Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22046 del 28/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 22046 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
CATANIA Sébastiana, BITONTI Maria, BITONTI Carla, BITONTI
Simona, in proprio e quali eredi di Bitonti Carlo,
rappresentate e difese, per procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avvocato Brunella Candreva, elettivamente
domiciliate in Roma, Via Ulpiano n. 29, presso lo studio
dell’Avvocato Felice Astorino;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tenpore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

6603

Data pubblicazione: 28/10/2015

- resistente

avverso il decreto della Corte d’Appello di Salerno

n.Rty

757/2013, depositato in data 6 settembre 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 21

febbraio 2007 presso la Corte d’appello di Salerno,
Bitonti Carlo chiedeva la condanna del Ministero della
giustizia al pagamento del danno non patrimoniale sofferto
a causa della irragionevole durata di un giudizio civile
iniziato dinnanzi al Tribunale di Catanzaro con citazione
notificata il 7 febbraio 1989, deciso con sentenza
depositata il 10 giugno 2006;
che l’adita Corte d’appello rigettava la domanda;
che il Bitonti proponeva ricorso per cassazione, che
veniva accolto con sentenza n. 26533 del 2011;
che, riassunto il giudizio dalle eredi del Bitonti, la
Corte d’appello accertava una irragionevole durata del
giudizio presupposto di quattordici anni e quattro mesi e
liquidava un indennizzo di 10.750,00;
che la Corte territoriale liquidava altresì le spese
del primo giudizio di merito e di quello di legittimità,
mentre compensava le spese del giudizio di rinvio, in

-2-

udienza dell’8 ottobre 2015 dal Presidente relatore Dott.

considerazione della non opposizione del Ministero,
rimasto contumace;
che per la cassazione di questo decreto CATANIA
Sebastiana, BITONTI Maria, BITONTI Carla, BITONTI Simona,

ricorso sulla base di tre motivi;
che

l’intimato Ministero non ha =esistito con

controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della eventuale partecipazione all’udienza di
discussione.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso (violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, anche
in relazione agli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod. civ.,
e degli artt. 6, par. l, 13 e 41 della CEDU) i ricorrenti
si dolgono che la Corte d’appello, senza alcuna specifica
motivazione, abbia applicato il criterio di liquidazione
di 750,00 euro e non quello di 750,00 per i soli primi tre
anni di ritardo e di 1.000,00 euro per ciascuno degli anni
successivi, seguendo l’ordinario criterio di liquidazione
ritenuto congruo dalla giurisprudenza di questa Corte;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001, degli artt. 91 e 2 cod. proc. civ. e

-3-

in proprio e quali eredi di Bitonti Carlo, hanno proposto

dell’art. 13 della CEDU, censurando il decreto impugnato
per la disposta compensazione integrale delle spese del
giudizio di rinvio;
che con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la

Corte d’appello ha proceduto alla liquidazione delle spese
del primo giudizio di merito facendo applicazione del dm.
n. 140 del 2012, non applicabile ratione temporis nel caso
di specie e rilevando che in base al d.m. n. 127 del 2004
le spese ammontavano ad euro 1.327,63, di cui euro 128,63
per spese, euro 619,00 per diritti ed euro 580,00 per
onorari;
che il primo motivo di ricorso è infondato;
che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, se
è vero che il giudice nazionale deve, in linea di
principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione
elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo
(secondo cui, data l’esigenza di garantire che la
liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane, tuttavia,
in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene,

-4-

violazione del d.m. n. 127 del 2004, rilevando che la

in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. n. 18617 del 2001;

che in successive pronunce di questa Corte si è poi
affermato che tema di equa riparazione, ai sensi della
legge 24 marzo 2001, n.89, per violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, il giudice, nel
determinare la quantificazione del danno non patrimoniale
subito per ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto
del livello di “soglia minima” là dove, in considerazione
del carattere bagatellare o irrisorio della pretesa
patrimoniale azionata nel processo presupposto,
parametrata anche sulla condizione sociale e personale del
richiedente, l’accoglimento della pretesa azionata
renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del
tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del
pregiudizio sofferto» (Cass. n. 12937 del 2012); e si è
pervenuti a ritenere che, già prima delle modificazioni
introdotte dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito
dalla legge n. 134 del 2012, il criterio di 500,00 euro
per anno di ritardo costituisse un adeguato ristoro del
pregiudizio sofferto nei giudizi amministrativi (Cass. n.

