Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22045 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 31/10/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 31/10/2016), n.22045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21336/2015 proposto da:

CANTIERE NAVALE DI AUGUSTA S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 142, presso l’avvocato CLAUDIO MISIANI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCO SPADARO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.P.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZA BONAVIRI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1350/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato M. SPADARO che si riporta per

l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato V. BONAVIRI che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il (OMISSIS) il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento di (OMISSIS) s.p.a..

Con ricorso in data 20-6-2013 la Cantiere Navale di Augusta s.p.a. avanzò una proposta di concordato, modificata il 24-9-2014 e infine supponente il pagamento in favore dei creditori della complessiva somma di Euro 5.000.000,00, comprese le somme acquisite all’attivo del fallimento alla data dell’omologazione.

Per le somme necessarie all’adempimento del concordato, si propose il versamento in quattordici rate semestrali consecutive di Euro 150.000,00 cadauna, a decorrere dal mese successivo a quello dell’omologazione, e un versamento finale, da effettuarsi entro il termine di dodici mesi decorrente dalla scadenza della suddetta rateazione, in misura pari alla concorrenza dell’importo necessario all’estinzione dell’obbligazione concordataria. Tale pagamento si previde che fosse garantito da fideiussioni da rilasciare e consegnare al momento della omologazione del concordato.

La proposta stabilì che le citate somme e quelle già acquisite all’attivo alla data dell’omologazione fossero destinate: (a1) al “pagamento integrale delle spese di giustizia (..) e di tutti i crediti in prededuzione (..) immediatamente dopo la pubblicazione del provvedimento di omologazione del concordato, impiegando le somme già acquisite all’attivo del fallimento”; (a2) al “pagamento dei creditori privilegiati secondo l’ordine delle cause legittime di prelazione”, da eseguire, “sino a concorrenza delle somme residue già acquisite all’attivo del fallimento, (..) immediatamente dopo la pubblicazione del provvedimento di omologazione del concordato (..)” e “per la residua parte”, con le somme da versare in adempimento della proposta “con la periodicità suindicata”; (a3) al pagamento dei creditori chirografari con le somme residue “dopo l’integrale soddisfacimento dei creditori di cui ai precedenti punti al e a2”, in una misura indicata in importo non inferiore al 20 % delle rispettive ragioni di credito, sempre con versamenti periodici nel senso di cui sopra.

Ottenuto il parere favorevole del comitato dei creditori e l’approvazione degli ammessi al voto, la ricorrente chiese l’omologazione del concordato, ma A.P.A., azionista della fallita, propose opposizione eccependo l’irregolarità della procedura.

Il tribunale di Siracusa negò l’omologazione in quanto la procedura dovevasi considerare viziata.

Secondo il tribunale, ai creditori privilegiati, stante la prevista dilazione di pagamento, avrebbe dovuto essere riconosciuto il diritto di voto e, in considerazione del connesso soddisfacimento non integrale, sarebbe stata necessaria altresì la relazione giurata di un professionista secondo il disposto della L. Fall., art. 124, comma 3.

Il reclamo della proponente veniva a sua volta rigettato dalla corte d’appello di Catania, salva una riduzione dell’ammontare della condanna al pagamento delle spese processuali della parte opponente.

Sinteticamente la corte d’appello riteneva che A. era da comprendere nel novero dei legittimati all’opposizione, tenuto conto dell’ampia dizione della L. Fall., art. 129, comma 2, facente riferimento a “qualsiasi altro interessato”. L’interesse doveva essere individuato alla stregua della nozione rinveniente nell’art. 100 c.p.c., e valutato in base alla mera prospettazione di parte, sicchè era infine da affermare in ragione della posizione di socio del predetto e delle eccepite irregolarità della procedura di concordato.

