Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22059 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 13/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22059

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24726/2014 proposto da:

INVITALIA AGENZIA NAZIONALE ATTRAZIONE INVESTIMENTI SVILUPPO IMPRESA

SPA già SVILUPPO ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore

Delegato, dott. A.D., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 82, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO

IANNOTTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FEDERICA IANNOTTA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CASSIODORO 1A/12, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA MARMORATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIO DEL PAGGIO giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 257/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ALESSANDRO PEPE che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo

assorbente;

udito l’Avvocato FEDERICA IANNOTTA;

udito l’Avvocato LUCIO DEL PAGGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La s.p.a. Sviluppo Italia convenne in giudizio il notaio B.G.B., davanti al Tribunale di Teramo, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale.

A sostegno della domanda espose di aver concesso alla s.r.l. Cooperativa Arte Oggetto un’agevolazione finanziaria garantita da un’iscrizione di ipoteca e privilegio speciale su un immobile di proprietà della società e che il professionista aveva redatto il relativo atto di consenso in data 24 agosto 1990. Successivamente, come risultava dalla relazione del medesimo notaio in data 29 maggio 2002, era emerso che l’ipoteca era stata iscritta su un bene che non era di proprietà della società beneficiaria, bensì di un terzo, socio della medesima.

Si costituì in giudizio il notaio, eccependo la prescrizione del diritto fatto valere e chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda per intervenuta prescrizione e condannò la società attrice al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 12 marzo 2014, ha rigettato il gravame, ha confermato la decisione del Tribunale ed ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si compie in cinque anni e comincia a decorrere dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, diventando oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato, facendo uso dell’ordinaria diligenza. Nella specie, il danno si era determinato con la redazione dell’atto di assenso all’iscrizione ipotecaria, rivelatosi poi inefficace in quanto ricadente su di un immobile non di proprietà del concedente. Richiamando un precedente di questa Corte in tema di responsabilità professionale di un notaio per la redazione di un atto costitutivo di ipoteca nullo, la Corte abruzzese ha osservato che, nel caso in esame, la prescrizione cominciava a decorrere già nel momento in cui l’atto di assenso fu redatto, trattandosi di un danno “obiettivamente accertabile, con l’ordinaria diligenza, fin dal suo insorgere, attraverso un semplice riscontro, compiuto con visure presso i competenti uffici, in ordine all’effettiva titolarità del bene concesso in ipoteca”.

Ha aggiunto la Corte d’appello, quindi, che la prescrizione non poteva farsi decorrere, come voleva la società appellante, dal momento in cui era emerso che il bene non era di proprietà della società concedente (maggio 2002), perchè l’accertamento tramite consultazione delle visure catastali ben poteva essere compiuto in fase iniziale, con le medesime modalità. D’altra parte l’art. 2935 cod. civ., ancorando l’exordium praescriptionis al momento in cui il diritto può essere fatto valere, “si riferisce solo alla possibilità legale di esercizio del diritto, valorizzando così solo gli impedimenti di carattere giuridico e non quelli di fatto”. Nè tra i fatti che impediscono il decorso della prescrizione potrebbe annoverarsi anche l’ignoranza, da parte del titolare, dei fatti generatori del suo diritto.

Di conseguenza, poichè l’atto di citazione era stato notificato in data 3 maggio 2004, la prescrizione era da ritenere in quel momento già decorsa.

La Corte d’appello, infine, ha ritenuto priva di fondamento anche la doglianza con la quale l’appellante aveva sostenuto la possibilità di un diverso decorso della prescrizione per il fatto che il capannone oggetto dell’ipoteca poteva ritenersi spettante alla società beneficiaria in virtù dell’esistenza di un diritto di superficie. Ed infatti il Tribunale aveva osservato, con argomentazione che la Corte d’appello ha condiviso, che anche in tal caso il decorso della prescrizione avrebbe avuto inizio dal momento del verificarsi del danno.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila propone ricorso l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa s.p.a. (Invitalia), già Sviluppo Italia s.p.a., con atto affidato a due motivi.

Resiste il notaio B.G.B. con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., e degli artt. 2935 e 2947 c.c., in tema di individuazione del dies a quo del decorso della prescrizione.

