Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22055 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 26/05/2017, dep.22/09/2017),  n. 22055

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17748-2015 proposto da:

FATA LOGISTIC SYSTEM SPA in persona dell’amministratore delegato e

legale rappresentante M.P., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA

GIOVANNETTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARCO WEIGMANN, MATTEO ROSSOMANDO giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

M. GROUP SRL in persona del legale rappresentante p.t.

amministratore unico E.A., rappresentata e difesa

dall’avvocato EUGENIO DALMOTTO giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5454/2014 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 06/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2017 dal Consigliere Dott. SESTINI DANILO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI;

udito l’Avvocato SAGLIOCCO ALFREDO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Fata Logistic Systems s.p.a. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso ad istanza della M. Group s.r.l. per il pagamento della somma di oltre 336.000,00 Euro a titolo di corrispettivi per prestazioni di servizi doganali effettuate dalla M., su incarico dell’appaltatrice Fata Logistic, in favore della Alenia Aeronautica s.p.a..

L’opponente eccepì la nullità del ricorso per l’esistenza di una clausola arbitrale e dedusse, nel merito, che l’importo richiesto non teneva conto di precedenti pagamenti effettuati dall’ingiunta e di errori nell’applicazione delle tariffe da parte della M.; in via riconvenzionale, richiese la condanna dell’opposta al risarcimento dei danni conseguenti alla violazione di un patto di non concorrenza.

Il Tribunale rigettò l’eccezione di arbitrato, revocò il decreto ingiuntivo e, accertata la debenza della somma di oltre 265.000,00 e dato atto dell’avvenuto pagamento di oltre 150.000,00 in forza di ordinanza ex art. 186 ter c.p.c., condannò la Fata Logistic al pagamento della residua somma di oltre 115.000,00 Euro.

La Corte di Appello ha dichiarato inammissibile, ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., il gravame proposto dalla Fata Logistic, che ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, affidandosi a tre motivi; ha resistito l’intimata a mezzo di controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la Fata Logistic denuncia “l’incompetenza del giudice adito per la presenza nel contratto (…) di una clausola di arbitrato rituale: A) violazione delle norme sulla competenza, art. 360 c.p.c., n. 2; B) violazione o falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., art. 360 c.p.c., n. 3”.

La ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che la clausola di arbitrato contenuta nell’ordine di acquisto n. 651763 del 2.3.2011 fosse inefficace perchè costituiva una condizione generale di contratto che era stata predisposta unilateralmente dalla Fata Logistic e non era stata specificamente sottoscritta ai sensi dell’art. 1341 c.c.; assume, in senso contrario, che la clausola era contenuta in un “ordine specifico”, che non rivestiva la natura di contratto con condizioni generali e, anzi, conteneva pattuizioni speciali rispetto al contratto quadro del 30.12.2010; aggiunge che, in ogni caso, la Corte aveva erroneamente ritenuto che la sottoscrizione dell’ordine in ogni pagina, oltre che il calce all’atto, non fosse sufficiente ad integrare il requisito della specificità della sottoscrizione della clausola di arbitrato.

1.1. Al riguardo, il Tribunale ha evidenziato che il documento contenente la clausola prevedeva la proroga del contratto in vigore fra le parti ed era stato predisposto unilateralmente dalla Fata Logistic, che l’aveva inviato alla M. per la sola sottoscrizione, senza possibilità “di interloquire sul suo contenuto”; che le clausole non concernenti lo specifico oggetto del contratto erano “da intendere quali condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte dall’attrice”, in quanto “formulate in maniera tale da non dover indicare il nome specifico della controparte (…) chiaro indice dell’astratta predisposizione delle clausole stesse a regolamentare un numero indeterminato di rapporti”; che, peraltro, la stessa Fata Logistic aveva “qualificato quali condizioni generali di contratto le clausole contestate, dal momento che essa aveva richiesto espressamente (per quanto inutilmente) alla M. di sottoscrivere separatamente gli articoli potenzialmente vessatori”; ha concluso, pertanto, che l’atto conteneva “condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente da Fata con la conseguenza che, in difetto della doppia sottoscrizione, la clausola arbitrale non (poteva) essere ritenuta efficace” e che era “irrilevante (…) la presenza della firma della M. in calce ad ogni pagina del contratto, in quanto ciò che rileva ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., è soltanto la specifica sottoscrizione per le clausole vessatorie in aggiunta alla sottoscrizione del contratto nel suo insieme”.

1.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Inammissibile, per inosservanza dell’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, nella parte in cui argomenta sulla natura non generale delle condizioni contenute nell’ordine senza trascriverne il contenuto, così impedendo alla Corte di apprezzare un eventuale vizio di sussunzione dell’atto nel paradigma di cui all’art. 1341 c.c..

Ulteriormente inammissibile, a prescindere dal primo rilievo, per il fatto che le censure in iure svolte dalla ricorrente postulano, a monte, un diverso apprezzamento circa la natura dell’atto e delle condizioni in esso contenute e si risolvono, dunque, in una non consentita istanza di rivalutazione del merito.

Infondato, infine, quanto alla censura volta a sostenere l’idoneità della sottoscrizione di tutte le pagine del contratto a tener luogo della specifica sottoscrizione della clausola arbitrale: la prescrizione di cui all’art. 1341 c.c., comma 2, mira, infatti, a richiamare l’attenzione del contraente sulla clausola vessatoria e tale esigenza non può ritenersi soddisfatta mediante la sola sottoscrizione di ogni pagina dello strumento contrattuale (cfr. Cass. n. 3449/1975).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218,2595,2596 e 2598 c.c., in relazione alla “concorrenza sleale di M.”.

