Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22042 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 23/03/2017, dep.22/09/2017),  n. 22042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5251-2015 proposto da:

IL SALOTTO DI URBANO III SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo

liquidatore Sig. P.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA A. RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

RICCARDI, rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA ORNELLA ALBA

SOLDANO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA già UGF ASSICURAZIONI SPA, in persona

del suo legale rappresentante ad negotia Dott. SERGIO GINOCCHIETTI,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRATILO DI ATENE 31, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICO VIZZONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCA MARCO TODESCHINI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2514/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera dì consiglio del

23/03/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

Fatto

I FATTI DI CAUSA

La società Il salotto di Urbano III s.r.l. stipulò una polizza assicurativa denominata “Protezione Commercio” per coprire il rischio legato al verificarsi del danno da furto e incendio nei suoi quattro esercizi commerciali, tramite il broker Domina Servizi Assicurativi s.r.l., con la compagnia Navale Ass.ni. s.p.a.

Nel contratto era inserita una clausola espressa in cui l’assicurato dichiarava che negli ultimi tre anni non aveva subito danni coinvolgenti beni o rischi assicurati con la polizza, della quale l’assicurata rilasciò la richiesta specifica sottoscrizione.

A fronte del verificarsi di due furti, a carico di due dei quattro esercizi commerciali assicurati, l’assicuratore rifiutava il pagamento dell’indennizzo e comunicava la sua intenzione di recedere dal contratto.

La società danneggiata evocava in giudizio la compagnia di assicurazioni, la quale contestava di dovere corrispondere l’indennizzo, eccependo che la situazione legittimasse l’annullamento del contratto ex art. 1892 c.c., per aver l’associata sottaciuto, con dolo o colpa grave, i sinistri precedenti alla stipula. Non è contestato, infatti, che uno dei quattro esercizi inclusi nel contratto di assicurazione avesse subito nei mesi precedenti alla stipula della polizza ben tre furti, non dichiarati dalla assicurata.

Nell’assunto della società Il salotto di Urbano III, tale circostanza non venne dichiarata perchè era circostanza nota al suo broker, che le avrebbe garantito la volontà della nuova compagnia di assicurazioni di sottoscrivere il contratto nonostante ciò.

Il tribunale di Milano rigettava la domanda dell’assicurata, ritenendo che la mancata indicazione dei furti pregressi fosse frutto di dolo dell’assicurato, e la condanna, oltre che al pagamento delle spese di lite, anche ex art. 96 c.p.c..

Il rigetto della domanda dell’assicurata viene confermato in appello. La corte d’appello precisa che, da un lato, era onere dell’assicurata leggere il contenuto delle clausole che andava a sottoscrivere e, inoltre, che una circostanza così rilevante come l’aver subito ben tre furti pochi mesi prima della sottoscrizione del nuovo contratto di assicurazione in uno degli esercizi commerciali che andava ad assicurare era circostanza così rilevante che l’assicurata sarebbe stata in ogni caso tenuta, secondo buona fede, di sua iniziativa, a comunicarla all’assicuratore, anche ove non le fosse stato espressamente richiesto di comunicare se aveva subito furti nei tre anni precedenti Il salotto di Urbano III s.r.l. propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi ed illustrato da memoria, nei confronti di UGF Ass.ni s.p.a. per la cassazione della sentenza n. 2514/2014 depositata dalla Corte d’Appello di Milano in data 30.6.2014.

Resiste Unipolsai Ass.ni s.p.a. (già -UGF) con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’assicurata denuncia la violazione dell’art. 1892 c.c., nonchè dell’art. 166 codice sulle assicurazioni private.

In definitiva denuncia che la compagnia assicurativa dapprima abbia comunicato la propria intenzione di recedere dal contratto, mentre poi, in causa, ha chiesto l’annullamento di esso, senza peraltro provare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1892 c.c., ovvero l’esistenza di una dichiarazione inesatta o reticente, resa con dolo o colpa e reticenza determinate.

Sostiene che non le fosse stata evidenziata l’importanza della clausola che andava a sottoscrivere e che non le fosse stato fatto sottoscrivere un questionario sullo stato del rischio nella zona, e che la sentenza non conteneva la valutazione se la reticenza fosse stata determinante ai fini della formazione del consenso o incidente, perchè il consenso si sarebbe ugualmente raggiunto ma a diverse condizioni.

Il motivo è infondato.

