Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22052 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. II, 03/09/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 03/09/2019), n.22052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12047/2015 proposto da:

D.S.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

CARSO 63, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MARIA FARGIONE,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.S., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LUIGI

ANTONELLI 27, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA UBALDI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7428/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.S. evocava in giudizio avanti il Tribunale di Roma D.S.M.G., figlio del defunto marito dal quale era legalmente separata, deducendo che nel (OMISSIS) il marito separato aveva fittiziamente venduto al figlio la nuda proprietà della casa d’abitazione già coniugale.

Posto che il marito separato era deceduto poco dopo, nel 2003, la R. chiedeva accertarsi la dissimulazione della vendita in effetto donazione e la nullità di detto contratto per difetto di forma ovvero, in via gradata, la riduzione della donazione per lesione della sua quota di erede legittimaria.

Resistette il D.S. ed, all’esito della trattazione istruttoria, il Tribunale capitolino ebbe ad accogliere la domanda di simulazione e dichiarò la nullità della dissimulata donazione per difetto di forma.

Il D.S. adiva la Corte d’Appello di Roma che,resistendo la R., rigettò il gravame, osservando come l’erede legittimaria lesa era da considerasi terzo rispetto alla domanda di simulazione ai fini della libertà di prova e come gli elementi logico-probatori in atti sorreggevano la conclusione che la vendita della nuda proprietà tra padre e figlio dissimulava donazione priva di forma solenne. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto impugnazione D.S.M.G., articolando due ragioni di doglianza.

La R. ha resistito in questo giudizio con controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato nota difensiva in prossimità di questa adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal D.S. s’appalesa privo di fondamento giuridico e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione della norma ex art. 2729 c.c., ed omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il D.S. denuncia vizi di legittimità che in sostanza si compendiano però nella mera contestazione della valutazione, siccome operata dalla Corte romana, degli elementi indiziari in atti ai fini della decisione assunta.

Difatti la violazione di legge risulta ancorata alla contestazione della valenza degli elementi indiziari utilizzati dal Collegio capitolino per ritenere fondata la prospettata dissimulazione – corrispondenza tra le somme pagate dal figlio con i coevi prelievi da parte del padre dal conto, in momento in cui era già gravemente ammalato – in quanto il ricorrente ritiene che detti dati indiziari non fossero assistiti da gravità e precisione,siccome richiesto dalla norma ex art. 2927 c.c..

Un tanto però chiaramente configura la mera contrapposizione di propria valutazione rispetto al governo dei dati probatori, siccome operato dal Giudice del merito,senza in effetti lumeggiare alcuna la violazione della norma ex art. 2729 c.c., poichè si richiede a questa Corte regolatrice una – inammissibile – valutazione degli elementi logico-probatori in atti

Quanto poi al denunziato vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo risulta individuato dalla mancata valorizzazione delle deduzioni logiche difensive portate a spiegazione delle condotte, ritenute rilevanti dai Giudici di merito, del padre, ma un tanto si risolve nella conferma che il fatto storico oggetto di contesa fu esaminato e,nuovamente, nella pretesa di contestare il merito della valutazione dei dati probatori, siccome operata dal Giudice d’appello.

Con la seconda doglianza il D.S. rileva violazione della disposizione ex art. 1417 c.c., poichè la Corte capitolina ritenne che la R. agisse quale erede legittimaria lesa relativamente alla quota di spettanza.

Il ricorrente rileva come, se da una lato la Corte territoriale aveva ritenuto che la R. potesse dimostrare con libertà di prova la dedotta simulazione perchè terza rispetto al negozio,e dall’altro non aveva rilevato che il Tribunale aveva ritenuta nuova la domanda fondata sulla lesione della quota di legittimaria, sicchè la resistente non avrebbe potuto godere della libertà di prova in tema di simulazione poichè agiva quale mera erede.

La censura mossa postula che il Tribunale romano avesse ritenuta nuova la domanda della R. fondata sulla lesione della sua quota di legittimaria e così dichiarata la stessa inammissibile, mentre tale dato fattuale non risulta documentato in ricorso.

Difatti, nella sentenza impugnata, risulta puntualmente dato atto che la R., in via gradata, ebbe subito a proporre domanda di riduzione della donazione, e che l’accoglimento della domanda di simulazione – e conseguente nullità della donazione dissimulata – ebbe a comportare l’assorbimento – non la declaratoria di novità – della domanda svolta in via gradata di riduzione della donazione. Quindi la censura di legittimità mossa pecca di genericità laddove non contesta detta affermazione del Collegio romano, ma si limita ad apoditticamente sostenere che il Tribunale romano ebbe a dichiarare inammissibile la domanda di riduzione svolta in via gradata dalla R..

Al rigetto del ricorso segue,ex art. 385 c.p.c., la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite per questo giudizio di legittimità in favore della R., tassate in Euro 5.500,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in dispositivo.

Concorrono i presupposti per l’ulteriore versamento del contributo unificato da parte del D.S..

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla parte resistente le spese di lite di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2001, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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