Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22052 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 31/10/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 31/10/2016), n.22052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6705-2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONELLA

PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati UGO

MARIA DI BLASIO, PIETRO STRIANO, GIUSEPPE FIMIANI, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3732/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Sergio Preden difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi scritti;

udito l’Avvocato Giuseppe Fimiani (delega avvocato Pietro Striano)

difensore del controricorrente che si riporta ai motivi del

controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7 luglio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con sentenza n. 3732 /2014, pubblicata il 22.7.2014, la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado che aveva accertato il diritto di Gaetano Piscopo, al beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione qualificata ad amianto, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 23, comma 8 e condannato l’INPS alla riliquidazione della pensione allo stesso in godimento.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo. L’intimato ha resistito con tempestivo controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso l’INPS, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 ha censurato la decisione per avere omesso di rilevare la decadenza nella quale era incorso l’originario ricorrente, secondo quanto eccepito da esso istituto – contumace in primo grado – all’udienza di discussione del 5 maggio 2014.

Preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di parte controricorrente che ha ritenuto preclusa la proposizione della questione della decadenza sul rilievo che la stessa non era stata tempestivamente dedotta con il ricorso in appello dell’istituto previdenziale. Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che in tema di prestazioni previdenziali, la decadenza dall’esercizio dell’azione giudiziaria, prevista dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 come modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 conv. in L. 14 novembre 1992, n. 438, è un istituto di ordine pubblico dettato a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici, ed è pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato (v. tra le altre, Cass. n. 6331 del 2014, n. 18528 del 2011, n. 12508 del 2000).

Nel caso di specie non sussiste alcuna preclusione scaturente da giudicato.

E’ noto che il giudicato implicito si forma quando la questione risolta in modo esplicito sia collegata in modo indissolubile alla questione su cui il Giudice non si è pronunciato, sicchè la statuizione contenuta nel dispositivo non possa configurarsi senza la decisione implicita della questione presupposta (v. tra le altre, Cass. n. 22416 del 2011). A riguardo questa Corte ha chiarito che “Tali principi in tema di giudicato sostanziale (inteso come accertamento incontrovertibile del regolamento di interessi – id est:della regola applicabile ad un rapporto giuridico avente ad oggetto un bene della vita -) trovano, tuttavia, applicazione esclusivamente in ordine ai rapporti che vengono ad istituirsi tra le “questioni di merito” dedotte in giudizio (e dunque tra plurime domande od eccezioni di merito), mentre non è mai esistito dubbio alcuno in ordine alla relazione di “mera presupposizione logico – giuridica” che si realizza tra “questioni pregiudiziali” o “questioni preliminari di rito o di merito” – sulle quali, anche se rilevabili di ufficio, il Giudice non ha pronunciato esplicitamente – e questione di merito risolta con pronuncia esplicita. L’apertura concessa dalle sentenze delle SS.UU. 9.10.2008 n. 24883 e 30.10.2008 n. 26019 alla ravvisabilità del giudicato implicito interno anche in ordine a questioni pregiudiziali di rito sulle quali il Giudice di merito non abbia statuito espressamente, rimane circoscritta (vedi Corte Cass. 5^ sez. 29.4.2009 n. 10027) alla sola questione di giurisdizione (sulla quale, in caso di mancata impugnazione dello specifico “capo” della sentenza di merito da quella dipendente, cade il giudicato, appunto, implicito, anche se trattasi di questione rilevabile “ex officio” in ogni stato e grado), mentre per tutte le altre questioni preliminari di merito – in particolare, per quanto qui interessa, quella della “decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di determinati termini previsti dalla legge” – il passaggio in giudicato (con conseguente preclusione della deducibilità/rilevabilità di ufficio della questione nel successivo grado giudizio o nel giudizio di legittimità) è previsto solo nel caso in cui vi sia stata una pronuncia esplicita proprio su detta questione preliminare, e non anche nel caso in cui la questione preliminare è stata implicitamente risolta con la decisione sul merito della fondatezza del diritto (cfr. Corte Cass. SU 30.10.2008 n. 26019 – par. 3.8 e 3.9, pag. 32 motivazione – laddove viene affermato che rimane “salvo l’effetto preclusivo ndr. alla rilevabilità di ufficio della questione preliminare derivante dalla esistenza di una specifica statuizione del giudice di merito ndr. su tale questione preliminare e dalla mancata impugnazione al riguardo”).(Cass. n. 25500 del 2011).