Premesso che le parti avevano sottoscritto un patto di non concorrenza in favore della Fata Logistic, in relazione ai suoi rapporti con la Alenia, e rilevato che tale patto era stato violato in quanto la soc. R.M. & C. s.r.l. -“comunque riconducibile a M.” – era entrata in concorrenza con la Fata, finendo con l’aggiudicarsi l’appalto delle forniture doganali per la zona del Sud Italia a partire dall’1.12.2011, la ricorrente si duole che il Tribunale abbia escluso la violazione del patto di non concorrenza e, comunque, la ricorrenza di un’ipotesi di concorrenza sleale, sottolineando l’esistenza di un collegamento fra la M. Group e la R.M. & C. s.r.l. tale da comportare l’affermazione della responsabilità della prima; ribadisce che l’attività concorrenziale aveva determinato la necessità di una riduzione delle tariffe praticate alla Alenia per il periodo luglio – settembre 2011 e che, a partire dal mese di ottobre, i servizi doganali in favore dell’Alenia erano stati assunti direttamente dalla M. (che, peraltro, aveva preteso di addebitare tali servizi alla Fata); esclude, infine, che potesse ritenersi esistente una “prassi” secondo cui gli ordini venivano comunicati direttamente dalla Alenia al sub-fornitore M., tale da giustificare l’affermazione che la M. poteva ritenere di continuare a operare in regime di sub-fornitura.

2.1. Al riguardo, il Tribunale ha escluso che potesse essere imputata alla convenuta una qualche violazione del patto di non concorrenza, in quanto era stato “altro soggetto giuridico, ovvero la M. & C. s.r.l. a formulare l’offerta ad Alenia in concorrenza con Fata”, e ha precisato che “la suddetta società (… era) priva di collegamenti giuridicamente rilevanti con la M., avendo in comune solamente parte delle persone fisiche costituenti la compagine sociale (…) sì che non (poteva) ravvisarsi un’ipotesi di collegamento o controllo societario rilevante”, considerato anche che gli amministratore unici erano persone diverse e che la R.M. era società “preesistente ai fatti di causa, sì che neppure (poteva) ritenersi che la stessa (fosse) stata artatamente costituita al fine di aggirare il patto di non concorrenza stipulato da M. Group s.r.l.”; cosicchè non poteva riconoscersi il “ristoro del danno patito in conseguenza del ribasso dei prezzi praticato ad Alenia in conseguenza dell’offerta più concorrenziale” e anche la correlata domanda risarcitoria doveva essere rigettata.

2.2. Il motivo è inammissibile, in quanto non prospetta alcun effettivo errore di diritto, ma lo postula come conseguenza di una diversa valutazione di merito circa l’esistenza di elementi idonei ad ntegrare un collegamento fra le due società M., che è stato escluso dal Tribunale sulla base di un apprezzamento non censurabile in sede di legittimità.

Restano assorbiti i profili di censura attinenti alla individuazione delle conseguenze pregiudizievoli lamentate dalla ricorrente.

3. Il terzo motivo denuncia “l’errata applicazione delle tariffe da parte di M. e la fattura FATA LS n. 200.312 del 31.1.2012: violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

La ricorrente deduce di avere evidenziato, in sede di opposizione a d.i., che alcune delle fatture già pagate alla M. contenevano errori di applicazione delle tariffe previste dal contratto e che, per tale ragione, aveva emesso fattura n. 200.312 del 31.1.2012 per il rimborso di oltre 52.000,00 Euro; aggiunge che sul punto non vi erano state contestazioni da parte della M. prima della terza memoria ex art. 183 c.p.c., e che pertanto i fatti dovevano considerarsi come ammessi; ciò premesso, censura il Tribunale per avere ritenuto che non potesse operare il principio di non contestazione in quanto l’allegazione della Fata era stata generica e inidonea a comportare gli effetti di cui all’art. 115 c.p.c.; rileva, in particolare, che al fine di apprezzare la specificità dell’allegazione, occorreva tener conto anche dei documenti prodotti (nella specie, il documento n. 10 da considerare in relazione alle fatture depositate dalla M. in sede monitoria), da cui emergevano gli errori di fatturazione, senza che fosse richiesto un “dettaglio” ulteriore da parte della difesa.

3.1. Sul punto, il Tribunale ha rilevato “l’assoluta genericità” delle contestazioni della Fata “relative agli asseriti errori di calcolo che la convenuta avrebbe commesso nell’addebitare le fatture all’attrice”, in quanto “nè in atto di citazione nè con la prima memoria l’attrice (… aveva) chiaramente indicato quali fossero gli errori di fatturazione” in cui la controparte sarebbe incorsa, provvedendo a “dettagliare un pò la censura svolta” soltanto con la seconda memoria”, a seguito della quale la M. aveva provveduto alla contestazione con la terza memoria: ha escluso pertanto che potesse trovare applicazione il principio di non contestazione in quanto soltanto la deduzione di fatti specifici onera la controparte della loro contestazione.

3.2. Il motivo è infondato: premesso che non è consentita una nuova valutazione sulla genericità dell’allegazione apprezzata dal primo giudice, risulta senz’altro corretto l’assunto del Tribunale circa l’impossibilità di fare applicazione del principio di non contestazione in difetto di una specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati; nè risulta condivisibile la tesi della ricorrente, secondo cui la specificità dell’allegazione potrebbe essere desunta anche dall’esame dei documenti prodotti, giacchè l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni contenute negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle parti medesime e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (rispetto ai quali dovrà essere svolta l’istruttoria).

4. Le spese di lite seguono la soccombenza.

5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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