Riteneva poi non omologabile il concordato perchè il pagamento dilazionato dei privilegiati era da considerare come equivalente a una soddisfazione non integrale. Da questo punto di vista la procedura era stata inficiata dalla mancata partecipazione dei creditori privilegiati alle operazioni di voto e dalla mancanza della relazione dell’esperto designato dal tribunale ai sensi della L. Fall., art. 124, comma 3. Nè in simil guisa poteva essere seguita la prospettazione della reclamante, secondo cui, in base alle somme liquide già acquisite all’attivo e a quelle che sarebbero maturate alla data dell’omologazione, solo uno dei creditori privilegiati, Riscossione Sicilia s.p.a., non sarebbe stato soddisfatto immediatamente; e tale creditore, in quanto anche chirografario, era stato ammesso al voto e si era espresso favorevolmente alla proposta. Secondo la corte d’appello tale prospettazione era da considerare da un lato generica e, dall’altro, comunque infondata, giacchè Riscossione Sicilia s.p.a. aveva sì partecipato alle operazioni di voto, ma per la sola quota chirografaria del suo credito, non anche per la misura corrispondente alla perdita economica conseguente alla dilazione di pagamento quanto alla quota privilegiata. La corte distrettuale riteneva imputabile alla proponente, se non l’omissione relativa alle operazioni di voto dei privilegiati, sicuramente quella relativa alla richiesta di nomina del professionista, ai fini della relazione giurata di stima del valore dei beni e dei diritti oggetto di prelazione.

Contro il decreto della corte d’appello di Catania, depositato il 12-8-2015 e non notificato, la s.p.a. Cantiere Navale di Augusta ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.

A. ha replicato con controricorso.

Non ha svolto difese il fallimento.

La ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Coi primi quattro motivi, la ricorrente devolve la questione relativa alla legittimazione del socio azionista della fallita a opporsi all’omologazione del concordato.

In questa prospettiva denunzia nell’ordine:

– la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 105 c.p.c., L. Fall., art. 129, art. 2697 c.c.;

– la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e omesso esame di fatti decisivi;

– ancora la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 105 c.p.c., L. Fall., art. 129;

– la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..

Assume:

(i) che erroneamente la corte distrettuale aveva escluso di dover verificare in concreto la sussistenza dell’interesse ad agire;

(ii) che nessun effetto utile e giuridicamente apprezzabile poteva derivare al socio dal diniego di omologazione;

(iii) che le asserite irregolarità della procedura di concordato non potevano configurare l’interesse del socio, tenuto conto che nessun vantaggio economico, in rapporto al valore della quota sociale, poteva farsi discendere dalla liquidazione fallimentare rispetto a quella concordataria; e che anzi proprio il socio A. era stato separatamente attinto da iniziative giudiziarie, in sede penale e in sede civile, per condotte in danno della società e dei creditori;

(iv) che, escludendosi l’interesse e la legittimazione, errata doveva ritenersi la statuizione finale di condanna di essa ricorrente alle spese processuali.

2. – Coi restanti tre motivi di ricorso la società, relativamente questa volta al diniego di omologazione, lamenta nell’ordine:

(v) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 124 e 127, in quanto nessun diritto di voto dovevasi riconoscere ai creditori privilegiati, giacchè in favore di questi era stato semplicemente prospettato il pagamento dilazionato del credito, con maggiorazione dei corrispondenti interessi; e, nell’ambito del concordato fallimentare, giustappunto gli interessi e niente altro detti creditori, soggetti alle regole del fallimento, avrebbero potuto pretendere ai sensi della L. Fall., artt. 54 e 55; donde non era necessaria neppure la relazione giurata L. Fall., ex art. 124, comma 3;

(vi) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 127, e art. 1367 c.c., in relazione alla circostanza che al voto aveva comunque in effetti partecipato Riscossione Sicilia s.p.a., unico creditore privilegiato che, di fatto, sarebbe stato pagato con dilazione; e questo creditore aveva votato per la quota chirografaria del proprio credito approvando il concordato;

(vii) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 124 e 125, nella parte relativa alla ritenuta imputabilità a essa ricorrente dei vizi conseguenti alla mancata partecipazione dei creditori privilegiati alle operazioni di voto e al mancato deposito della relazione giurata, volta che invece non dalla proponente, ma dal giudice delegato, avrebbe dovuto essere verificata la necessità del voto e del deposito di relazioni di stima in base alla prescelta esegesi delle norme in materia.

