Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22069 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/10/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 13/10/2020), n.22069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 368-2014 proposto da:

– I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI e SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

e contro

P.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9054/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/12/2012, R.G.N. 5617/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 18.12.12, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva riconosciuto il diritto di P.L. a pensione di reversibilità in regime internazionale, condannando l’INPS al pagamento dei relativi ratei.

2. In particolare, premesso che la signora P. è vedova di pensionato in regime internazionale, era accaduto che l’INPS aveva negato il diritto alla reversibilità in ragione del mancato possesso di 52 settimane di contribuzione da parte del de cuius (requisito previsto dal regolamento comunitario n. 1408/1971, applicabile a seguito dell’adesione della Slovenia al’Unione Europea, già avvenuta al momento del decesso del pensionato). Tanto premesso, la Corte territoriale ha ritenuto che all’assistita competesse la reversibilità della pensione, e ciò sulla base del mero obiettivo già avvenuto riconoscimento ed avvenuta erogazione della pensione in capo al de cuius al tempo del decesso.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’INPS per un motivo; l’assicurata è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con unico motivo di ricorso parte ricorrente lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del Regolamento comunitario 1408/71, della L. n. 218 del 1952, art. 13 come modificato dalla L. n. 903 del 1965, art. 23 per avere la sentenza impugnata ignorato che al momento del decesso del pensionato diretto era già entrato in vigore il regolamento comunitario che richiedeva il possesso di almeno 52 settimane di contribuzione e che tale requisito non era posseduto dal pensionato (avendo questi fruito della pensione in pro rata, in virtù di totalizzazione di contributi accreditati in Italia e nella ex Jugoslavia). L’INPS evidenzia che, a norma del detto regolamento, vanno presi in considerazione i periodi che siano superiori ad un anno al momento dell’avverarsi del rischio, sicchè – dovendo intendersi tale momento come quello del decesso del pensionato ed essendo la pensione di reversibilità un diritto jure proprio – la reversibilità non spetta al superstite del pensionato non avente 52 settimane contributive utili.

5. Il motivo è infondato.

6. Infatti, la pensione di reversibilità ha quale unico presupposto, oltre al rapporto di coniugio, l’esistenza di una pensione diretta in favore del de cuius, legittimamente liquidata allo stesso in conformità delle disposizioni vigenti all’epoca della decorrenza della prestazione previdenziale.

7. Il quadro normativo da tenere presente, dunque, è quello in vigore al momento della maturazione del diritto alla pensione diretta e non quello del decesso del pensionato. Ciò è confermato anche dal fatto che l’entrata in vigore delle nuove disposizioni in nulla ha influito sul godimento della pensione diretta, erogata continuativamente fino al decesso del de cuius.

8. Ne deriva che la modifica delle condizioni per il riconoscimento del trattamento pensionistico, conseguente a mutamenti del quadro normativo internazionale, non può spiegare effetti sulla pensione di reversibilità spettante ai superstiti dell’assicurato che pacificamente godeva, al momento della morte, di pensione diretta in regime internazionale, liquidata in conformità delle disposizioni vigenti all’epoca ed in particolare della convenzione italo-jugoslava.

9. La circostanza – singolarmente evidenziata dall’INPS – che la reversibiità spetti jure proprio al coniuge superstite significa che la stessa non compete jure hereditatis e non anche che la stessa sia acquisita sulla base di posizione assicurativa autonoma del coniuge superstite (da verificarsi al momento del decesso del de cuius, secondo le norme a quel momento vigenti); come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, infatti, la reversibilità è prestazione previdenziale acquisita sulla base della posizione assicurativa pensionistica del coniuge deceduto, essendo volta a garantire al superstite il mantenimento (peraltro parziale) delle disponibilità economiche (già presenti in costanza di matrimonio) anche dopo il decesso del coniuge pensionato. La spettanza della prestazione jure proprio, dunque, non implica affatto che i relativi requisiti amministrativi, contributivi e anagrafici debbano essere riferiti al superstite (il che vanificherebbe le caratteristiche stesse e le finalità della prestazione, per ottenere la quale basta il mero rapporto di coniugio o di parentela) e/o all’assetto normativo in vigore al momento del decesso del pensionato anzichè a quello in cui è stato collocato in quiescenza.

10. Irrilevante è anche l’affermazione dell’INPS che il momento dell’avverarsi del rischio è quello del decesso del pensionato, non essendo tale momento rilevante nella determinazione legale dei requisiti della spettanza della pensione in favore del superstite (ma solo sulla decorrenza della relativa prestazione).

11. Come infatti rilevato da Corte Cost. n. 495/93, la reversibilità attua, per il coniuge superstite, una specie di proiezione oltre la morte della funzione di sostentamento assolta in vita dal reddito del de cuius, perseguendo lo scopo di porre il superstite al riparo dello stato di bisogno che potrebbe derivargli dalla morte del coniuge. Tale finalità sarebbe frustrata ove i requisiti della pensione diretta dovessero essere valutati nuovamente in modo autonomo al momento del decesso del pensionato: infatti la legge non prevede affatto tale nuova valutazione.

12. Si deve dunque dare continuità al principio già affermato reiteratamente da questa Corte (in tal senso, tra le altre, Cass. Sez. L., Ordinanza n. 6257 del 04/03/2019, Rv. 653179 – 01, Sez. L., Sentenza n. 19584 del 04/08/2017, Rv. 645437 – 01, Sez. L., Sentenza n. 23841 del 23/11/2015, Rv. 637920 – 01, Cass. Sez. L. 27019/18) secondo il quale la pensione di reversibilità in regime internazionale, benchè acquisita dal superstite jure proprio, spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso.

13. Nella specie, è pacifico che la pensione diretta era stata liquidata ben prima dell’entrata in vigore del regolamento comunitario suddetto, restando per quanto detto del tutto irrilevante che lo stesso fosse in vigore al momento del decesso del pensionato e del momento iniziale della decorrenza della reversibilità in favore del coniuge superstite.

14. Per quanto detto il ricorso deve essere rigettato.

15. Nulla per spese essendo l’assistita rimasta intimata.

16. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

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