Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22057 del 17/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 22057 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 14994-2009 proposto da:
MODAFFARI

ANTONINO

C.F.

MDFNNN58A06H489G,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN GIOVANNI
IN LATERANO 18B, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO CAVALLARO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPE BARILLA’, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrente –

2082

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 17/10/2014

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’ Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
RICCIO ALESSANDRO, POLLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA,
giusta delega in calce alla copia notificata del

– resistente con mandato

avverso la sentenza n. 603/2008 della CORTE D’APPELLO
di REGGIO CALABRIA, depositata il 08/07/2008 r.g.n.
459/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato BARILLA’ GIUSEPPE;
udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA per delega POLLI
CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo, assorbimento degli
altri.

ricorso;

Svolgimento del processo
Con sentenza del 20.7.2001 Il giudice del lavoro del Tribunale di Reggio Calabria
accolse la domanda di Modaffari Antonino volta al conseguimento della pensione
ai superstiti e, per l’effetto, condannò l’Inps a corrispondergli tale prestazione a

domanda amministrativa.
A seguito di impugnazione dell’Inps la Corte d’appello di Reggio Calabria, con
sentenza del 27/5 — 8/7/2008, riformò la suddetta decisione e rigettò la domanda
del Modaffari, compensando tra le parti le spese del giudizio.
La Corte territoriale, dopo aver escluso che l’appello dell’Inps fosse tardivo, non
essendo decorso il termine breve per l’impugnazione in considerazione
dell’avvenuta notifica della sentenza in luogo diverso dal domicilio eletto dall’ente
previdenziale, ha ritenuto fondato il gravame sulla base delle seguenti ragioni: – A
fronte della domanda dell’assistito, tesa al conseguimento della pensione di
reversibilità riconducibile al trattamento pensionistico goduto da sua madre fino al
suo decesso, risultava in atti una domanda amministrativa avente ad oggetto la
richiesta di reversibilità del trattamento pensionistico di cui era stato titolare il
padre deceduto del medesimo appellato, mentre la madre di Modaffari Antonino,
soprawissuta al proprio coniuge, non era titolare di pensione diretta. Ne
conseguiva che la domanda giudiziale, così come proposta, era da intendere
come volta all’accertamento della trasmissione al Modaffari, “iure successionis”,
del diritto derivato a sua madre dal coniuge della medesima, già deceduto, il quale
risultava essere stato in vita l’unico titolare di pensione diretta. Tuttavia, il diritto
alla pensione indiretta, in tal senso dovendosi interpretare la domanda, poteva
essere reclamato dai superstiti solo “iure proprio”, per cui la domanda stessa, così
come proposta, era da considerare infondata.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Modaffari con quattro motivi.

1

decorrere dall’1.6.1991, unitamente agli interessi legali dal 121° giorno dalla

L’Inps si costituisce in giudizio attraverso il deposito di procura conferita ai suoi
difensori, facendosi, poi, rappresentare all’udienza di discussione da difensore
munito di delega.
Motivi della decisione

artt. 170, 285, 325 e 326 c.p.c., in quanto ritiene che la Corte d’appello è incorsa in
errore nel momento in cui gli ha respinto l’eccezione sollevata con riferimento alla
dedotta tardività dell’appello presentato dall’Inps.
Il ricorrente chiarisce che aveva proceduto a far notificare in data 12.9.2001 la
sentenza di primo grado presso l’ufficio dei procuratori dell’Inps in Reggio Calabria
alla via Circonvallazione — Parco Caserta n. 9 (sede dell’avvocatura dell’ente),
tanto che la relativa consegna era avvenuta a mani dell’impiegata Filippa Aquila,
quale addetta alla ricezione degli atti, nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art.
170 c.p.c., per cui aveva eccepito l’intempestività dell’appello proposto dall’Inps
con ricorso depositato il 5.4.2002.
Senonchè, la Corte d’appello aveva ritenuto tempestiva la proposizione del
gravame in quanto aveva dato rilievo al fatto che con la memoria difensiva di
primo grado, depositata il 14.9.1995, l’Inps aveva eletto domicilio in Reggio
Calabria alla via Domenico Romeo n. 15, per cui la notifica della sentenza di primo
grado eseguita in luogo diverso da quello indicato era inidonea a far decorrere il
termine breve per l’impugnazione.
Al contrario, il ricorrente sostiene che in tal caso deve darsi prevalenza, ai fini della
certezza delle situazioni giuridiche e della conoscenza legale degli atti, alla notifica
eseguita presso il procuratore costituito, essendo quest’ultimo il destinatario
naturale degli atti procedimentali in virtù del rapporto di rappresentanza
processuale che lo lega al suo assistito, per cui il dato di riferimento personale del
domicilio reale del procuratore costituito in giudizio non può che prevalere,
ancorchè diverso, su quello topografico del domicilio eletto dalla parte.

