Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22063 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 28/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6073-2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE ITALIANA PODOLOGI in persona del Presidente pro tempore

Dott. M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA S.

ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PALOMBI

(STUDIO LEGALE D’ERCOLE), che la rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.E.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COMANO 95, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO CESARI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 287/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2017 dal Consigliere Dott. FANTICINI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato NICOLA PALOMBI;

udito l’Avvocato GIAMARCO CESARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Associazione Italiana Podologi conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma Enrica P.A. (ex-associata, già responsabile periferica per la Regione Marche), affermando di aver dato incarico a quest’ultima di organizzare un convegno in (OMISSIS) e di avere affidato alla convenuta la gestione di fondi della stessa associazione e dei contributi versati dai partecipanti all’evento e dagli sponsor; avendo la P. omesso di fornire il rendiconto dell’attività svolta in relazione al predetto convegno (con i dati contabili di entrate, uscite e saldo finale e la descrizione e giustificazione dell’attività gestoria), l’attrice domandava l’accertamento della violazione degli obblighi inerenti all’incarico conferito e la condanna della convenuta al pagamento delle somme dovute e al risarcimento dei danni arrecati.

Costituendosi in primo grado la P. asseriva di essersi occupata del solo profilo scientifico del convegno e che gli aspetti logistici e di gestione dei contributi erano stati affidati alla Futura Publishing Society.

Con sentenza n. 19681 dell’11 ottobre 2007 il Tribunale di Roma respingeva la domanda attorea, rilevando che non vi era prova del conferimento di un incarico esteso all’organizzazione del convegno e alla gestione dei relativi fondi.

La Associazione Italiana Podologi proponeva appello.

La Corte d’appello di Roma – dopo aver ritenuto che la P. avesse assunto anche compiti riguardanti l’organizzazione, rivestendo il ruolo di “persona interposta” tra l’Associazione e la Futura Publishing Society – confermava la decisione di rigetto della domanda resa in primo grado, fondando la propria statuizione sulla mancanza a) di elementi idonei a determinare l’ammontare delle somme dovute dalla convenuta “in base ad un obbligo di rendiconto non previsto dalla legge o da espressi accordi delle parti, ma piuttosto rientrante nel più generale obbligo posto a carico di chi svolge un’attività nell’interesse di altri e che ha trovato conferma negli elementi di prova raccolti”, b) di prova di pregiudizi (debiti insoluti, richieste di rimborso, ecc.) derivanti all’Associazione dall’organizzazione e dallo svolgimento del convegno.

L’Associazione Italiana Podologi impugna la sentenza della Corte territoriale n. 287 del 15 gennaio 2014 proponendo ricorso per cassazione, notificato il 19 giugno 2015 e affidato a due motivi; resiste con controricorso P.E.A..

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 1713 c.c., poichè la Corte d’appello, pur qualificando come mandato il rapporto intercorso tra le parti, avrebbe ritenuto insussistente l’obbligo di rendicontazione e, conseguentemente, esonerato la P. dal dovere di rimettere all’Associazione le somme ricevute a causa del mandato.

Il secondo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, concerne il preteso omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, poichè la Corte territoriale, affermando la mancanza di elementi probatori idonei a determinare le somme dovute alla stessa Associazione, non avrebbe considerato la documentazione fornita da entrambi i contendenti.

2. Il primo motivo è fondato.

La Corte di merito non attribuisce al rapporto tra la Associazione Italiana Podologi e la P. la specifica qualificazione di mandato (contrariamente a quanto affermato nel ricorso): infatti, come risulta dalla sentenza impugnata, nel giudizio di merito si è accertato che la P. aveva assunto l’incarico di organizzare il convegno (anche con riguardo alla raccolta dei fondi) e che, rispetto agli aspetti logistici ed organizzativi dell’evento (curati dalla Futura Publishing Society in un “rapporto diretto tra la P. e la società Futura”), la posizione dell’odierna controricorrente era riconducibile a una “interposizione di persona nello svolgimento di un incarico, rientrante nelle funzioni proprie del responsabile periferico, e per un’attività da esso sostanzialmente proposta”.

Esaminando i profili negoziali e gli aspetti gestori del rapporto de quo, la Corte di merito ha delineato – pur senza illustrarne compiutamente le caratteristiche – la innominata figura contrattuale della “interposizione di persona” come una fattispecie diversa dal mandato e distinta dalla gestione di affari: rispetto al primo difetta l’attribuzione negoziale di un incarico ulteriore rispetto a quello derivante dal patto associativo (al quale sono ricondotte le attività svolte dalla P. nella qualità di responsabile periferico dell’associazione); l’assunzione volontaria di obblighi nell’interesse altrui accomuna alla negotiorum gesto la descritta “interposizione di persona”, che da questa differisce sia per la presenza di un sottostante vincolo contrattuale (il contratto associativo), sia per la mancanza di inerzia dell’interessato (requisito prescritto dall’art. 2028 c.c.).