-5-

Cass. n. 17922 del 2010);

20617 del 2014) e nei procedimenti fallimentari (Cass. n.
16311 del 2014);
che, nella specie, la Corte d’appello ha liquidato un
indennizzo di euro 750,00 per anno di ritardo che deve

pregiudizio sofferto dalla ricorrente, senza che la
mancanza di una specifica motivazione possa essere assunta
a vizio di legittimità, atteso che l’indennizzo liquidato
si pone in rapporto di ragionevole correlazione con gli
ordinari criteri di cui si è detto;
che il secondo motivo è invece fondato, atteso che la
mancata opposizione alla domanda da parte
dell’Amministrazione non giustifica, di per sé, la
compensazione allorché, come nella specie, la parte sia
stata costretta ad adire il giudice per ottenere il
riconoscimento del proprio diritto (Cass. n. 21059 del
2014);
che anche il terzo motivo di ricorso è fondato, posto
che il primo giudizio di merito si ‘è concluso con decreto
adottato allorquando era in vigore il d.m. n. 127 del
2004, ed invece la Corte d’appello ha fatto applicazione
del d.m. n. 140 del 2012, applicabile ai giudizi
conclusisi dopo il 17 agosto 2012 (Cass., S.U. n. 17405
del 2012);

-6-

senz’altro essere ritenuto congruo a ristorare il

che, dunque, il decreto impugnato deve essere cassato
in relazione alle censure accolte;
che,

tuttavia, non essendo necessari ulteriori

accertamenti di fatti, la causa può essere decisa nel

primo giudizio di merito in euro 1.140,00, di cui euro
50,00 per esborsi, euro 490,00 per diritti ed euro 600,00
per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, e
delle spese del giudizio di rinvio, in euro 564,00 per
compensi, oltre ad euro 60,00 per esborsi e agli accessori
di legge;
che il Ministero della giustizia deve quindi essere
condannato al pagamento, in favore delle ricorrenti, quali
eredi di Bitonti Carlo, delle spese dei due giudizi di
merito, nella indicata misura;
che le spese del presente giudizio di cassazione, in
considerazione del parziale accoglimento del ricorso,
possono essere compensate per metà e poste, per la
restante metà, a carico del Ministero della giustizia;
che le spese dei giudizi di merito devono essere
distratte in favore dell’Avvocato Felice Astorino e quelle
del giudizio di cassazione in favore dell’Avvocato
Brunella Candreva, per dichiarato anticipo.
PER QUESTI

-7-

moTrvI

V

merito, procedendosi alla liquidazione delle spese del

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso,
il secondo e il terzo motivo;

accoglie

cassa il decreto impugnato

in relazione alle censure accolte e decidendo la causa nel
merito,

condanna il Ministero della giustizia al pagamento

euro 1.140,00, di cui euro 50,00 per esborsi, euro 490,00
per diritti ed euro 600,00 per onorari, oltre spese
generali e accessori di legge; delle spese del giudizio di
rinvio, liquidate in euro 564,00 per compensi, oltre ad
euro 60,00 per esborsi e agli accessori di legge; della
metà di quelle del giudizio di cassazione liquidate, per
l’intero, in euro 700,00 per compensi, oltre agli
accessori di legge e alle spese forfetarie, dichiarando
compensata la restante metà; dispone la distrazione delle
spese dei giudizi di merito in favore dell’Avvocato Felice
Astorino e quelle del giudizio di cassazione in favore
dell’Avvocato Brunella Candreva, per dichiarato anticipo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Vi – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

delle spese del primo giudizio di merito, liquidate in

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