Rileva la società ricorrente che l’impostazione seguita dalla Corte d’appello sarebbe errata, perchè il diritto al risarcimento del danno di cui all’art. 2043 c.c., sorge “non per effetto dell’esistenza del fatto illecito e quindi della condotta dell’agente, ma per l’effetto del danno che questa condotta ha causato”. Poichè sono le conseguenze dannose che devono essere risarcite, è evidente che, se non c’è perdita, non ci può essere alcun diritto al risarcimento del danno. Nel caso di specie, quindi, le conseguenze dannose non potevano essere collegate alla redazione dell’atto di assenso all’ipoteca, quanto alla data in cui vi fu il fermo produttivo della società concedente e, di conseguenza, la constatazione dell’impossibilità di realizzare il credito. E’ solo in quel momento che il fatto dannoso si è palesato in tutte le sue conseguenze; d’altra parte, non potrebbe essere imputato alla società ricorrente di non aver effettuato le visure presso la Conservatoria competente, perchè le somme furono erogate facendo affidamento sul controllo che il notaio era tenuto a compiere e che dichiarava di aver compiuto, attestando la titolarità del bene immobile in capo alla società che concedeva l’ipoteca.

1.1. Il motivo è fondato.

Osserva la Corte, innanzitutto, che la sentenza impugnata contiene un errore giuridico che deve essere corretto, consistente nell’aver ricondotto la responsabilità del notaio nell’ambito dell’illecito extracontrattuale, mentre per pacifica giurisprudenza di questa Corte essa è una responsabilità professionale e, come tale, contrattuale e soggetta alla prescrizione decennale (sentenze 18 febbraio 2016, n. 3176, e 22 settembre 2016, n. 18606). Ciò, tuttavia, non assume rilievo decisivo nella specie, perchè, ove fosse esatto il ragionamento svolto dalla Corte di merito, la prescrizione sarebbe ugualmente decorsa, anche considerandola decennale e non quinquennale, posto che l’atto oggetto di censura fu redatto dal notaio nel 1990, le sue conseguenze dannose si manifestarono nel 2002 e l’atto di citazione del presente giudizio fu notificato poi solo nel 2004.

1.2. Ciò premesso, è bene rammentare che, come la citata sentenza n. 3176 del 2016 ha rilevato, com’è stato poi ribadito dalla sentenza 7 aprile 2016, n. 6747, che l’inadempimento del professionista “si configura come l’evento produttivo (o la fonte) del danno risarcibile, ma non si identifica con questo, che è invece da individuarsi nel pregiudizio (perdita subita o mancato guadagno) patito dal creditore della prestazione quale conseguenza immediata e diretta, ai sensi dell’art. 1223 c.c., della condotta inadempiente”. In altri termini, il fatto dannoso si perfeziona nel momento in cui il professionista compie l’atto contestato, costituito, nella specie, dall’iscrizione dell’ipoteca e del privilegio speciale su di un bene rivelatosi poi non essere di proprietà della società debitrice; mentre l’effettivo danno può non determinarsi affatto, oppure essere contestuale al compimento dell’atto ovvero, ancora, sorgere in un momento successivo. Nel caso in esame vale quest’ultima ipotesi, perchè il danno si è manifestato molto tempo dopo il compimento dell’atto da parte del notaio; e cioè quando la società creditrice, vedendosi costretta a far valere la garanzia, ha verificato che essa, in effetti, non sussisteva, essendo stata iscritta l’ipoteca su di un bene non di proprietà della debitrice.

Di qui il corollario, pure richiamato dalla citata sentenza n. 3176 del 2016, secondo cui, poichè l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del debitore presuppone la produzione del danno, la prescrizione di tale azione non può cominciare a decorrere prima del verificarsi di tale danno (sentenze 12 dicembre 2003, n. 18995, 5 dicembre 2011, n. 26020, e 5 aprile 2012, n. 5504; v. pure, in tema di responsabilità professionale notarile, anche la citata sentenza n. 18606 del 2016).

