Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22058 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 08/05/2018, dep. 11/09/2018), n.22058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13510/2017 proposto da:

COOPERATIVA SOCIALE QUADRIFOGLIO SC ONLUS, in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MICHELE SCOLA;

– ricorrente –

contro

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEULADA, 38/A,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MECHELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FERNANDO ANGELONI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

03/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Dato atto che il Collegio ha disposto la motivazione semplificata.

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Torino ha revocato il decreto ingiuntivo emesso ad istanza della Cooperativa Sociale Quadrifoglio nei confronti di R.E. per il pagamento di corrispettivi relativi a prestazioni rese dalla Casa Albergo per Anziani “(OMISSIS)”, rigettando la pretesa della cooperativa opposta a percepire, a titolo di quota alberghiera, importi eccedenti quelli previsti dalla tariffa di cui alla Delib. Regionale n. 662 del 2002; ha affermato il Tribunale che negli atti di causa non vi era alcun elemento da cui evincere la stipulazione di un autonomo “contratto di casa di cura”, nè erano state dedotte prove orali dirette a dimostrarne la sussistenza; che i servizi di assistenza erogati non erano idonei a ritenere provata la stipulazione di tale contratto, giacchè trovavano titolo sufficiente nello schema di contratto stipulato fra la Cris 89 s.r.l. (dante causa della Quadrifoglio) e la Regione Abruzzo; che, inoltre, la comunicazione di adeguamento della retta del 15.7.2010 non risultava inviata alla R., cosicchè non poteva ritenersi che l’aumento fosse stato accettato per fatti concludenti, per essere la R. rimasta ospite della struttura dopo averne avuto comunicazione;

la Corte di Appello di Torino ha dichiarato l’inammissibilità del gravame della Cooperativa ex art. 348 bis c.p.c.;

ha proposto ricorso per cassazione la Cooperativa Sociale Quadrifoglio C.C. – Onlus, affidandosi a due motivi; ha resistito l’intimata a mezzo di controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo (“violazione e/o falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 5, D.P.C.M. 8 agosto 1985, art. 6 e dell’art. 1363 c.c., con riferimento all’art. 12 della convenzione”), la ricorrente censura la sentenza sostenendo che le Regioni possono determinare esclusivamente l’onere economico relativo alla tutela sanitaria e alla tutela assistenziale, in quanto intimamente connesse, ma non anche quello relativo all’assistenza alberghiera, che non era pertanto ricompresa nella convenzione intercorrente fra la Regione e la Quadrifoglio; ribadisce che fra le parti era stato stipulato -per fatti concludenti – un “contratto di casa di cura” e che, essendo rimasta nella struttura anche dopo la comunicazione di aumento della retta, la R. aveva tacitamente accettato i nuovi importi;

il secondo motivo deduce la “nullità della sentenza in relazione all’art. 115 c.p.c.”: la ricorrente assume che la circostanza della ricezione della comunicazione di aumento della retta doveva ritenersi pacifica in quanto la R. aveva ammesso di aver fatto parte di un comitato dei degenti sorto per contestare l’aumento e poichè, comunque, la circostanza della ricezione non era stata contestata, di talchè il Tribunale aveva errato nel ritenere non provata l’avvenuta comunicazione;

entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto la ricorrente non ha proceduto alla trascrizione (o comunque alla specifica indicazione) dei motivi di appello, necessaria al fine di consentire a questa Corte di verificare che sulle questioni dedotte col ricorso non sia già intervenuto giudicato interno (cfr. Cass. n. 10722/2014, Cass. n. 26936/2016 e Cass., S.U. n. 10876/2015);

a prescindere da tale assorbente rilievo, si osserva che:

il primo motivo è inammissibile in quanto non individua specifici errores iuris in relazione alle norme richiamate (neppure sotto il profilo della violazione dei canoni ermeneutici), ma si limita a fornire una lettura alternativa della convenzione (e degli atti normativi e amministrativi di riferimento), funzionale alla tesi della esclusione delle prestazioni alberghiere dalla remunerazione prevista dalla tariffa regionale, senza confrontarsi adeguatamente con l’affermazione del Tribunale circa il difetto di prova della stipulazione del “contratto di casa di cura” e circa l’idoneità della convenzione a giustificare l’erogazione delle prestazioni in favore della R. e a determinarne il compenso;

il secondo motivo è inammissibile per difetto di interesse, una volta esclusa – per quanto detto sopra – la possibilità di considerare provata la conclusione tacita di un contratto di casa di cura e di ritenere dovuto un compenso ulteriore rispetto a quello previsto dalla convenzione fra la struttura e la Regione;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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