La Associazione Italiana Podologi erra, dunque, nel ritenere che il giudice di merito abbia individuato un negozio di mandato, ma tale errore non inficia il motivo di ricorso, perchè le censure della ricorrente sono chiaramente e univocamente formulate in relazione all’obbligo di rendiconto (e alle conseguenze derivanti dalla sua omissione), prescritto dall’art. 1713 c.c. (in tema di mandato), al quale fa rimando l’art. 2030 c.c., (riguardante la gestione di affari).

Le citate disposizioni costituiscono espressione di un principio generale dell’ordinamento – che trova corollari normativi anche negli artt. 380,385,723,1130,1983,2261 e 2552 c.c. e artt. 593 e 676 c.p.c., – secondo il quale chi esercita una gestione o svolge un’attività nell’interesse altrui ha il dovere di soggiacere al controllo di questi e, quindi, di rendere il conto (espressamente, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6358 del 07/06/1993, Rv. 482697-01: “La ratio dell’obbligo del rendiconto va individuata in ciò che chiunque svolga attività nell’interesse di altri deve portare a conoscenza di questi, secondo il principio della buona fede gli atti posti in essere ed in particolare quegli atti e fatti da cui scaturiscono partite di dare e avere”).

Infatti, sebbene il legislatore abbia individuato delle specifiche ipotesi in cui è possibile richiedere il rendimento dei conti, è opinione dottrinale largamente diffusa che si tratti di una elencazione di carattere non tassativo, potendosi ricorrere allo strumento de quo ogni qualvolta si debba verificare la compiuta gestione di interessi altrui.

In plurimi precedenti, questa Corte ha ritenuto che possa pretendersi un rendiconto (propriamente quello disciplinato dall’art. 263 c.p.c.) in tutti i casi in cui da un rapporto di natura sostanziale discenda l’obbligo (legale o negoziale) di una delle parti di far conoscere il risultato della propria attività, in quanto influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17283 del 23/07/2010, Rv. 614140-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4765 del 28/02/2007, Rv. 595000-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12463 del 10/11/1999, Rv. 531001-01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2959 del 29/04/1986, Rv. 445969-01).

Nella sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma ha riconosciuto che dal peculiare rapporto tra la P. e la Associazione deriva “un obbligo di rendiconto non previsto dalla legge o da espressi accordi delle parti, ma piuttosto rientrante nel più generale obbligo posto a carico di chi svolge un’attività nell’interesse ltrui”, ma ha affermato esplicitamente (e, invero, contraddittoriamente rispetto alla statuizione finale assunta) che era “sintomatico” di detto obbligo il documento prodotto dalla odierna controricorrente, pur se privo di concreto valore “per l’assoluta incertezza di data e di provenienza, nonchè per la genericità dei contenuti”.

Pertanto, proprio il giudice di merito ha configurato tra le parti un rapporto sostanziale dal quale discende un obbligo di rendimento del conto, non assolto dalla parte tenuta a tale adempimento; tuttavia, in modo incoerente, ha addossato le conseguenze derivanti dall’omesso rendiconto alla parte interessata a riceverlo, posto che la domanda attorea è stata respinta a causa della mancanza di elementi idonei a stabilire quanto dovuto all’Associazione dalla P..

Al contrario, è pacifico il principio giurisprudenziale secondo cui “nel giudizio di rendiconto promosso nei confronti del soggetto obbligato alla presentazione del conto al fine di ottenere il pagamento del saldo di gestione, tale soggetto è tenuto, a prescindere dalla sua formale funzione di convenuto, a fornire tutti gli elementi utili per la ricostruzione della gestione stessa…, mentre alla lacunosità o incompletezza delle prove fornite dalle parti sopperisce comunque l’istruttoria disposta di ufficio dal giudice (con la consulenza tecnica e con il giuramento ex art. 265 c.p.c., o con quello suppletorio), rimanendo esclusa la possibilità di una pronunzia di non liquet, che si configurerebbe come sostanzialmente assolutoria del convenuto dall’obbligo di presentazione del conto” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 21090 del 03/11/2004, Rv. 577939-01; analogamente, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4568 del 15/04/1992, Rv. 476798-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 9377 del 10/07/2001, Rv. 548072-01, Cass., Sez. L, Sentenza n. 1551 del 26/01/2006, Rv. 587034-01).

3. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale esaminerà la fattispecie alla luce delle indicazioni fornite da questa Corte di legittimità.

Resta assorbito il secondo motivo.

La liquidazione delle spese è rimessa al giudice del rinvio.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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