Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22060 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 24/01/2019, dep. 03/09/2019), n.22060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17405-2017 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA

679, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI GOFFREDO MARIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LA CAPRIA GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

D.C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DE’

CESARINI N. 3, presso lo studio dell’avvocato VIANELLO LUCA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEDRANA LUCA ENRICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2370/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Sondrio, con sentenza n. 378 del 2014, accogliendo la domanda proposta da V.S., condannava D.C.M. a corrispondere una somma pari a Euro 22.952,38 a titolo di prezzo delle merci a lei consegnate dall’attrice.

La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2370 del 2017, accogliendo l’appello proposto dalla D.C., in riforma integrale della sentenza di primo grado, rigettava la domanda attorea, valutando diversamente le prove testimoniali assunte.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, la V. propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo. La D.C. resiste con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

– con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 247 c.p.c., per avere la Corte di merito errato ad escludere dal compendio delle prove la deposizione della teste P.I. per il solo fatto di essere la madre della V..

Il motivo è privo di pregio.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la valutazione delle risultanze probatorie ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass. n. 16467 del 2017). E il giudice del merito deve svolgere la valutazione sull’attendibilità del teste alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (Cass. n. 7623 del 2016).

Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto decisiva la testimonianza di B.L. ed ha argomentato il convincimento sul fatto che si trattava dell’unica teste a non avere un interesse nella causa. Chiariva, altresì, il giudice del gravame che la deposizione era chiara e concludente nella parte in cui dimostrava l’avvenuto perfezionamento dell’accordo quanto alla vendita della merce, mentre non erano probanti le dichiarazioni di detta teste relativamente alla quantità.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto, il giudice di merito ha ritenuto maggiormente attendibile la testimonianza della Tenci, commercialista della D.C., anzichè quella di P.I., madre della V., per le medesime ragioni di cui sopra, la quale ha affermato che l’accordo era riferito unicamente alla merce esposta al pubblico, in quanto entità necessaria alla D.C. per avviare l’attività commerciale intrapresa di cartoleria.

La Corte ha dunque chiarito, con motivazione esente da carenze logico-giuridiche, che la maggiore attendibilità della teste Tenci era da riferire, oltre che alla natura del rapporto professionale che la legava a una delle parti, alla maggiore ragionevolezza delle dichiarazioni rese dalla stessa rispetto alla situazione descritta, in quanto direttamente informata della vicenda per lo svolgimento delle operazioni tecniche conseguenti.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della resistente che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 24 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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