Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22053 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, (ud. 28/03/2018, dep. 11/09/2018), n.22053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15402-2014 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

PARIOLI 79/H, presso lo studio dell’avvocato PIO CORTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FELICE BRUSATORI;

– ricorrente –

contro

CONIT S.r.l., in persona del suo amministratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ATTILIO REGOLO 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE

MARELLI;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1634/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/03/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

La CONIT s.r.l. citava in giudizio innanzi al Tribunale di Milano G.M., chiedendo il rilascio di due boxes auto siti in (OMISSIS), individuati con i simboli B4 e 5, perchè illegittimamente occupati a seguito della dichiarazione della nullità del preliminare di vendita, dichiarata con sentenza irrevocabile della Corte d’Appello di Milano N. 2597/2008, avente ad oggetto i medesimi boxes auto. Chiedeva altresì il pagamento delle spese di gestione e l’indennità di occupazione sine titulo.

Si costituiva il G., resistendo alla domanda e chiedendo, in via riconvenzionale, la restituzione del doppio della caparra.

Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza N.456/2008, accoglieva parzialmente la domanda principale e, per l’effetto, condannava il G. al rilascio dei due boxes ed al pagamento in favore della CONIT della somma di Euro 20.141,82 oltre interessi dal versamento al saldo; accoglieva la domanda riconvenzionale e condannava la CONIT s.r.l. alla restituzione della caparra, compensando le spese di lite.

Proposto appello dalla CONIT s.r.l., resistito dal G., la Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva determinato l’indennità di occupazione con riferimento ad un solo box e non a due boxes,come previsto dal contratto. Riteneva la corte territoriale che l’accertamento della nullità del contratto preliminare, benchè dichiarata in via incidentale dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza irrevocabile, costituiva il nucleo centrale della decisione e rigettava la richiesta di conversione del contratto nullo.

Avverso detta sentenza propone ricorso in cassazione G.M. sulla base di quattro motivi; resiste con controricorso e propone ricorso incidentale la CONIT s.r.l.

Diritto

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta “l’illegittimità e l’annullabilità della sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez 2 N.1643/2013 del 15.4.2013 e contestualmente della sentenza N.456/2008 del Tribunale di Busto Arsizio-Sez. Distaccata di Gallarate dell’11.8.2008 per la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5) con riferimento all’art. 2909 c.c. e all’art. 1521 c.c. ed all’art. 112 c.p.c. e per l’erronea interpretazione ed applicazione di legge – Violazione di legge – Omesso esame di un fatto decisivo sottoposto al giudice-Omessa ed errata motivazione e sua contraddittorietà – Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza per l’inammissibilità della svolta domanda, contraddittorietà della decisione – Ultrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c. – Violazione dell’art. 183 c.p.c. e art. 183, comma 6, nn. 1 e 2 – Decadenza ed inammissibilità- Nullità del contratto 18.3.1989 e dei suoi atti e provvedimenti e contratti presupposti ed in particolare nullità originaria e/o derivata ex artt. 1418,1421,1422 e 1423 c.c. della convenzione 28.12.1988 per Notaio L.M. e comunque decadenza per violazione ex art. 17 Convenzione richiamata. Carenza di legittimazione attiva processuale e sostanziale in capo a CONIT s.r.l..

Con il secondo motivo di ricorso si deduce l’illegittimità e l’annullabilità dell’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez 3 N. 1643/2013 del 15.4.2013 per violazione di legge ex art. 360, c.p.c., nn. 3), 4) e 5) e con riferimento all’art. 112 c.p.c. e art. 116 c.p.c. – Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza per la violazione ex art. 2037 c.c. ed ex art. 2967 c.c. – Carenza di prova e contraddittorietà della decisione – Ultrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c. anche con riferimento all’art. 1224 c.c. – Omessa ed illogica e contraddittoria motivazione – contrarietà a documenti in atti ed al contenuto di promessa di compravendita del 18.3.1989.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’illegittimità dell’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez 3 N. 1643/2013 del 15.4.2013 per violazione e falsa ed errata applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3) e 5). Errata interpretazione ed omessa motivazione circa il punto in fatto decisivo nonchè violazione art. 1424 c.c. e art. 2932 c.c., travisamento fattuale e motivazionale.

Omessa errata e contraddittoria motivazione. Omessa statuizione ex art. 112 c.p.c. e violazione ex art. 1422 c.c. nonchè travisamento dei fatti, omessa e/o illogica motivazione e contraddittorietà documentale.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili perchè privi dei requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. (Cass.17.7.2007 n.15952).

I primi due motivi rivolgono, in parte, censure alla sentenza di primo grado, anzichè alla sentenza d’appello, laddove, in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza di appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello.

Inoltre, vi è una chiara mescolanza tra i profili di violazione di legge ed il vizio di motivazione, peraltro dedotto sotto il profilo della logicità e coerenza, nonostante la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012 convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, abbia limitato le ipotesi di ricorso in Cassazione nei ben più ristretti limiti dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ebbene, è evidente che la deduzione cumulativa, nella medesima censura, di profili concernenti, sotto molteplici aspetti della vicenda processuale, il giudizio di diritto operato dal giudice di prime e seconde cure, confusi e mescolati, peraltro, a diversi profili concernenti il giudizio di fatto, rendono confuse e scarsamente intellegibile le doglianze mosse avverso la sentenza gravata.

Un ulteriore profilo di inammissibilità riguarda la contemporanea deduzione del vizio di omesso esame di un fatto decisivo del giudizio e di violazione di legge ed il vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., dedotta nell’ambito dei tre motivi di ricorso. Si tratta di deduzioni incompatibili, perchè una cosa è dire che il giudice non ha pronunciato sulla domanda, un’ altra è dolersi che sulla domanda vi sia stato un error in iudicando. Il ricorrente non coglie la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto, mentre nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (Cassazione civile, sez. 2, 22/01/2018, n. 1539).

In definitiva, i motivi di impugnazione, così come articolati, sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la CONIT s.r.l. denuncia la violazione degli artt. 1219,1224 e 3033 c.c., per avere il giudice d’appello stabilito la decorrenza degli interessi dovuti per la restituzione della caparra dal versamento del saldo e non dall’atto di costituzione in mora, nonostante avesse ricevuto la caparra in buona fede.

Il motivo è inammissibile in quanto dedotto per la prima volta in sede di legittimità mentre in questa sede possono essere considerate solo le statuizioni in relazione ai motivi ed alle richieste formulate in grado d’appello, dovendosi, in caso contrario, indefettibilmente rilevare da parte del giudice di legittimità la formazione del giudicato interno sulle questioni che abbiano formato oggetto di dibattito in primo grado e della relativa pronunzia e che non siano state ritualmente riproposte, da chi vi ha interesse, al giudice di appello (Cassazione civile, sez. 2, 05/05/2003, n. 6754).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Attesa la reciproca soccombenza, le spese vanno integralmente compensate tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 28 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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