2

i

A

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli

Osserva la Corte che tale motivo presenta, anzitutto, un profilo di inammissibilità,
dal momento che il ricorrente, sul quale ricade l’onere della prova della eccepita
tardività del gravame, non ha allegato al ricorso tutti gli atti riguardanti la
contestata notifica.

tardività per decorrenza del termine breve non può far scattare un tale termine una
notifica che venga fatta alla parte costituita, che abbia eletto domicilio in un
determinato luogo, in altro distinto luogo (nella fattispecie presso la sede
dell’istituto), perché in tal caso, in ragione del diritto di difesa e del termine ridotto
che può incidere sul diritto di difesa, deve valere il rigido rispetto del dato
topografico su quello personale.
2. Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art. 22 della legge 21.7.1965 n. 903, facendo rilevare che la domanda
originaria aveva ad oggetto il riconoscimento del diritto alla pensione di
reversibilità di cui all’art. 13 della legge 4.4.1952 n. 218, nel testo sostituito dall’art.
22 della citata legge n. 903/1965, sul presupposto della sua inabilità al lavoro
all’epoca del decesso della madre convivente. Aggiunge il ricorrente che dalle
risultanze della consulenza tecnica d’ufficio era emerso che alla data della
domanda amministrativa sua madre era titolare di pensione diretta, per cui,
considerato che il motivo di gravame dell’Inps verteva esclusivamente sulla
contestazione delle risultanze della consulenza d’ufficio, la Corte d’appello aveva
erroneamente affermato che sua madre era titolare del solo trattamento
pensionistico indiretto.
Osserva la Corte che è doveroso partire dalla constatazione che la Corte d’appello
ha avuto modo di accertare che nel fascicolo dell’Inps, in primo grado, era stata
prodotta una copia della domanda amministrativa, presentata il 13.5.1991 da
Modaffari Antonino, che riguardava la reversibilità della pensione di cui era titolare
il padre Modaffari Domenico, deceduto il 19.11.1990. Nel contempo la stessa

In ogni caso, il motivo è infondato, atteso che in pendenza di un’eccezione di

Corte ha accertato che Palamara Angela, madre del ricorrente Modaffari, era
deceduta il 19.3.1991 e che in giudizio non era stato documentato, né allegato,
che la medesima fosse stata titolare di pensione diretta.
Ebbene, a fronte di tali accertamenti di fatto adeguatamente illustrati il ricorrente

documenti, il certificato di pensione diretta della madre, richiamando, a conferma
di tale assunto difensivo, il documento rappresentato dalle visure effettuate presso
l’Inps ed aggiungendo che l’ente previdenziale, nell’impugnare la sentenza, si era
limitato a contestare l’esito delle risultanze peritali. Infine, nel formulare il quesito
di diritto, il Modaffari chiede di accertare se la ricorrenza del presupposto della
titolarità della pensione diretta del genitore, per come emersa dagli atti ed
unitamente alla sussistenza degli altri requisiti di legge, era condizione sufficiente
per il riconoscimento della pensione di reversibilità.
Il motivo è inammissibile.
Invero, il quesito di diritto presuppone, così come formulato, una circostanza che
non è per niente incontestata, Infatti, nonostante il ricorrente affermi che dagli atti
emergeva la ricorrenza della condizione dell’esistenza della pensione diretta in
capo a sua madre, pensione rispetto alla quale era stata chiesta la reversibilità del
trattamento, dalla sentenza impugnata risulta esattamente il contrario, vale a dire
la mancanza di prova e di allegazione dell’esistenza di una pensione diretta in
capo alla madre dell’appellato, oltre che l’esistenza di una domanda
amministrativa che faceva, invece, riferimento alla pensione diretta del padre
dell’assistito.
Pertanto, in omaggio al principio di autosufficienza che governa il giudizio di
legittimità, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver ritualmente prodotto in
giudizio la domanda amministrativa contenente i dati della pensione diretta della
madre che sarebbero stati ignorati dalla Corte di merito. Né può avere valenza
alcuna il richiamo alle successive visure effettuate presso l’Inps, se non è

