Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22066 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 24/01/2019, dep. 03/09/2019), n.22066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7140-2018 proposto da:

DITTA L.G., in persona del suo omonimo titolare e legale

rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati SALVATORE DI GIORGI, VITO DI GRAZIANO;

– ricorrente –

contro

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI,

72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DE ANGELIS, rappresentato e

difeso dall’avvocato FILIPPO ANTONINO ALESSI;

– controricorrente –

e contro

SHONER di F.A. & C. SNC, B. PAVIMENTI LEGNO SNC;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1377/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Z.M., premesso che il palchetto applicato presso la propria abitazione dopo pochi mesi dalla posa aveva presentato difetti e vizi, conveniva in giudizio la Schoner s.n.c. nonchè L.G., rispettivamente fornitrice ed installatore del palchetto, al fine di ottenere la sostituzione di quest’ultimo e il risarcimento del danno patito. La società Schoner, dopo aver eccepito la decadenza e la prescrizione dell’azione ex art. 1495 c.c., chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la B. Pavimenti Legno s.n.c., da cui aveva a sua volta acquistato la pavimentazione. Autorizzata la chiamata, B. Pavimenti Legno s.n.c. eccepiva anch’essa l’intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione.

Preliminarmente disattese le eccezioni di decadenza e prescrizione formulate dalle due società, il Tribunale di Sciacca, con sentenza n. 14/2012 – condividendo l’esito dell’esperita consulenza tecnica d’ufficio, da cui era emersa la riferibilità del danno nella misura del 50% a un vizio di produzione dei listelli e per il restante 50% a una condotta negligente dell’attore condannava la B. Pavimenti Legno s.n.c. al risarcimento del danno in favore dell’attore, che liquidava nella cifra di Euro 12.930,80.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la B. Pavimenti Legno s.n.c. Costituitosi in giudizio, Z.M. proponeva a sua volta appello incidentale in relazione al concorso di colpa a lui imputato dal Tribunale, nonchè in relazione alla ritenuta esclusione della responsabilità della Schoner e di L.G..

Con sentenza 18 luglio 2017, n. 1377, la Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda avanzata nei confronti della società B. Pavimenti Legno s.n.c. e condannava la Schoner s.n.c. e L.G. al pagamento in favore di Z.M. della somma di Euro 12.930,80 a titolo di risarcimento del danno.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.G., titolare dell’omonima ditta individuale.

Resiste con controricorso Z.M..

Le intimate Schoner di F.A. & C. s.n.c. e B. Pavimenti Legno s.n.c. non hanno proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 2226 c.c. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di appello disatteso l’eccezione di decadenza proposta dal ricorrente, ritenendola tardiva e perciò inammissibile.

Il motivo è manifestamente infondato: la Corte d’appello, nel ritenere inammissibile l’eccezione di decadenza ex art. 2226 c.c. ribadita in appello dal ricorrente – eccezione “espressamente” rigettata dal giudice di primo grado (v. pp. 2 e 10 della sentenza impugnata) – perchè il rigetto non è stato oggetto di appello incidentale, ha applicato l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte secondo cui “qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.” (Cass., sez. un., n. 11799/2017, richiamata dalla sentenza impugnata).

b) Il secondo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione sotto concorrente e strumentale profilo delle norme citate ut supra e dell’art. 116 c.p.c.; omesso esame di fatti; omesso esame di prove decisive”: il giudice d’appello, nell’attribuire ad entrambi i convenuti la responsabilità dei danni, avrebbe “laconicamente licenziato ogni giudizio sulla ripartizione della eventuale responsabilità per i danni lamentati dallo Z. e non ha tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio di primo grado, nè tantomeno della perizia”.

Il motivo non può essere accolto: il giudice d’appello, con motivato giudizio in fatto, non censurabile da parte di questa Corte di legittimità, ha ritenuto di attribuire ad entrambi i convenuti la responsabilità dal danno, in particolare ritenendo che il ricorrente non abbia “adottato le giuste tecniche di preparazione del piano di posa ed impiegato il collante più adatto in relazione alle condizioni della pavimentazione”.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 24 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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