Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22061 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 24/01/2019, dep. 03/09/2019), n.22061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17775-2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato PARENTI LUIGI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, V.

TUSCOLANA 1426, presso lo studio dell’avvocato ARPAIA ALESSANDRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato DONARELLI ROBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Cassino, con sentenza del 24 maggio 1999, accogliendo la domanda proposta da D.A. nei confronti di C.A., dichiarava risolto il contratto preliminare di compravendita immobiliare del 2 aprile 1994 avente ad oggetto un lotto sito in (OMISSIS), e, per l’effetto, condannava il C., promittente venditore, alla restituzione in favore della promissaria acquirente dell’acconto del prezzo di acquisto anticipato.

In virtù di appello principale interposto dal C., con sentenza n. 1116 del 2001, la Corte di appellò di Roma rigettava il gravame principale e, in accoglimento di quello incidentale, condannava il C., alla restituzione in favore della D. della somma corrispondente agli oneri concessoti da lei anticipati.

A seguito di ricorso per cassazione proposto dal C., con sentenza n. 24144 del 2004, la Corte di legittimità rigettava il gravame, confermando la sentenza della Corte d’appello.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1116 del 2001, il C. proponeva, altresì, impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 1, 3 e 4, asserendo di avere incaricato un consulente tecnico di parte che avrebbe espresso un parere con “Perizia tecnica giurata”, datato 17/10/2011, che avrebbe confermato la buona fede del C. nell’adempimento del contratto preliminare, mentre sarebbe emerso il dolo nella condotta della D.. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 47 del 2017, dichiarava inammissibile la richiesta di revocazione perchè tardiva.

Anche avverso quest’ultima sentenza della Corte di appello di Roma, il C. propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi, cui la D. resiste con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 326 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente dichiarato inammissibile la revocazione per il decorso del termine di 30 giorni dalla scoperta del dolo. A detta del ricorrente, il dies a quo da cui far decorrere il termine per l’impugnazione doveva rinvenirsi nella data della “Perizia tecnica giurata” (17/10/2011), perchè solo a partire da tale data egli avrebbe potuto conoscere il dolo della D..

Il motivo è privo di pregio.

Premesso che in caso di revocazione straordinaria per dolo di una delle parti o per ritrovamento di documenti decisivi (art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3) il termine di 30 giorni per l’impugnazione decorre, ex art. 326 c.p.c., comma 1, dalla scoperta del dolo o dal ritrovamento del documento, occorre osservare che, come correttamente rilevato dalla Corte di merito, la circostanza che il C. abbia, successivamente alla pronuncia della sentenza della Corte di appello (risalente al 2001), incaricato un consulente tecnico e che quest’ultimo abbia espresso il proprio parere in data 17/10/2011, non è rilevante ai fini della prova dell’esistenza dell’asserito dolo della D.. Invero, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata, le valutazioni espresse dal consulente tecnico di parte nella “Perizia tecnica giurata” erano già state prospettate, sin dal giudizio di primo grado, dai difensori del C., limitandosi il consulente a dichiarare il corretto adempimento, da parte del C., delle obbligazioni nascenti dal contratto preliminare di vendita. Dunque, il C. ben poteva conoscere sin da tale momento l’eventuale dolo della D. che di converso non ha neanche adombrato nel giudizio di merito;

– con il secondo motivo parte ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di merito esaminato il contenuto della “Perizia tecnica giurata”, datata 17/10/2011.

Anche tale motivo non può trovare accoglimento.

La Corte di merito, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, ha esaminato il contenuto della Perizia, accertando che essa riportava le difese già svolte, nelle precedenti fasi di merito e di legittimità, dai difensori del C. (si vedano pagine 5 e 6 della sentenza impugnata), risolvendosi in un documento, che oltre ad essere stato formato, per fatto dello stesso C., successivamente alla sentenza della Corte d’appello, era privo di decisività per la definizione della lite, poichè meramente valutativo di documenti già prodotti e definitivamente esaminati sia dal Tribunale, in primo grado, che dalla Corte di appello, in sede di gravame.

In altri termini, il ricorrente nel riproporre le medesime difese svolte nei precedenti gradi del giudizio di merito, in particolare per quanto attiene al contenuto e al valore probatorio della Perizia tecnica giurata, si limita a fornire una diversa ed alternativa interpretazione del documento, senza però spiegare le ragioni per cui sarebbe da preferire anche alla luce dei restanti dati probatori.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della resistente che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 24 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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