3. – I primi quattro motivi di ricorso, esaminabili unitariamente perchè connessi, sono fondati.

Occorre premettere che il tema della legittimazione dell’azionista a opporsi all’omologazione del concordato è stato affrontato da questa corte, prima della riforma della legge fallimentare, in relazione solo al concordato preventivo.

In quell’occasione la corte ha affermato che il socio di una società di capitali – la quale abbia richiesto l’ammissione al concordato preventivo con cessione dei beni e a detta procedura sia stata ammessa – non ha nè interesse, nè legittimazione a proporre opposizione all’omologazione del concordato (Sez. 1^ n. 4919-95).

Il percorso argomentativo di quel precedente non è estensibile al problema che qui viene in esame, perchè si basa sul vincolo che per l’azionista dissenziente si determina in esito alla deliberazione assembleare della società in bonis, che abbia deciso di proporre il concordato.

E’ invece estensibile la premessa, che si attaglia perfettamente anche alla questione della legittimazione a opporsi all’omologazione del concordato fallimentare nel vigore delle nuove norme.

Tale premessa è che la legittimazione, desunta dall’espressione “qualsiasi interessato”, per quanto sia ampia la formula adoperata, evoca lo schema legale dell’art. 100 c.p.c..

In guisa conforme la corte d’appello ha ritenuto legittimato all’opposizione l’azionista a motivo del fatto che l’interesse andava radicato “nella sua posizione di socio (..) e nelle dedotte irregolarità della procedura di concordato”. Ha però aggiunto che in sede di valutazione dell’interesse all’opposizione, in quanto corrispondente all’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., non competeva una “valutazione in concreto (..) in ordine all’asserita convenienza della proposta concordataria”, tanto più che “anche in sede di esame (logicamente successivo) della fondatezza dell’opposizione (..) non è consentito un giudizio di convenienza”, ma unicamente “il controllo del rispetto della regolarità formale”.

L’argomentazione sostenuta dalla corte distrettuale è da questo punto di vista errata quando non manifestamente contraddittoria.

Se è vero che la L. Fall., art. 129, comma 2, nell’affermare che l’opposizione al giudizio di omologazione può essere proposta “da parte di qualsiasi interessato”, rinvia al concetto di interesse in funzione legittimante, altrettanto vero che l’interesse in questione è giuridico, e non di mero fatto.

L’interesse giuridico richiede sempre l’accertamento di una situazione giuridica e la prospettazione dell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (cfr. per tutte, quanto all’interesse ex art. 100 c.p.c., Sez. lav. n. 6749-12; Sez. 6^-L n. 2051-11; ma anche Sez. 3^ n. 1295207 e molte altre).

Questo perchè il processo – qualunque processo – non può essere utilizzato a tutela di posizioni solo teoriche che la parte ritenga corrette.

E allora, esattamente come per l’interesse ad agire, che identifica la concreta e attuale possibilità di perseguire un bene della vita attraverso il tipo di processo che viene in considerazione, in corrispondenza a una lesione dell’interesse protetto, la valutazione dell’interesse cui allude la L. Fall., art. 129, ai fini della correlata condizione di legittimazione all’opposizione, implica un accertamento in concreto.

Tale accertamento suppone che sia dedotta l’incidenza negativa del concordato, rispetto al fallimento, sulla situazione giuridica di cui l’opponente è titolare.

In altre parole, l’opponente, come del resto il creditore dissenziente, deve avere una ragione oggettiva per opporsi al concordato, dovendo risultare almeno in termini di postulazione rappresentato uno svantaggio per la posizione sostanziale, derivante dalla soluzione concordataria e non, invece, dal fallimento.

In questo senso non è vero che l’interesse si radica nella mera posizione di socio della fallita.

