Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22058 del 17/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 22058 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 11138-2008 proposto da:
LIOTINO

MARIA

IRENE

C.F.

LTNMRN27A41E469D,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRISTOFORO
COLOMBO 436, presso lo studio dell’avvocato ERCOLE
CARUSO, rappresentata e difesa dall’avvocato DE FEIS
FRANCESCO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2083

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 17/10/2014

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA
LUIGI e PUGLISI LUCIA, che lo rappresentano e
difendono giusta procura speciale notarile in atti;
controri corrente –

A5CCí•y-n-ÉZIONE
DISTACCATA

DI

TARANTO,

depositata

il

19/04/2007 R.G.N. 174/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato PUGLISI LUCIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

avverso la sentenza n. 17/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 19.4.2007, la Corte di appello di Lecce, in accoglimento del gravame
proposto dall’INAIL ed in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto, rigettava la
domanda proposta da Liotino Maria Irene diretta ad ottenere la rendita per i superstiti nella
misura di cui al d.P.R. 1124/65, con decorrenza dal 12.12.2002, a seguito del decesso del
coniuge in relazione ad infortunio sul lavoro avvenuto nel 1953, allorchè il lavoratore era
stato investito da corrente elettrica industriale che gli aveva provocato un grave shock

psichico, che ne aveva comportato l’invalidità del 100%. Il giudice del gravame, premesso
che spettava all’assicurato dimostrare la ricorrenza in concreto dei presupposti che
legittimavano l’attribuzione della rendita, riteneva che l’onere probatorio non fosse stato
assolto quanto all’ inquadrabilità della situazione pregiudizievole come evento protetto
nell’ambito della copertura assicurativa, atteso il verificarsi remoto dello shock elettrico
rispetto alla data del decesso, verificatosi per cardiopatia ipertensiva e cardiopatia
dilatativa, ossia per un complesso di disturbi normalmente presenti ad una certa età in
relazione ad abitudini di vita. Queste ultime avevano favorito l’insorgere della malattia, non
ricollegabile allo shock subito, cui erano connesse conseguenze di tipo esclusivamente
neurologico. Né era risultato che nel periodo tra il 1953 ed il 2002 l’infortunato avesse
sofferto di patologie cardiocircolatorie ragionevolmente determinate dallo shock elettrico
subito. Quanto alla espletata c.t.u., la Corte ne disattendeva le conclusioni, dal momento
che non vi erano tracce documentali della trasformazione dell’ alterazione dell’apparato
cardiocircolatorio in concomitanza con lo shock subito in patologia organica, rilevando
come la ipotesi della probabile esistenza di un nesso di causalità non trovava riscontro
nella documentazione in atti, oltre ad essere fondata su premesse meramente
congetturali.
Per la cassazione della decisione ricorre la Liotino, affidando l’impugnazione ad unico
motivo, cui resiste l’INAIL, con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Liotino Maria Irene denunzia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e,
specificamente, dell’art.112 c.p.c., ai sensi dell’ art. 360, n. 3, c.p.c., rilevando che nel
giudizio di primo grado era stato richiesto l’accertamento del diritto alla rendita ai superstiti
ex art. 85 t.u. d.P.R. 1124/65 ed, in subordine, del diritto a percepire lo speciale assegno
continuativo mensile nella misura dovuta ai sensi della legge 248T76. Osserva che nel
i

giudizio d’appello aveva, in qualità di appellata, insistito nella richiesta subordinata del
beneficio di cui alla legge 248/76, laddove la sentenza, pur accogliendo il gravame
dell’istituto, nulla aveva statuito in merito alla richiesta di riconoscimento della prestazione
indicata, della quale sussistevano i requisiti reddituali.
Il ricorso è inammissibile, in quanto il quesito proposto è formulato in modo inidoneo ad
evidenziare la regola iuris violata nel caso concreto, ponendo una domanda in termini
secondo grado di deliberare anche in merito alla domanda proposta in via subordinata.
Peraltro, non risulta indicato in quale atto era stata proposta per la prima volta la domanda
intesa ad ottenere il beneficio di cui alla legge 248/76, che si assume richiamata nella
comparsa di costituzione in appello, ed in che termini la stessa fosse stata avanzata con
riferimento agli atti comprovanti l’esistenza dei presupposti di concedibilità del beneficio di
cui alla legge menzionata.
Deve, pertanto, ritenersi che la interpretazione della domanda sia stata correttamente
effettuata dal giudice del merito, rilevandosi che, ove venga in contestazione
l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un
tipico accertamento in fatto, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della
correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (cfr, ex plurimis, Cass.,
nn. 16596/2005;15603/2006; 7932/2012).
Vero è che in tale attività interpretativa il giudice, non condizionato dalle formali parole
utilizzate dalla parte, deve tener conto della situazione dedotta in causa e della volontà
effettiva, nonché delle finalità che la parte intende perseguire (cfr., Cass., n. 8140/2004,
Cass. 6224/2014), tuttavia, nel caso considerato, per quanto sopra detto, non risulta
precisato se la domanda subordinata sia stata avanzata in termini e modi tali da rendere
manifesta la mancanza di statuizione da parte del giudice del gravame in ordine alla
stessa, essendo il rihvo in tale sede avanzato carente quanto alla precisa individuazione
degli elementi di riferimento, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso.
Ed invero, il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al
principio dell’ autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l’esposizione
dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo
grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti
diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni
che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente
2

generici in relazione ad un’affermazione tautologica sulla necessità per il giudice di

desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza
impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte. Solo nel caso della deduzione
del vizio per omessa pronuncia su una o più domande avanzate in primo grado è, invece,
necessaria, al fine dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, la specifica indicazione dei
motivi sottoposti al giudice del gravame sui quali egli non si sarebbe pronunciato, essendo
in tal caso indispensabile la conoscenza puntuale dei motivi di appello (cfr. Cass. 17
Nulla deve disporsi per le spese di lite, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo
previgente alla novella del 2003, non essendo il ricorso manifestamente infondato e
temerario.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, in data 11.6.2014

agosto 2012 n. 14561).

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