Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22053 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 03/09/2019), n.22053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21020-2017 proposto da:

DAC NORDEST SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO FILIPPO MARZI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ANGELO MAIOLINO, GIORGIO

MASSAROTTO;

– ricorrente –

contro

GAMA SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei Commissari

Straordinari, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114

B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PUCCI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati RAFFAELLA VINCI, MAURIZIO VINCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1285/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. DAC Nordest s.r.l. domandava di insinuarsi al passivo dell’amministrazione straordinaria di GAMA s.p.a. e la detta domanda era accolta per una somma inferiore all’importo da essa indicato (Euro 2.171.212,31 in luogo di Euro 4.510.586,71).

Era proposta opposizione allo stato passivo che il Tribunale di Verona respingeva.

2. – Analoga sorte sortiva il successivo gravame definito con sentenza del 26 giugno 2017 dalla Corte di appello di Venezia.

3. – Ricorre per cassazione DAC Nordest facendo valere due motivi. Con controricorso resiste l’amministrazione straordinaria. La ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è lamentato un e7ror in procedendo in relazione agli artt. 210,184 e 345 c.p.c. per la dichiarata inammissibilità dell’istanza di esibizione dei libri IVA 2003 e 2004 di GAMA. Lamenta l’istante che la Corte di merito aveva attribuito rilievo al requisito dell’indispensabilità per la conoscenza dei fatti di causa che regolerebbe la diversa materia delle acquisizioni probatorie del giudice di appello; ad avviso dell’istante occorreva provvedere sulla richiesta probatoria “con valutazione ex anio”, avendo riguardo alla disciplina afferente l’ammissibilità probatoria contenuta nell’art. 184 c.p.c..

Il motivo non è fondato.

La Corte di appello, pur riconoscendo che con l’atto di opposizione L. fall. ex art. 98 l’odierna ricorrente aveva domandato l’esibizione dei nominati libri IVA – onde aveva errato, a suo avviso, il Tribunale a ritenere non formulata nel corso del giudizio di primo grado una istanza a norma dell’art. 210 c.p.c. – ha nondimeno evidenziato che l’acquisizione documentale richiesta non poteva ritenersi indispensabile per la conoscenza dei fatti di causa: e ciò in quanto i libri in discorso non avrebbero potuto fornire una prova opponibile al commissario straordinario, non operando nella fattispecie il regime probatorio proprio delle scritture contabili tra imprenditori.

Rammentato che l’ordine di esibizione previsto dall’art. 210 c.p.c. deve riguardare documenti che, oltre ad essere specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza, risultino indispensabili al fine della prova dei fatti controversi (cfr., in termini, Cass. 25 maggio 2004, n. 10043) – onde non ha fondamento il rilievo dell’istante fondato sull’asserita non pertinenza del giudizio espresso dalla Corte di appello quanto alla necessità dell’acquisizione probatoria di cui si dibatte -, è senz’altro vero, in punto di diritto, che, nel caso in esame, le menzionate scritture non avrebbero potuto fornire alcun utile apporto alle ragioni di DAC Nordest. Infatti, l’art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestore del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2013, n. 4213; cfr. pure: Cass. 9 maggio 2013, n. 11017; Cass. 7 luglio 2015, n. 14054; Cass. 27 luglio 2017, n. 18682).

2. – Il secondo mezzo prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c.. Si oppone che il giudice di appello abbia valutato in modo atomistico e parcellizzato i plurimi indizi forniti da essa ricorrente, omettendo l’indispensabile e necessaria valutazione globale e di sintesi.

Tale motivo è inammissibile.

Esso si connota per l’assoluta genericità della sua formulazione, avendo la ricorrente mancato di indicare gli elementi indiziari che sarebbero stati oggetto di improprio, o incompleto, apprezzamento e di precisare la localizzazione dei documenti da cui i medesimi elementi avrebbero dovuto desumersi. Va infarti rilevato che chi ricorre per cassazione ha l’onere di indicare i documenti su cui il ricorso è fondato, mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione (Cass. 27 luglio 2017, n. 18679; Cass. 15 luglio 2015, n. 14784; in tema, più di recente: Cass. 7 marzo 2018, n. 5478). Peraltro, la sentenza impugnata ha sottolineato come i documenti posti a fondamento dell’impugnazione risultassero tutti carenti di data certa ex art. 2704 c.c. e su tale punto, che assume rilievo decisivo ai fini dell’opponibilità di tali scritti alla procedura concorsuale, l’istante non risulta aver formulato alcuna efficace censura.

3. – Il ricorso è dunque rigettato.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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