Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22060 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 20/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22060

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1964-2016 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CESI, 21, presso lo studio dell’avvocato ENRICO MAJO, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIETRO FINI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1303/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. MOSCARINI ANNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 1303 del 28/8/2015 che, a conferma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta dalla stessa P. avverso il decreto ingiuntivo di Euro 14.437,84, con il quale l’ex marito F.A. aveva intimato la restituzione della metà delle spese giudiziali del procedimento per separazione personale, da lui pagate per intero in esecuzione della sentenza di primo grado e richieste in restituzione a seguito della sentenza di appello del giudizio di separazione che aveva compensato le spese del doppio grado di giudizio.

La Corte d’appello di Bari ha rigettato l’appello della P. in base a più rationes decidendi, tra loro autonome: la prima, fondata sulla giurisprudenza di questa Corte (S.U. 12190/2004), secondo la quale le domande di restituzione di somme pagate in esecuzione di una sentenza, poi riformata, possono essere proposte non solo in sede di impugnazione, ma anche con un autonomo giudizio; la seconda, che in ogni caso era passata in giudicato la sentenza relativa alla compensazione delle spese giudiziali del procedimento di separazione, a seguito della pronuncia di questa Corte n. 27277 del 24/9/2013; che la sentenza era stata acquisita tempestivamente al giudizio, nel primo momento utile successivo dopo la sua pubblicazione, sì da superare l’eccezione di tardività sollevata dall’appellante, e che in ogni caso, trattandosi di somme corrisposte a titolo di spese giudiziali, era indubbio che il F. non dovesse attendere neppure il passaggio in giudicato per agire in restituzione.

Avverso detta sentenza la P. ricorre, come detto, dinanzi questa Corte con ricorso affidato a cinque motivi. Resiste il F. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione della norma di cui all’art. 345 c.p.c., del principio cd. di parità delle armi, del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., commi 1 e 2, del diritto di difesa della P. e del principio secondo cui non possono prodursi nuovi documenti dopo la precisazione delle conclusioni ed il trattenimento della causa in decisione (rif. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Censura il capo di sentenza con il quale la Corte d’appello ha ritenuto che la pronuncia, che definiva con efficacia di giudicato la compensazione delle spese del giudizio di separazione, fosse stata acquisita al giudizio tempestivamente, dopo la precisazione delle conclusioni, anzichè essere dichiarata allegazione tardiva.

Il motivo è infondato in quanto il sistema delle preclusioni processuali invocato dalla ricorrente riguarda gli atti e i documenti che possono integrare o alterare il contraddittorio tra le parti e non possono riguardare una sentenza di cassazione pronunciata inter partes che è stata acquisita al giudizio nel primo momento utile dopo la sua pubblicazione, e fatta valere come giudicato esterno, non precluso neppure nel giudizio di Cassazione (Cfr. sul punto Cass., U, n. 13916 del 16/6/2006).

Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione della norma di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Con il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione del principio secondo cui la condanna alla restituzione delle spese versate in esecuzione della sentenza di primo grado (a seguito ed in conseguenza della riforma in appello di tale sentenza) deve essere subordinata al passaggio in giudicato di tale sentenza e non può essere eseguita prima della formazione del giudicato (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto il capo di sentenza che ha riconosciuto non doversi attendere la formazione del giudicato in base alla seguente motivazione “trattandosi di somme corrisposte a titolo di spese giudiziali l’appellato non doveva attendere il passaggio in giudicato della sentenza di appello”. Secondo la ricorrente vi sarebbe una motivazione apparente e la conseguente nullità scaturente dall’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, mentre con il terzo motivo reitera, in sostanza, la censura del secondo.

Entrambi i motivi sono infondati in quanto volti a sostenere la tesi, smentita dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in tema di restituzione di spese giudiziali pagate a seguito della riforma della sentenza di primo grado, non sia possibile agire con un autonomo giudizio ma si debba attendere il passaggio in giudicato della sentenza che abbia disposto sul loro regime.

Tali motivi, oltre ad essere in sè radicalmente infondati, non inficiano la principale ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo la quale, a prescindere dalle sorti del giudizio relativo alle spese giudiziali, e dunque a prescindere dall’acquisizione in giudizio della sentenza che ha definito la compensazione con efficacia di giudicato, trattandosi di somme corrisposte a titolo di spese giudiziali – capo riformato in appello ai sensi dell’art. 389 c.p.c., – era del tutto possibile agire con un giudizio autonomo e separato, non dovendo le parti necessariamente domandare la restituzione al giudice di appello come effetto dell’art. 336 c.p.c. (Cass., 3, n. 6731 del 10/5/2002: “In materia di spese processuali, la domanda di rimborso delle spese processuali liquidate nella sentenza di primo grado può essere proposta in grado di appello, giacchè il diritto alla restituzione di quanto è stato pagato in esecuzione della sentenza riformata, sebbene possa essere fatto valere in un giudizio autonomo (come si ricava argomentando dall’art. 389 c.p.c.) ha il suo proprio giudice in quello investito dell’impugnazione della sentenza, dalla cui riforma o cassazione il diritto deriva (art. 336 c.p.c.), come risulta confermato dalla circostanza che, in caso di dalla circostanza che, in caso di cassazione con rinvio, la domanda in questione può essere proposta al giudice di rinvio”).

Con il quarto motivo denuncia la violazione delle norme di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c., dell’art. 75, disp. att., c.p.c. e del principio secondo cui il giudice non può liquidare, in favore della parte vittoriosa, a carico della parte soccombente, un compenso maggiore di quello chiesto dalla parte vittoriosa con nota spese giudiziali ex art. 75 disp. att., c.p.c., (rif. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Con il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, (rif. art. 360, comma 1, n. 3).

Entrambi i motivi riguardano le spese di lite: il quarto censura la sentenza per essersi discostata da quanto richiesto a titolo di spese giudiziali dallo stesso avv. F. con la nota spese depositata in appello; il quinto per la parte in cui non si è attenuta ai valori medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 nè ha dichiarato in base a quali parametri potesse essere disposto l’aumento del valore medio fino all’80%.

Il quarto motivo è fondato in quanto la sentenza ha pronunziato ultra petita partium, liquidando le spese oltre il limite di quanto richiesto dalla stessa parte con la nota spese allegata all’atto d’appello in cui la somma era contenuta in Euro 5.338 per onorari, più accessori per un totale di Euro 7.788,78.

Il quinto motivo è assorbito dall’accoglimento del quarto.

Conclusivamente i motivi primo, secondo e terzo devono essere rigettati, il quarto accolto con la conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, per una complessiva liquidazione delle spese, anche di Cassazione, all’esito finale del giudizio.

PQM

 

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso. Accoglie il quarto, dichiara assorbito il quinto, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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