debba esistere in concreto, e debba consistere in una
concreta utilizzazione del bene da parte dell’Ente IACP per una sua finalità
istituzionale.
_

1.1.= Il motivo è inammissibile per novità della censura relativa
all’appartenenza,

del bene oggetto della controversia,

indisponibile dell’Ente Zolfi

al patrimonio

e, successivamente, dell’Ente IACP. Come

emerge, chiaramente, dalla sentenza impugnata Cacciatore con l’atto di
appello aveva lamentato che il Tribunale, erroneamente, aveva inquadrato la
fattispecie al suo esame, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 830 e
828 cc., dato che il terreno oggetto della controversia costituendo un relitto
del programma residenziale di edilizia realizzata dall’Ente Zolfi, già
ampiamente definito all’epoca della liquidazione, doveva ritenersi come tutte
le accessioni e le pertinenze appartenenti al patrimonio

comune dei

proprietari limitrofi riscattati e non al patrimonio vincolato della IACP, in
3

(i

)/1

_

,
questa fase di legittimità, il ricorrente, invece, lamenta che la Corte
distrettuale abbia ritenuto che la mera destinazione ad edificabilità del terreno
de quo

nel vigente Piano Regolatore del Comune di Agrigento avesse

determinato l’appartenenza del bene stesso al patrimonio indisponibile della
IACP. Si tratta, ovviamente, di due prospettive difensive assolutamente

diverse perché nel primo caso il ricorrente ritiene che il bene di che trattasi
avesse perduto la qualità di pubblica utilità e nel secondo caso, cioè, con la
censura prospettata in questa fase del giudizio di legittimità, il ricorrente
lamenta, invece, che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che il bene
non aveva, mai, avuto la qualità di pubblica utilità e, quindi, non era mai
appartenuto al patrimonio indisponibile dell’Ente di cui si dice, perché la

destinazione a soddisfare una pubblica esigenza non poteva farsi consistere
nella mera previsione di edificabilità contenuta nel PRG, in quanto occorreva
che la destinazione al pubblico servizio fosse concreta.

E’ ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a
pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere
del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di
legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase
di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente,
al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura,
ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al
giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio
lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis”
la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.
ff
)(
2.= Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112

.

4
.

,
cpc., per omessa pronuncia su motivo di appello e mancata corrispondenza tra
il chiesto ed il pronunciato. Eccepisce il ricorrente che con l’atto di appello
aveva rilevato che l’Ente Zolfi Italiana aveva realizzato tutto

il suo

programma di edilizia residenziale pubblica prima ancora che fosse stata
disposta la sua liquidazione. Il terreno de quo che all’atto dell’occupazione era

un immondezzaio, costituiva semplicemente un relitto del programma
costruttivo realizzato, non più utilizzato dall’Ente Zolfi Italiana. Ora l’art. 9
della legge 167 del 1962 prevede che l’approvazione del PEEP
dichiarazione di pubblica utilità

equivale a

indifferibilità urgenza di tutte le opere,

impianto ed edifici in esso previste, stabilisce anche che le aree comprese nel
.

piano, rimangono soggette, durante il periodo di efficacia del piano stesso, ad


_

espropriazione a norma degli articoli seguenti per i fini di cui al primo
comma dell’art. 1. Pertanto, decorso il periodo di efficacia la situazione
giuridica determinata dal piano ed i relativi vincoli sono venuti meno per cui
.

il terreno è diventato un terreno privato e come tale usucapibile. La Corte di
Appello di Palermo in ordine alla circostanza della sopravvenuta disponibilità
del bene

essendo decorso il tempo di efficacia del PEEP

in assenza di

concreta utilizzazione avrebbe omesso una qualsivoglia motivazione.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Corte di Cassazione, se un terreno
inserito in un PEEP possa essere considerato a distanza di anni di compiuta
realizzazione del programma costruttivo da parte del soppresso Ente Zolfi
Italiani, ancora facente parte del patrimonio indisponibile dell’Ente (nel caso
in esame dello IACP subentrato all’Ente Zolfi Italiani). Se, invece, il detto
terreno, decorsi il periodo di efficacia del piano ed il periodo fissato per il
compimento dei lavori previsti dall’art. 9 della legge n. 167 del 1962 debba
5

Cil

t
essere considerato come appartenente al patrimonio indisponibile dell’Ente e
come tale usucapibile.

_

2.1.= Il motivo è infondato.
In verità, il ricorrente, con la censura in esame, ripropone una questione che la

fatto e di diritto per le quali ha ritenuto che il bene in oggetto apparteneva al
patrimonio indisponibile dell’Ente IACP, perché tale bene era destinato ad un
pubblico servizio e funzionalmente connesso all’attività

istituzionale

dell’Ente pubblico non territoriale IACP, le cui ragioni, proprio perché, prive
di vizi logici e/o giuridici, vanno condivise e ribadite, anche, in questa sede.
Come ha avuto modo di chiarire, la Corte di Palermo, l’art. 13 del DPR n.

r

1306 del 1972 ha previsto la soppressione dell’Ente Zolfi e con esso anche
della gestione speciale per le Case Popolari ed il successivo art. 14 dello
stesso decreto che i beni immobili di proprietà degli enti soppressi fossero

devoluti alla IACP della provincia nel cui territorio quei beni si trovavano.
Nel caso in esame l’Ente Zolfi in ragione della normativa appena richiamata
con nota del 19 novembre 1973 ha informato l’ente IACP della provincia di
Agrigento delle devoluzione dei plessi di alloggi popolari e delle relative
adiacenze,

singolarmente specificate, fra le quali figurava l’area sita nel

Villaggio Mosè, da ciò si deduceva che l’Ente Zolfi non aveva mai
considerato il terreno oggetto della controversia un bene relitto. Ciò per altro,
come ha specificato la stessa Corte di Palermo, apparirebbe confermato: a)
dalla natura stessa del bene in questione, trattandosi di un terreno di circa 600
mq e b) dalla circostanza che dal certificato

di destinazione urbanistica,

acquisito in atti, risultava che quel terreno era destinato in parte ad
,

_

6

Corte di Palermo ha esaminato e deciso spiegando ampiamente le ragioni di

i

,
allargamento viario ed in parte ad edificabilità. Non vi era dubbio, dunque,
che sussisteva la destinazione del bene in oggetto ad un pubblico servizio ed
il suo collegamento funzionale con l’attività istituzionale dell’Ente pubblico
risultando l’attività edificatoria destinata al

soddisfacimento del diritto all’abitazione dei cittadini meno abbienti

e la

realizzazione di strada, una tipica funzione pubblica. Correttamente, poi, la
Corte di Appello di Palermo ha chiarito che in materia di beni immobili, ai
sensi del combinato disposto di cui agli artt. 830 e 828, secondo comma, cod.
civ., i beni del patrimonio indisponibile di un ente pubblico non territoriale
possono essere sottratti alla pubblica destinazione soltanto nei modi stabiliti
dalla legge, e quindi certamente non per effetto di usucapione da parte di terzi,

non essendo usucapibili diritti reali incompatibili con la destinazione del bene
dell’ente al soddisfacimento del bisogno primario di una casa di abitazione per
cittadini non abbienti.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di
soccombenza di cui all’art. 91 cpc., condannato al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di cassazione che liquida in C. 2.200,00 di cui E. 200,00
per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così decisivo nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte di Cassazione il 10 giugno 2015.
Il Consigliere relatore

1
..

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Il Presidente


7

non territoriale IACP,

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DEPOSITATO chmetteffli
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2 8 OTT. 2815

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