Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22065 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 24/10/2011), n.22065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 18/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di TORINO del 22/01/09, depositata l’11/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore cons. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 18/27/09, depositata l’11 febbraio 2009, con la quale, decidendosi sulla cartella di pagamento per l’Iva 2001, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia avverso la sentenza di primo grado, veniva ritenuto efficace il condono presentato ex L. n. 289 del 2002 da B.A., ad onta del ritardato versamento della prima rata, in quanto sanato attraverso una dichiarazione integrativa, effettuata nel termine della proroga legislativa, comportante solo l’irrogazione della pena pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.

L’intimato non si è costituito.

2. Preliminarmente si rileva che la ricorrente ha provato di aver richiesto nei termini la notifica del proprio ricorso alla controparte, ma che non risulta ancora depositata la ricevuta di ricevimento dello stesso (Cass., Sez. Un., n. 627 del 2008).

3. Con il primo motivo del ricorso, accompagnato da idoneo quesito di diritto, viene denunciata,, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, l’inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività dello stesso in quanto avente ad oggetto la cartella di pagamento emessa dopo un doppio diniego della richiesta di definizione agevolata ex L. n. 289 del 2002, dinieghi mai impugnati.

3.1 La censura è inammissibile secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, che ha affermato: “L’esame in sede di impugnazione di questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili d’ufficio, resta precluso dalla pronuncia che, nel provvedere sul merito della domanda, abbia necessariamente statuito per implicito anche su questioni mai sollevate in quella sede dalla parte interessata e, dunque, sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di farle valere: è pertanto inammissibile il ricorso per cassazione con cui si proponga la questione pregiudiziale della legittimazione ad agire (nella specie in materia tributaria) senza specificare, nel rispetto del principio di autosufficienza, dove, quando ed in che termini l’eccezione sia stata dedotta nel giudizio di impugnazione, risultando la censura, ancorchè rilevabile d’ufficio, coperta da giudicato interno” (Cass. 25573/2009; conf.: Cass. n. 26931 del 2010). Il principio resta evidentemente valido anche in relazione alla ammissibilità del ricorso introduttivo.

4. Il secondo motivo del ricorso, -con il quale si denuncia, formulando idoneo quesito di diritto, la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis -, risulta palesemente fondato in virtù dei principi già enucleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 90966 del 2010; conformi Cass. n. 20746 del 2010, n. 24316 del 2010, n. 20745 del 2010) “In ragione del carattere eccezionale del condono previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ed in assenza di clausole esplicitamente riferibili a tale istituto, non può sussistere un principio generale destinato a valere in caso di silenzio del legislatore diretto a riconoscere effetti al pagamento tardivo; tale forma di condono, infatti, è perfezionabile solo mediante il pagamento dell’intera imposta dovuta entro le scadenze stabilite dalla norma.

5. Il terzo motivo del ricorso, accompagnato da idoneo quesito di diritto, con il quale si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis e della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 per avere l’impugnata sentenza ritenuto ammissibile una definizione agevolata avente ad oggetto la rata non versata della precedente istanza di definizione agevolata, presentata ai sensi della medesima disposizione, è palesemente fondato.

5.1 la L. n. 289 del 2002, art. 9 bis introducendo una forma di condono demenziale, statuisce al comma 1: “Le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13 non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che alla data del 16 aprile 2003 provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, Il successivo comma 3 stabilisce: “Per avvalersi delle disposizioni dei commi 1 e 2 (relativo alle ipotesi in cui le imposte o ritenute sono state iscritte in ruoli già emessi,) i soggetti interessati sono tenuti a presentare una dichiarazione integrativa.” Tutti i termini di cui sopra sono stati successivamente prorogati dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45.

Se questo è il quadro normativo applicabile risulta evidente che la portata della sanatoria introdotta dall’art. 9 bis citato ha un ambito ben definito dal legislatore e non può estendersi fino a ricomprendervi atti totalmente diversi, quale la domanda integrativa già proposta ai sensi del comma 3 della medesima norma.

5.2 Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: la definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 non può avere ad oggetto le rate di una precedente istanza di definizione, presentata ai sensi della medesima norma, rimaste insolute.

6. Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo accoglimento, per manifesta fondatezza del secondo e del terzo motivo del ricorso e con la dichiarazione di inammissibilità del primo motivo del ricorso”.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate memorie o conclusioni scritte;

che è stata depositata l’avviso di ricevimento del ricorso all’intimato;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che, pertanto, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso e va dichiarato inammissibile il primo motivo dello stesso, e l’impugnata sentenza va cassata;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che le spese di questo grado di giudizio possono essere regolate come in dispositivo, in applicazione del principio della soccombenza; che va invece disposta la compensazione integrale delle spese dei giudizi di merito, tenuto conto dell’andamento processuale della lite.

PQM

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il resistente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00, oltre spese prenotate a debito; compensa integralmente tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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