Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22040 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 31/10/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 31/10/2016), n.22040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18465-2014 proposto da:

COOP ITALIA S.C., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA B. CAIROLI 6, presso

l’avvocato PIERO GUIDO ALPA, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati SALVATORE PALMIRO FRONTE, ROBERTO MARTINI, UMBERTO

D’AUTILIA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.S., G.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CARLO PASSAGLIA, 11, presso l’avvocato VALENTINO SIRIANNI,

rappresentati e difesi dall’avvocato CATERINA MALAVENDA, giusta

procure in calce al controricorso;

C.B., e ESSELUNGA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CIRO MENOTTI 24, presso l’avvocato MAURIZIO FERRI, rappresentati e

difesi dagli avvocati FRANCESCO DENOZZA, SARA BIGLIERI, VINCENZO

MARICONDA, giusta procure a margine del controricorso;

MARSILIO EDITORI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI DUE MACELLI 47,

presso l’avvocato PAOLO TODARO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MATTEO DE POLI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1466/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

uditi, per la ricorrente, gli Avvocati P.G. ALPA e U. D’AUTILIA che

hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

uditi, per i controricorrenti C. +1, gli Avvocati S. BIGLIERI e

F. DENOZZA che hanno chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;

udito, per la controricorrente MARSILIO, l’Avvocato M. DE POLI che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso COOP

ITALIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La Coop Italia ha convenuto in giudizio C.B., G.A., F.S. e le società Esselunga e Marsilio Editore e ne ha chiesto la condanna, in solido, al risarcimento dei danni, a norma dell’art. 2043 c.c. e art. 2598 c.c., nn. 2 e 3, lamentando di essere stata diffamata e di avere subito concorrenza sleale per denigrazione, scorrettezza professionale e pubblicità ingannevole, in relazione al libro, edito da Marsilio, distribuito e pubblicizzato da Esselunga, intitolato (OMISSIS) – Le mani sulla spesa degli italiani, scritto dal C., con prefazione dell’economista A. e appendice del giornalista F., con il quale l’autore aveva inteso sferrare un atto di accusa nei confronti della Lega delle Cooperative, e in relazione alla campagna mediatica che ne era seguita (con la pubblicazione di articoli di stampa, la partecipazione dell’autore a trasmissioni televisive ecc.).

Ad avviso di Coop Italia, il libro del C., da anni in competizione con la Lega delle Cooperative, presentava un contenuto diffamatorio e anticoncorrenziale: accusava le Coop di appartenere a una loggia politica e affaristica che garantiva loro favori economici e finanziari, grazie alla protezione dei partiti e delle amministrazioni locali di un determinato orientamento politico; di avere creato un monopolio nella distribuzione commerciale; di avere impedito l’espansione dei concorrenti; di beneficiare di un trattamento fiscale favorevole e di essere un’impresa inefficiente e non vantaggiosa per i consumatori. Inoltre, il libro conteneva una prefazione, a firma dell’economista A., il quale esprimeva considerazioni critiche con riferimento al mercato della grande distribuzione, alla difficile concorrenza tra imprese cooperative e imprese lucrative e al regime fiscale agevolato di cui le prime beneficiavano, e un’appendice del giornalista F., il quale si soffermava sulla posizione di preminenza delle cooperative, favorita anche dalla loro struttura societaria e dal particolare regime fiscale.

2.- Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda di accertamento dell’illecito diffamatorio, ritenendo applicabile l’esimente dell’esercizio del diritto di critica e della libera manifestazione del pensiero, a norma degli artt. 21 e 9 Cost. e art. 51 c.p., e ha accolto quella relativa all’illecito concorrenziale.

3.- La Corte d’appello di Milano, con sentenza 9 maggio 2014, in accoglimento del gravame di C. ed Esselunga, ha rigettato le domande di Coop Italia.

Per quanto ancora interessa, la Corte ha premesso che anche Coop Italia era destinataria del messaggio trasmesso dal libro, come dimostrato dai numerosi riferimenti al sistema delle Coop, di cui Coop Italia era il vertice, nonchè dalla prefazione di A. e dall’appendice di F., e che vi era un rapporto di concorrenza tra Coop ed Esselunga e nei confronti di C. (fondatore di Esselunga), A. e F., da intendersi come soggetti interposti nell’illecito concorrenziale; quindi, ha ritenuto non “ragionevolmente contestabile l’idoneità lesiva del libro” ma, al contempo, applicabile la scriminante dell’esercizio del diritto di critica, ravvisandovi non un’opera o inchiesta giornalistica, ma un’opera artistico-letteraria o un’opera avente una duplice natura, in cui prevaleva l’affermazione di ideali e valori che l’autore intendeva trasmettere. Secondo la Corte, nel libro mancava un intento informativo, prevalendo l’esigenza della narrazione, anche autobiografica, in forma semplificata e funzionale all’espressione di una personale riflessione critica sulla nascita e la storia di Esselunga, in relazione a quella della Coop; di conseguenza, ha ritenuto applicabili all’esercizio del diritto di critica limiti meno stringenti, con riguardo ai parametri della utilità sociale, veridicità dei fatti narrati e continenza della narrazione, tutti ritenuti sussistenti; infatti, il C. aveva espresso un giudizio critico personale, orientato e percepibile dai lettori, fondato su fatti vissuti in prima persona, quantomeno verosimili – come benefici fiscali, le varie forme di finanziamento e favori concessi alle Coop dalle amministrazioni locali – con toni vivaci, aspri e ruvidi, ma anche con ironia e modalità non sproporzionate, su un tema generale riguardante il sistema delle Coop – che apparteneva da tempo al dibattito politico ed economico. Di conseguenza, ha ritenuto configurabile la scriminante dell’esercizio del diritto di critica, in relazione ad entrambi gli illeciti contestati: sia a quello diffamatorio, sia a quello concorrenziale, in considerazione dell’attitudine anticoncorrenziale dei messaggi contenuti nel libro.