La sentenza motiva sul punto ampiamente, affermando che senz’altro integra colpa grave il comportamento dell’assicurato che firmi senza leggere, aggiunge che il contenuto della clausola era chiaro e per il suo tenore sostituiva la ricognizione del rischio e inoltre che l’aver subito ben tre furti, da poco tempo e a distanza ravvicinata, fosse di per sè circostanza di tale incidenza che la assicurata avrebbe comunque e di sua iniziativa dovuto esplicitarla, anche a prescindere dall’esistenza dì una apposita clausola, per tenere un comportamento secondo buona fede.

Con il secondo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1337,1375 e 2727 c.c., per erronea applicazione dei principi di diritto in tema di rappresentanza apparente e per aver respinto la richiesta di chiamata in causa del broker e l’ammissione delle prove.

Sostiene che non le è stato consentito di provare la conoscenza dei furti progressi in capo al broker che le ha fatto sottoscrivere la polizza, la cui conoscenza, nella sua ricostruzione, avrebbe dovuto trasferirsi in capo all’impresa assicuratrice secondo il principio della rappresentanza apparente.

Il motivo è del tutto infondato, in quanto il broker assicurativo è soggetto del tutto indipendente ed autonomo rispetto alle società di assicurazioni, nei confronti delle quali, e dei clienti, svolge solo una funzione di intermediario, al di fuori di qualsiasi rapporto di subordinazione o di parasubordinazione (e in questa posizione di autonomia ed equidistanza da entrambe le parti contrattuali si caratterizza la posizione del broker, che è sostanzialmente un mediatore.

L’eventuale conoscenza, da parte del broker, di condizioni personali di rischio del cliente da questi non esplicitate e che avrebbero indotto la società assicuratrice a non concludere il contratto, ove conosciute, non si trasferisce sulla società assicuratrice, non essendo qualificabile il rapporto in termini di mandato con rappresentanza, nè di agenzia. Essa non esime l’assicurato dall’obbligo di rendere una chiara e completa dichiarazione in merito nè rileva ai fini dell’esenzione di questi da conseguenze pregiudizievoli, quali l’esclusione dell’operatività della polizza, se, come nella specie, occulti o non dichiari circostanze rilevanti o dichiari il falso in merito al suo profilo di rischio.

Il fatto che il broker non abbia richiamato l’attenzione del cliente sul contenuto e sulla rilevanza della singola clausola (ovvero che, come sostiene la ricorrente, l’abbia addirittura rassicurata sulla volontà dell’assicuratrice di concludere comunque il contratto) può rilevare in una eventuale azione di risarcimento danni tra l’assicurato e il suo mediatore assicurativo, per violazione degli obblighidi lealtà di questo, ma non incide sulla facoltà della compagnia di assicurazioni di rifiutare il pagamento dell’indennizzo a fronte di dichiarazione mendace.

Le censure svolte dunque non sono pertinenti alla posizione della compagnia di assicurazioni, ma piuttosto ad una eventuale responsabilità della broker. Non è neppure stato dedotto chiaramente in causa che la assicurata, sottoscrivendo la polizza fornitale alla broker per conto della Navale Assicurazioni, ritenesse in realtà di aver di fronte un agente o un rappresentante della Navale Ass.ni. Tale ricostruzione – appena abbozzata in termini di rappresentanza apparente è del resto smentita dalle altre circostanze esposte dalla stessa assicurata, che si era già in precedenza servita della broker per altre polizze e quindi ben conosceva la sua indipendenza rispetto alla nuova compagnia di assicurazioni. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza perchè si fonda su una clausola – la n. 4.1. – della quale deduce la nullità.

Il motivo è manifestamente infondato per come è strutturato, atteso che una nullità processuale non può essere determinata dall’erroneo apprezzamento da parte del giudice di un profilo sostanziale quale la validità o meno dì una clausola del contratto.

Si aggiunga che in memoria la ricorrente fa presente di aver vinto la separata causa intentata contro il broker, che è stato condannato a risarcirle i danni conseguenti al non aver potuto fruire dell’indennizzo (ma successivamente è fallito), e solo in memoria introduce esplicitamente un profilo di responsabilità ex art. 2049 c.c., della società di assicurazioni per fatto illecito del proprio agente, del tutto inammissibile perchè – al di là delle considerazioni sopra svolte in ordine alla della autonomia della figura del broker assicurativo a fronte del rapporto di parasubordinazione che lega agente e preponente – trattasi di questione nuova.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Liquida le spese del presente giudizio in favore della controricorrente in complessivi Euro 3.800,00, oltre 200,00 Euro per esborsi, accessori e contributo spese generali al 15%.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di cassazione, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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