Nel dissesto, l’interesse dell’azionista si esprime, giuridicamente, nella pretesa di realizzare, attraverso la liquidazione, il valore della partecipazione.

Un simile interesse non pregiudicato (nè dal controricorso risulta che sia stato mai dedotto il contrario) dal fatto che l’esperienza fallimentare abbia a chiudersi tramite la procedura di concordato (L. Fall., art. 119).

Il concordato omologato, nella visione della riforma della legge fallimentare, generando una alternativa procedimentale al fallimento, si presta semmai a salvaguardare i valori economici e imprenditoriali potenzialmente compressi dalla gestione fallimentare. Sicchè la sottolineatura dell’essere l’opponente un azionista della fallita non ha proprio nessun rilievo.

4. – Può osservarsi che un’antica autorevole dottrina, ben vero rispetto al concordato preventivo, ha individuato la condizione legittimante nell’interesse dell’azionista alle sorti della società, al suo buon nome e, in definitiva, a una corretta soluzione della crisi. E a tale rilievo sembra ispirata l’ulteriore affermazione della pronuncia impugnata, per la quale l’interesse dell’ A. andava individuato nella posizione di socio “e nelle dedotte irregolarità della procedura di concordato”.

Neppure questa prospettazione può essere condivisa. L’interesse all’opposizione, individuato rispetto alle dedotte irregolarità della procedura, è un interesse di fatto. Individuare l’interesse giuridico a opporsi all’omologazione significa invece stabilire se il diritto sostanziale dell’azionista possa vantare la tutela giurisdizionale attuabile mediante il tipo di procedimento instaurato.

Questa condizione non può identificarsi nel mero potere di denunzia di situazioni procedimentali asseritamente irregolari, che il giudice dell’omologazione – v. la L. Fall., art. 129, comma 4 – è comunque chiamato a verificare d’ufficio.

L’impugnata decisione va dunque cassata nella parte in cui ha innanzi tutto ritenuto l’azionista di per sè legittimato a opporsi all’omologazione del concordato fallimentare.

5. – Vanno adesso esaminati i profili di censura in ordine al diniego dell’omologazione del concordato fallimentare.

Detti profili sono consegnati ai motivi dal quinto al settimo.

Invero la corte d’appello, confermando il decreto del tribunale, ha comunque negato l’omologazione in ragione di irregolarità della procedura suscettibili di essere riscontrate a prescindere dall’opposizione (L. Fall., art. 129, comma 4).

I motivi possono essere oggetto di esame unitario perchè connessi.

Deve essere rigettato il quinto motivo, mentre va accolto, per la ragione che segue, il sesto, con assorbimento del settimo.

6. – E’ necessario ricostruire i termini della questione da un punto di vista generale, per l’importanza che essa riveste nel panorama di riferimento.

Ed è rilievo preliminare che la L. Fall., art. 124, comma 3, e art. 127, comma 4, stabiliscono che la proposta di concordato fallimentare può prevedere la soddisfazione non integrale dei creditori muniti di diritto di prelazione e che, però, i creditori privilegiati, in tal caso, sono considerati per la parte residua del credito come chirografari.

I creditori vanno quindi ammessi al voto per tale porzione.

La riforma, anche a mezzo del decreto correttivo del 2007, non ha tuttavia esplicitamente risolto il problema della proposta di pagamento dilazionato dei crediti privilegiati.

Nella specie, come chiarito dalla corte distrettuale, era stato proposto un pagamento integrale non immediato, ma appunto dilazionato in quattordici rate semestrale e da completare entro un anno dall’ultima rateazione: dunque in otto anni.

La ricorrente assume che il pagamento dilazionato era peraltro comprensivo degli interessi legali, ciò sostenendo in base alla locuzione “integrale soddisfacimento” più volte adoperata nella proposta. E va qui osservato che sia il tribunale, sia la corte d’appello, per quel che emerge dalla motivazione del decreto impugnato, hanno ritenuto possibile addivenire a una simile interpretazione della proposta. Tuttavia entrambi i giudici del merito hanno reputato una simile evenienza non rilevante, giacchè la regola generale in materia è quella del pagamento non dilazionato dei privilegiati, per cui il pagamento con tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura è da considerare equivalente a una soddisfazione non integrale in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi normali, con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme loro spettanti.

