Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22047 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. II, 03/09/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 03/09/2019), n.22047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13092/2015 proposto da:

L.E.G., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE VATICANO

45, presso lo studio dell’avvocato MASSIMISLIANO GABRIELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ZISA;

– ricorrente –

contro

L.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1680/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

RITENUTO

che la Corte d’appello di Catania, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettando l’impugnazione proposta da L.E.G., confermò quella di primo grado, la quale aveva disatteso la domanda con la quale il medesimo aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del promissario acquirente, L.A., di un contratto preliminare di compravendita di uno stacco di terreno, promesso in vendita dall’attore e, accolta la domanda riconvenzionale, aveva disposto il trasferimento del bene, ex art. 2932 c.c., in favore di L.A., condannando, inoltre il promittente alienante a risarcire il danno e a rimborsare le spese legali, liquidate in Euro 1.080,00 per la fase di studio, Euro 877,00 per la fase introduttiva ed Euro 1.820,00 per la fase decisoria, oltre accessori;

ritenuto che avverso la decisione d’appello ricorre L.E.G. sulla base di tre motivi e che la controparte è rimasta intimata;

ritenuto che con il primo e il correlato secondo motivo, il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1351,2934,2935,2946,2697,2721 c.c., artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., sulla base, in sintesi, di quanto appresso:

– male aveva fatto la Corte locale a non prendere in esame la consumazione dell’avverso diritto alla stipula dell’atto definitivo per intervenuta prescrizione, poichè dalle conclusioni dell’atto di citazione il giudice avrebbe dovuto desumere dall’espressione “il preliminare de quo è privo di efficacia giuridica…” che era stata eccepita la maturata prescrizione;

– solo la prova del pieno pagamento del corrispettivo del bene promesso in vendita avrebbe potuto “impedire la maturazione del termine di estinzione del diritto per inerzia” e nel caso in esame una parte del prezzo non era stata pagata, tanto che la sentenza del Tribunale aveva subordinato l’efficacia traslativa al saldo;

considerato che la censura è manifestamente destituita di giuridico fondamento:

– la Corte locale afferma la novità e, quindi, l’inammissibilità della prospettazione qui nuovamente coltivata, poichè non constava che davanti al Tribunale l’appellante avesse sollevato l’eccezione di prescrizione;

– il ricorrente assume che una tale eccezione avrebbe dovuto dedursi dalla premessa contenuta nell’atto di citazione di primo grado, sopra riportata, a dispetto delle conclusioni “dire e ritenere risoluto il contratto preliminare di compravendita del 12/07/1983”;

– la pretesa, senza che occorra ricordare che l’interpretazione della domanda, e in particolare se debba reputarsi ritualmente sollevata eccezione di prescrizione, è devoluta al giudice del merito (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 29609, 16/11/2018), appare ictu oculi priva di ragionevole apprezzabilità, stante che la prescrizione deve essere sollevata con una apposita eccezione in senso stretto o proprio, diretta a paralizzare l’altrui diritto, sicchè incombe sull’eccipiente l’onere di specificare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Sez. 3, n. 1194, 19/1/2007, Rv. 598205) e ad essa non può in alcun modo assimilarsi il generico e insondabile asserto, secondo il quale “il preliminare de quo è privo di efficacia giuridica”;

– non merita miglior destino il secondo argomento, per il quale solo la prova del pieno pagamento del corrispettivo del bene promesso in vendita avrebbe potuto “impedire la maturazione del termine di estinzione del diritto per inerzia”, trattandosi di affermazione non meno sfuggente, priva di qualsivoglia giuridico rilievo, non essendo dato sapere perchè solo il pagamento del prezzo intero sarebbe idoneo a impedire il maturarsi della prescrizione, la quale, peraltro, per ignota ragione, nel caso in cui il pagamento fosse parziale avrebbe finito, invece, per operare d’ufficio;

ritenuto che con il terzo motivo il ricorrente allega “violazione e falsa applicazione di norme di diritto con particolare riferimento ai compensi difensivi spettanti ai difensori secondo il D.M. 2004”, in relazione a scaglione non superiore a Euro 5.000,00, che, invece, erano stati liquidati dal Tribunale e dalla Corte d’appello in misura non conforme alla legge e non corrispondente alle attività svolte e, a tal fine allega una esplicitazione per voci, avuto riguardo alla sentenza di primo e di secondo grado;

considerato che la doglianza è in parte fondata, in quanto:

a) per il primo grado, il motivo è inammissibile, poichè non si confronta con la ratio decidendi d’appello (la Corte locale ha chiarito che la censura non poteva essere vagliata a cagione della sua indeterminatezza, non essendo state indicate le voci ritenute esuberanti e i limiti di tariffa valicati);

b) per l’appello, il motivo è fondato, stante che lo scaglione applicabile è quello da 1.100,01 a 5.200,00 Euro, in quanto il prezzo della compravendita ammontava a L. 8.000.000, corrispondenti a Euro 4.131,65 + Euro 1.045,00 per i danni = Euro 5.176,66 e, quindi, potevano essere liquidati, applicando lo stesso criterio della Corte d’appello, Euro 510,00 per la fase di studio, Euro 510,00 per la fase introduttiva, Euro 810,00 per quella decisoria, così in totale, Euro 1.830,00.

Diritto

CONSIDERATO

che, pertanto, cassata sul punto la sentenza impugnata, sussistono le condizioni perchè la causa possa essere decisa nel merito da questa Corte (art. 384 c.p.c., comma 2);

considerato che l’assoluta marginalità dell’accoglimento del ricorso costituisce ragione per dichiarare integralmente irripetibili le spese legali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo per quanto in motivazione e rigetta i primi due motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ridetermina le spese del grado d’appello in complessive Euro 1.830,00; dichiara irripetibili per intero le spese legali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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