Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22065 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 08/05/2018, dep. 11/09/2018), n.22065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15696/2017 proposto da:

V.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORTINA

D’AMPEZZO 186, presso lo studio dell’avvocato CARLO LEO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LIVIO ZANIN;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato

e difeso dagli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA;

– controricorrente –

contro

BUZZI UNICEM SPA, R.D., ILVA SPA IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA, TORO ASSICURAZIONI SPA, ALLIANZ SPA, FONDIARIA SAI

SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 33/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Dato atto che il Collegio ha disposto la motivazione semplificata

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Padova, Sez. Dist. di Este condannò V.B. e R.D., in solido, a rimborsare all’INAIL le somme erogate dall’Istituto agli eredi di C.F., deceduto a seguito di infortunio sul lavoro, previo accertamento di un concorso colposo della vittima;

la Corte di Appello di Venezia ha rigettato l’appello del V., con conferma della condanna al rimborso delle somme versate dall’INAIL, rilevando – fra l’altro – che l’azione proposta dall’Istituto andava qualificata come azione di surrogazione ex art. 1916 c.c., nei diritti del lavoratore infortunato;

ha proposto ricorso per cassazione il V., affidandosi ad un unico motivo; ad esso ha resistito l’INAIL con controricorso; il V. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo (“violazione dell’art. 1916 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”), il ricorrente censura la sentenza per aver ritenuto operante la surrogazione benchè gli eredi del C. avessero dichiarato di essere stati integralmente risarciti dal V.: premette che, costituendosi in primo grado, aveva affermato di avere ristorato il danno agli eredi e che tale circostanza era stata ribadita con l’atto di appello e rileva che “nessuna surroga è azionabile da parte dell’INAIL, atteso che i diritti risarcitori dei familiari dell’assicurato verso i terzi sono stati pienamente onorati da parte del sig. V.B.” e che “l’eventuale pregiudizio del diritto di surrogazione non può essere posto a carico di chi ha comunque integralmente pagato il proprio debito”;

il motivo è inammissibile, in quanto propone una questione ormai preclusa da giudicato interno e nuova rispetto all’oggetto del giudizio di appello: atteso che la condanna disposta in primo grado non poteva che essere basata sull’esercizio della surrogazione ex art. 1916 c.c. (giacchè l’INAIL aveva agito nei confronti del V. come terzo estraneo al rapporto assicurativo intercorrente col datore di lavoro), ogni questione attinente all’inoperatività della surrogazione per effetto dell’assunta estinzione del debito nei confronti degli eredi del C. avrebbe dovuto essere dedotta con specifico motivo di appello, che – nel caso – non risulta essere stato proposto; tanto più per il fatto che, per quanto emerge da pag. 5 del controricorso, il giudice di prime cure aveva espressamente preso posizione circa la non opponibilità all’INAIL del risarcimento effettuato dai responsabili in favore della moglie e dei figli della vittima; la mera deduzione difensiva di avere ristorato il danno agli aventi diritto (richiamata anche in memoria) non era dunque idonea ad impedire la formazione del giudicato interno e ad onerare il giudice dell’appello dello scrutinio di una questione ad esso non specificamente devoluta (e che, in effetti, non risulta trattata dalla sentenza impugnata);

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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