1.3. La sentenza impugnata è partita da due corretti presupposti tratti dalla giurisprudenza di questa Corte, e cioè che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno sorge nel momento in cui la produzione di tale danno si manifesta all’esterno, “divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile”; e che gli eventuali ostacoli all’esercizio del diritto, rilevanti ai fini dell’art. 2935 cod. civ., sono soltanto “gli impedimenti di carattere giuridico, non quelli di fatto” (v. sul punto, di recente, la sentenza 6 ottobre 2014, n. 21026).

La Corte abruzzese, come si è detto, richiamando la sentenza 7 novembre 2005, n. 21495, di questa Corte, ha ritenuto che il danno si fosse verificato già nel momento in cui il notaio aveva redatto l’atto di creazione della garanzia ipotecaria, in quanto esso “era obiettivamente accertabile, con l’ordinaria diligenza, fin dal suo sorgere, attraverso un semplice riscontro, compiuto con visure presso i competenti uffici, in ordine alla effettiva titolarità del bene concesso in ipoteca”.

1.4. Tale ragionamento non è condivisibile.

Si deve innanzitutto rilevare che il richiamo alla sentenza n. 21495 del 2005 non è del tutto calzante; in quel caso, infatti, la responsabilità del notaio si fondava, nell’assunto dei presunti danneggiati, sull’invalidità dell’atto costitutivo di un’ipoteca redatto “senza la necessaria indicazione del credito garantito”. Si trattava, quindi, di un vizio, per così dire, palese, perchè la mancanza dell’indicazione del credito garantito è verificabile immediatamente; mentre nel caso oggi in esame la colpa professionale del notaio viene prospettata per aver iscritto la garanzia su di un bene non di proprietà del debitore, il che, come facilmente si comprende, può risultare solo attraverso l’esecuzione di una visura presso i competenti uffici.

Tuttavia, anche trascurando questo rilievo, l’errore in cui è caduta la Corte d’appello risiede nell’aver fissato la data di inizio del decorso della prescrizione secondo un criterio di diligenza che va ben oltre l’ordinaria esigibilità del comportamento, soprattutto in relazione alla specifica diligenza che ci si deve attendere da un notaio in un caso del genere. Ed infatti, come già è stato affermato dalla citata sentenza n. 3176 del 2016, va ribadito anche nella pronuncia odierna che in tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito.

Nel caso in esame, la Corte d’appello ha compiuto un proprio accertamento sulla percepibilità del fatto dannoso da parte del danneggiato, ma l’ha compiuto con un criterio che non trova rispondenza nella diligenza che può normalmente esigersi in chi si rivolge ad un notaio. Ed infatti, il perfezionamento delle procedure necessarie all’iscrizione di un’ipoteca a garanzia di un credito attiene al proprium specifico dell’attività notarile; il giudizio odierno ha ad oggetto la responsabilità professionale ed è chiaro che quanto maggiore è la professionalità richiesta, tanto minore può essere l’attenzione esigibile da parte del cliente. In altri termini, non è sostenibile, come ha fatto la Corte d’appello, che il danno “era obiettivamente accertabile, con l’ordinaria diligenza, fin dal suo sorgere, attraverso un semplice riscontro, compiuto con visure presso i competenti uffici”, perchè tale attività non costituisce esplicazione di una diligenza media normalmente esigibile in chi si rivolge ad un notaio. Anzi, al contrario, proprio il fatto di aver affidato a quel professionista il compito di procedere ai controlli catastali ed alla conseguente iscrizione dell’ipoteca poteva ragionevolmente indurre la società oggi ricorrente ad un pieno affidamento circa la validità dell’iscrizione; mentre la verità è emersa solo molto tempo dopo (v. sul punto anche la sentenza 20 agosto 2015, n. 16990, sull’obbligo per il notaio di procedere alle visure catastali).

Dal complesso di tali argomenti deriva che il primo motivo di ricorso è fondato.

2. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo.

3. In conclusione, è accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla medesima Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione personale, la quale deciderà attenendosi al seguente principio di diritto:

“In tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista. Ne consegue che, qualora venga prospettata la responsabilità professionale di un notaio per avere iscritto ipoteca, a garanzia di un’agevolazione finanziaria, su di un bene risultato poi non essere di proprietà del debitore, la prescrizione non decorre dall’atto di iscrizione, ma dal momento in cui il creditore, dovendo far valere la garanzia, ha scoperto che essa era in realtà inesistente”.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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