Per tale motivo la corte d’appello ha ritenuto l’irregolarità della procedura, essendo mancata l’ammissione al voto dei privilegiati e non essendo stata acquisita la relazione giurata del professionista indicato nella L. Fall., art. 124, comma 3.

7. – Giuridicamente, la soluzione sostenuta dalla corte distrettuale è condivisibile in ordine alla premessa relativa all’impossibilità di assimilare il pagamento integrale e immediato al pagamento integrale ma dilazionato e con corresponsione degli interessi. Ed è giusto affermare che, nel secondo caso, i creditori privilegiati debbono poter partecipare al voto sulla proposta di concordato nei limiti della perdita consequenziale.

La ratio di simile conclusione sta in ciò: che il pagamento dilazionato importa comunque un sacrificio per i creditori muniti di privilegio, rispetto al quale, per quanto la dilazione di pagamento sia accompagnata dal decorso degli interessi di legge, non può il giudice sostituirsi al creditore al fine di vagliare la equivalenza rispetto al soddisfacimento derivante dal pagamento in danaro, integrale e immediato, del credito.

E’ addirittura ovvio sottolineare che, sul versante economico, il pagamento integrale e immediato consente al creditore di disporre prontamente della somma all’atto dell’omologazione, e di deciderne quindi ogni eventuale utilizzo, mentre il pagamento (integrale ma) differito, per quanto compensato dagli interessi, non solo non consente l’impiego totale della somma corrispondente al titolo ma espone, altresì, il creditore a un rischio supplementare di inadempimento del debitore prolungato nel tempo; al punto che, nel caso di specie, per la copertura di un tale rischio supplementare erano state previste apposite fideiussioni da consegnare al momento dell’omologazione.

D’altronde, giuridicamente, un pagamento integrale ma dilazionato, per quanto accompagnato dal computo di interessi, dà comunque luogo a un’ipotesi di ritardo nell’adempimento; e quindi non può essere considerato equivalente a quel pagamento – immediato e integrale – che identifica, invece, l’adempimento in senso stretto. Dal punto di vista civilistico il ritardo nell’esecuzione della prestazione dovuta costituisce ipotesi di inesatta attuazione del rapporto obbligatorio, salvo che non risulti legittimato dall’accordo del creditore.

In simile contesto, quanto sostenuto dalla corte d’appello resiste alle censure svolte col quinto motivo di ricorso.

8. – Per converso la tesi sostenuta dalla corte d’appello non è corretta nel profilo attinente alla ritenuta necessità di deposito, in casi simili, anche della relazione giurata del professionista.

E tanto va puntualizzato sempre nel contesto di principi che rilevano.

Il pagamento integrale ma rateizzato, anche se accompagnato dalla corresponsione degli interessi, comportando un sacrificio della posizione del creditore privilegiato, giustifica – come detto – la necessità di garantire la sua partecipazione al voto. Non giustifica invece, per difetto di ratio, la necessità di acquisire la relazione del professionista cui fa riferimento la L. Fall., art. 124, comma 3.

L’incombente in questione è da correlare alla necessità di stabilire “il valore di mercato” attribuibile ai beni o ai diritti soggetti alla causa di prelazione, al fine di assicurare che la soddisfazione del creditore avvenga nella misura comunque pari (o superiore) a ciò che sarebbe ottenibile dalla liquidazione del bene o del diritto.

In pratica, la relazione giurata del professionista designato dal tribunale è funzionale alla verifica di un valore che consenta di determinare la misura di soddisfazione del credito presumibilmente realizzabile in caso di liquidazione dei beni e dei diritti, quale limite minimo suscettibile di essere previsto nella proposta di concordato. Essa non assume alcuna rilevanza quando il proponente abbia confezionato la proposta prevedendo il pagamento del credito in conformità del titolo ma con semplice dilazione. In tal caso la misura del soddisfacimento non è legata al valore dei beni o dei diritti suscettibili di liquidazione, ma molto più semplicemente all’incidenza del decorso del tempo, per cui ogni valutazione al riguardo, in vista del successivo computo delle maggioranze, può essere effettuata dagli organi della procedura.