In base ai principi richiamati alcun effetto preclusivo al rilievo della decadenza può scaturire dalla circostanza che la questione non sia stata proposto dall’INPS con il ricorso in appello.

E’ ancora da disattendere la ulteriore eccezione della parte controricorrente secondo la quale, alla luce del principio affermato da Cass. ss.uu. n. 12720 del 2009, il regime decadenziale D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie in quanto, essendo la domanda di rivalutazione contributiva stata presentata da soggetto già pensionato, tale domanda sarebbe intesa alla riliquidazione di una prestazione già in godimento e non all’attribuzione di una prestazione ex novo.

La giurisprudenza di questa Corte, decidendo numerose analoghe controversie (cfr., in particolare, Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012, ord. n.7394 del 2014), si è espressa affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione. Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento fatto alle controversie in materia di trattamenti pensionistici, comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. La giurisprudenza di questa Corte è inoltre ferma nell’affermare che con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva, non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e, dunque, intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinati – il diritto al trattamento pensionistico. (Cass. 12685 del 2008; Cass. n. 7527 del 2010; Cass. n. 8926 del 2011; Cass. n. 6331 del 2014; Cass. n. 7934 del 2014; Cass. n. 13578 del 2014). In questa prospettiva è stata esclusa, una volta verificatasi la decadenza dall’azione ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 la possibilità di proporre, in epoca posteriore alla maturazione della decadenza, una nuova domanda diretta ad ottenere il medesimo beneficio previdenziale (nella specie, la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto) in quanto l’istituto mira a tutelare la certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci, che verrebbe vanificata ove la mera riproposizione della domanda determinasse il venire meno degli effetti decadenziali già verificatisi. (principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, da ord. n. 8926 del 2011). E’ stato inoltre chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia” – cfr. Cass. n. 1629 del 2012; id. Cass. n. 11400 del 2012; Cass. n. 14531 del 2012; Cass. n. 14472 del 2012; Cass. n. 20031 e 20032 del 2012; Cass. n. 27148 del 2013; Cass. n. 4778 del 2014. In particolare è stato precisato che: “La richiamata decisione di questa Corte n. 12720/2009 appare non pertinente nel caso in esame perchè, come già detto, nella presente controversia non si dibatte del diritto all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta. La sollevata questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 47 per violazione dell’art. 38 Cost. (…) appare comunque manifestamente infondata in quanto il termine decadenziale appare congruo in ordine ad una piena ed effettiva tutela e garanzia dell’interesse costituzionalmente garantito del diritto a pensione, che nel caso in esame – peraltro non viene affatto travolto in quanto tale dalla norma in discussione. Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l’effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost.”. (Cass. n. 6382 del 2012).

Da tali conclusioni della giurisprudenza di legittimità non vi è ora ragione di discostarsi in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.

Nel caso di specie atteso che, per come pacifico, la domanda amministrativa è stata presentata all’INPS in data 8 gennaio 2002, il ricorso di primo grado, in data il 3 marzo 2009, è senz’altro tardivo in quanto, all’evidenza, depositato ben oltre il termine triennale di decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 decorrente, al più tardi dalla scadenza dei termini legali previsti per l’esaurimento del procedimento amministrativo.

In base alle considerazioni che precedono il ricorso dell’INPS deve essere accolto e la sentenza cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con declaratoria di inammissibilità della domanda giudiziale.

Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza in camera di consiglio.”.

Parte contro ricorrente ha depositato memoria.

Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore, non inficiate dalle deduzioni difensive della memoria di parte controricorrente, le quali ripropongono questioni già ampiamente scrutinate dalla giurisprudenza richiamata nella relazione, sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia alla quale si ritiene di dare continuità.

A tanto consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione.- Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., può essere decisa nel merito con declaratoria di inammissibilità della originaria domanda.

Il consolidarsi solo in epoca successiva al deposito del ricorso di primo grado dell’orientamento di legittimità alla base dell’accoglimento del ricorso, giustifica la compensazione delle spese di lite dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2016

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