Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22066 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 24/10/2011), n.22066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempre, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 75/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di GENOVA del 14.5.08, depositata il 12/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI.

La Corte:

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 75/08, la CTR della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da P.G. nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni 2001, 2002 e 2003. Il giudice di appello riteneva, invero, mancante – nel caso di specie – il requisito essenziale per l’applicabilità dell’IRAP, costituito dall’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Avverso la sentenza n. 75/08 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi, con i quali deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’insufficiente motivazione circa, un fatto decisivo della controversia. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso appare manifestamente fondato, in relazione ad entrambe le censure.

Ed invero, l’impugnata sentenza fonda il – rigetto dell’appello dell’Ufficio sul presupposto – meramente asserito, senza alcuna indicazione delle fonti del convincimento dell’organo giudicante – dell’assenza del requisito dell’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, essenziale ai fini dell’applicabilità dell’IRAP. Tale assunto si palesa, ad avviso della Corte, del tutto infondato.

Va rilevato, infatti, che l’attività di promotore finanziario – svolta, nella specie, dal P. – è esclusa dall’applicazione dell’IRAP solo quando si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il che ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce, in ogni caso, onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. S.U. 12111/09). Nel caso concreto, la CTR ha escluso l’applicabilità dell’IRAP senza dare in alcun modo atto degli eventuali elementi di prova, offerti dal contribuente, che potevano avere indotto l’organo giudicante a ritenere che il reddito dal medesimo prodotto non fosse in alcun modo ascrivibile ad attività autonomamente organizzata. E ciò, in special modo a fronte delle allegazioni dell’Ufficio – dettagliatamente riportate nel ricorso – secondo cui il P. aveva tratto redditi cospicui dall’esercizio della sua attività, con indicazione specifica degli elementi dai quali tale elevata redditualità, perciò imputabile – in via presuntiva – all’attività organizzata del contribuente, poteva desumersi.

Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″;

-che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

-che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione Tributaria della Liguria, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi al detto principio, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR della Liguria, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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