sostiene che nella domanda amministrativa era indicato, unitamente ad altri

dimostrato che tali documenti facevano già regolarmente parte del giudizio di
primo grado. Egualmente non ha alcun rilievo il fatto che l’Inps si sia limitato ad
impugnare l’esito della perizia tecnica d’ufficio, in quanto ciò non esimeva il
ricorrente dall’onere di dimostrare la sussistenza della condizione del diritto

rispetto alla quale aveva chiesto in sede giudiziale la reversibilità del relativo
trattamento.
3. Attraverso il terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.c., il Modaffari imputa alla Corte d’appello di aver interpretato erroneamente
la domanda nel momento in cui l’ha ritenuta rivolta all’accertamento giudiziale del
diritto a sentir dichiarare che sua madre gli aveva trasmesso “iure successionis” il
diritto derivatole dal coniuge, a sua volta, titolare di pensione diretta, e di aver
eseguito siffatta interpretazione nonostante che l’impugnazione dell’Inps fosse
limitata alle censure mosse alla relazione del consulente d’ufficio in merito alla
ritenuta sussistenza della inabilità e della sua incidenza sul diritto invocato.
4. Col quarto motivo di censura, formulato per vizio della motivazione, il ricorrente
adduce che i giudici d’appello, esorbitando dai limiti di quanto ad essi devoluto,
così come illustrati nella disamina della precedente doglianza, avrebbero
interpretato nuovamente ed in modo erroneo l’originaria domanda, nel senso che,
pur in presenza di una corretta domanda amministrativa concernente la pensione
di reversibilità legata al trattamento pensionistico diretto della madre defunta, i
medesimi avevano ritenuto che quest’ultima non fosse stata titolare di pensione
diretta, della quale aveva, invece, goduto il suo coniuge premorto.
Il terzo ed il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente per ragioni di
connessione.
Entrambi i motivi sono infondati.
Anzitutto, le censure non scalfiscono la validità della “ratio decidendi” posta a base
dell’impugnata decisione, vale a dire l’accertata esistenza, da una parte, di una

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fr,

reclamato, vale a dire l’esistenza della pensione diretta facente capo alla madre

domanda amministrativa avente ad oggetto la differente richiesta di reversibilità
della pensione di cui era titolare il padre dell’appellato e la riscontrata mancanza,
dall’altra, di documentazione comprovante l’esistenza di una pensione diretta in
capo alla madre del medesimo, pensione rispetto alla quale era stata modulata la

D’altronde, come si è chiarito nel corso della disamina del precedente motivo, il
ricorrente non ha dimostrato che la domanda amministrativa prodotta nel giudizio
di primo grado fosse quella riguardante la reversibilità della pensione diretta della
madre, per cui persiste il rilevato difetto di una condizione dell’azione.
Inoltre, i giudici d’appello, una volta individuato l’oggetto della domanda, si sono
correttamente adeguati al consolidato orientamento di questa Corte in base al
quale in tema di pensione ai superstiti, a norma dell’art. 22 legge n. 903 del 1965,
il diritto a pensione di reversibilità spetta, alla morte del pensionato o
dell’assicurato, iure proprio, a ciascuno dei soggetti individuati dalla citata norma,
in ragione dei rapporti con il defunto e in relazione alla situazione in cui si trova al
momento del decesso di questo, per cui deve escludersi che sia prevista la
trasmissibilità del diritto a pensione di reversibilità e, in particolare, deve escludersi
che, alla morte del titolare di pensione di reversibilità, detta pensione venga
ulteriormente attribuita ai superstiti di questo (in tal senso v. Cass. Sez. lav. n.
21425 del 17.10.2011, n. 11999 dell’8.8.2002 e n. 7326 del 29.9.1987).
Né sussiste il lamentato vizio di ultrapetizione, in quanto gli atti offrivano elementi
contrari alla tesi sostenuta con la domanda giudiziale, avendo la Corte verificato
che nel fascicolo dell’Inps, in primo grado, era stata prodotta una copia della
domanda amministrativa, presentata il 13.5.1991 da Modaffari Antonino, che
riguardava la reversibilità della pensione di cui era titolare il padre Modaffari
Domenico, deceduto il 19.11.1990. Pertanto, la condizione prospettata
dall’appellato non era affatto incontestata e la Corte non poteva non verificare in
concreto la sussistenza di un elemento costitutivo della domanda, vale a dire

domanda giudiziale che mirava al conseguimento della pensione ai superstiti.

l’esistenza di una pensione diretta della madre di Modaffari Antonino, avendo
quest’ultimo richiesto la reversibilità di tale trattamento pensionistico.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio
nella misura di € 1500,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma 11 1 giugno 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

liquidate come da dispositivo.

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