9. – Sennonchè, chiarito nei termini esposti il quadro dei principi, è essenziale considerare che nel caso di specie il decreto, dopo aver affermato che non era stata assicurata la partecipazione al voto dei creditori privilegiati (affermazione non censurata), ha altresì dato conto che la proponente aveva eccepito l’esistenza di un solo creditore privilegiato, Riscossione Sicilia s.p.a., destinatario dell’ipotesi del pagamento con dilazione. Ciò sulla base delle disponibilità liquide esistenti e di quelle che sarebbero maturate alla data prevista di omologazione.

La valutazione che la corte d’appello ha dato di simile circostanza è del tutto carente e si traduce in una falsa applicazione dei principi in materia di omologazione.

Se in effetti il pagamento dilazionato aveva avuto riguardo, rispetto all’ammontare delle somme già riscosse al momento della domanda di omologazione, a un solo creditore, unicamente per questo si sarebbe dovuta effettuare la verifica della sussistenza del pregiudizio economico nel senso di cui alle considerazioni innanzi svolte.

La corte d’appello ha liquidato la questione dicendo che la cosa era irrilevante, perchè il creditore suddetto aveva sì partecipato al voto, ma in veste di chirografario, mentre avrebbe dovuto parteciparvi per la quota chirografaria del credito privilegiato.

L’affermazione non soddisfa minimamente l’onere di motivazione e appare, anzi, priva di costrutto, in quanto, ai fini specifici della verifica del rispetto della procedura, ciò che rilevava era appunto che quel creditore fosse stato messo nelle condizioni di esprimere un voto contrario alla proposta. Tale possibilità avrebbe infatti consentito di esprimere il voto anche in relazione alla parte del credito la cui soddisfazione dovevasi ritenere non integrale per effetto della dilazione.

In questi termini la corte d’appello ha omesso di accertare un fatto decisivo: se, cioè, come puntualmente dedotto, solo il creditore Riscossione Sicilia fosse stato da annoverare tra i privilegiati da pagare con dilazione. In ipotesi affermativa, non si sarebbe potuta negare l’omologazione volta che la stessa corte ha detto – in conformità alla deduzione della reclamante – che tale creditore aveva partecipato al voto al quale era stato comunque chiamato (come chirografario).

La sua manifestazione di voto sarebbe stata da considerare, in tal caso, equivalente all’approvazione integrale, per effetto del previsto meccanismo di silenzio assenso.

Difatti la circostanza che il creditore sia stato chiamato al voto basta a dire che il diritto di esprimersi contro la proposta sia stato assicurato anche in relazione al credito privilegiato da considerare non interamente soddisfatto, e quindi per la parte residua corrispondente alla perdita rispetto alla quale egli è da considerare ai fini del voto (L. Fall., art. 127, comma 4).

10. – Resta assorbito il settimo motivo.

Il decreto della corte d’appello di Catania va cassato in relazione ai motivi accolti.

Può essere in generale fissato il seguente principio: “anche in materia di concordato fallimentare la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, per cui l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura fallimentare equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione del ritardo, rispetto ai tempi ordinari del fallimento, con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme spettanti; ne deriva che, una volta determinata in misura percentuale l’entità di tale perdita, la partecipazione al voto dei creditori privilegiati, ai sensi della L. Fall., art. 124, comma 4, resta determinata entro la detta misura e non si estende all’intero credito munito di rango privilegiato”.

Alla cassazione consegue il rinvio alla medesima corte d’appello, diversa sezione, la quale si uniformerà al citato principio e agli altri complessivamente affermati, così da effettuare i conferenti accertamenti di fatto. Essa provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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