Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22050 del 24/10/2011
Cassazione civile sez. I, 24/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 24/10/2011), n.22050
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.A. (OMISSIS), in proprio quale erede di
L.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato CECCHI CARLO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GUALTIERI CESIDIO giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 69/09 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO del
12/05/09, depositato il 28/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- M.A., in proprio e quale erede di L.M. C., deceduta il (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione – affidato a due motivi, conclusi con quesiti – contro il decreto della Corte d’appello di Campobasso del 28.5.2009 con il quale è stata parzialmente accolta la sua domanda diretta ad ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio da lui promosso unitamente alla propria dante causa innanzi al Tribunale di L’Aquila il 5.1.1990, definito in primo grado con sentenza del 7.5.2001 e in appello con sentenza del 23.1.2008, pendente in cassazione, al momento della domanda “Pinto” (2008).
La Corte d’appello, fissata la durata ragionevole in tre anni per il primo grado e in due anni e sei mesi (per l’avvenuta rinnovazione della consulenza tecnica) per il grado di appello, ritenuto non ancora violato il termine ragionevole per il giudizio di cassazione, così accertando un ritardo per il primo grado di otto anni e per il secondo grado di tre anni e un mese, ha accolto l’eccezione di prescrizione formulata dall’Amministrazione convenuta in relazione ai danni verificatisi sino al 12.11.1998, ritenendo operante la prescrizione decennale, e ha liquidato il danno non patrimoniale per il periodo non prescritto in Euro 9.774,00.
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.
2.- Con i primi due motivi di ricorso parte ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione lamentando la ritenuta operatività della prescrizione decennale del diritto all’indennizzo e con il terzo motivo lamenta l’errato computo della prescrizione.
Il primo motivo di ricorso è fondato – con conseguente assorbimento delle altre censure – perchè secondo la giurisprudenza di questa Corte la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Sez. 1, Sentenza n. 27719 del 30/12/2009).
Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., la Corte deve procedere alla liquidazione dell’indennizzo in favore del ricorrente nella misura di Euro 10.330,00. Ciò tenuto conto della durata irragionevole del giudizio presupposto, pari a circa 11 anni e un mese, in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo (v. per tutte Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009). Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 10.330,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:
che determina per il primo giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge;
e per il presente giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011