Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22068 del 11/09/2018
Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 08/05/2018, dep. 11/09/2018), n.22068
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28536-2017 proposto da:
C.L., CA.AN., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato RITA
BRUNO, rappresentati e difesi dall’avvocato LORENZO CILIENTO;
-ricorrenti –
contro
OPPIDO SPA, M.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 947/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di
ROMA, depositata il 17/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
Dato atto che il Collegio ha disposto la motivazione semplificata.
Fatto
RILEVATO
che:
C.L. e Ca.An. hanno richiesto la revocazione della sentenza n. 947/2017 di questa Corte, con cui è stato rigettato il ricorso per cassazione proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 16.9.2013 che aveva confermato quella di primo grado, con cui era stata disattesa la domanda di condanna della O.G. e C. s.r.l. al risarcimento dei danni richiesti dai coniugi C.- Ca. e da M.R. per essere stati fraudolentemente indotti ad aderire ad un piano di fabbricazione che aveva comportato la perdita di attitudine edificatoria di terreni di loro proprietà;
illustrata la pregressa vicenda processuale e dato conto dei motivi proposti a sostegno del ricorso per cassazione e delle motivazioni rese da questa Corte a fondamento della pronuncia di rigetto, i ricorrenti hanno richiesto la revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 indicando alcune “emergenze endoprocessuali” -numerate con le lettere da a) a i)- che sarebbero “rimaste inavvertite dalla S.C. nell’esame dei motivi di cassazione” e che, ove fossero state valutate, avrebbero determinato un diverso esito del giudizio;
gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che:
il ricorso non individua fatti decisivi che sarebbero stati erroneamente percepiti dalla Corte, ma si risolve nella complessiva contestazione circa il mancato apprezzamento di fatti e circostanze che, con la sentenza impugnata, la Corte ha dichiarato di non poter valutare, in quanto comportanti apprezzamenti di merito in sede di legittimità;
il ricorso risulta pertanto inammissibile, poichè mira a sollecitare ulteriormente una “rivisitazione” dei fatti a prescindere da errori percettivi compiuti dalla Corte, ponendosi pertanto al di fuori del paradigma del rimedio revocatorio, che presuppone un errore di percezione o una “svista” che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo che risulti invece incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa;
in difetto di attività difensiva degli intimati, non deve provvedersi sulle spese di lite;
sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018