In particolare, con riguardo a quest’ultimo aspetto, secondo la Corte, il fatto che uno degli autori dell’attività lesiva denunciata fosse un imprenditore (Esselunga) non era sufficiente per escludere l’applicabilità della predetta scriminante, la quale è configurabile quando l’attività lesiva sia espressione di una critica che – come nel caso in esame – si inserisca in un dibattito di interesse pubblico. Inoltre, doveva essere esclusa la prospettata finalità anticoncorrenziale del libro, sotto il profilo della denigrazione della concorrente Coop Italia (art. 2598 c.c., n. 2), anche perchè il messaggio critico contenuto nel libro nulla aveva a che vedere con i prodotti commercializzati da Coop e da Esselunga e perchè mancava la prova dello storno dell’altrui clientela e dell’esistenza di effettive perdite economiche. Infine, nel comportamento di C.-Esselunga era ravvisabile una reazione giustificabile come legittima difesa, quantomeno putativa, rispetto alle offese arrecate da Coop.

4.- Avverso questa sentenza Coop Italia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui si sono opposti C.B., G.A., F.S., Esselunga e Marsilio Editore. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso, Coop Italia imputa alla Corte di merito violazione e falsa applicazione dell’art. 21 Cost., art. 51 c.p., art. 2598 c.p.c., n. 2, artt. 2599 e 2560 c.c., per avere esteso all’illecito concorrenziale per denigrazione l’esimente del legittimo esercizio del diritto di critica, la quale, invece, non potrebbe trascendere in atti di concorrenza sleale, a nulla rilevando che essa si realizzi tramite la pubblicazione e la diffusione di opere asseritamente artistiche o letterarie; inoltre, sarebbe erronea l’affermazione secondo la quale la fattispecie concorrenziale in esame sarebbe configurabile in concreto soltanto in presenza di un storno della clientela, rilevando invece anche soltanto il discredito nei confronti dei prodotti o, alternativamente, dell’attività del concorrente, essendo la concorrenza sleale denigratoria volta a reprimere comportamenti anche solo potenzialmente dannosi per l’altrui azienda, al fine di consentire una competizione sul mercato che premi l’efficienza.

2.- I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sul presupposto che la ricorrente non avrebbe impugnato l’autonoma ratio decidendi concernente la valutazione del libro di C. come un’opera artistico-letteraria, costituente espressione della manifestazione del suo pensiero critico, con la conseguenza che non sarebbe più possibile contestarne l’effetto scriminante rispetto alla fattispecie illecita della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c., n. 2.

L’eccezione non coglie nel segno. Se è vero che non ha censurato specificamente la ratio concernente la natura artistico-letteraria del libro, la ricorrente ha però contestato l’effetto scriminante che i giudici di merito hanno collegato alla manifestazione del pensiero critico dell’autore al fine di escludere la configurabilità, in concreto, dell’illecito anticoncorrenziale dedotto a norma dell’art. 2598 c.c., n. 2 stante il rapporto concorrenziale tra Coop ed Esselunga ravvisato dagli stessi giudici (anche nei confronti dei soggetti considerati interposti). In tal modo, la ricorrente ha investito ritualmente questa Corte della questione della conformità a diritto della relativa statuizione di rigetto della domanda di Coop Italia di accertamento della concorrenza sleale per denigrazione.

3.- Preliminarmente, è necessario correggere due affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, erronee in diritto.

3.1.- La prima, secondo la quale l’illecito concorrenziale di cui all’art. 2598 c.c. (soprattutto con riguardo all’ipotesi di cui al n. 2) si perfezionerebbe solo attraverso la produzione di un pregiudizio attuale al patrimonio dell’impresa concorrente, mentre è sufficiente anche solo il pericolo di un danno concorrenziale, inteso come difficoltà di mercato potenzialmente arrecata all’altrui imoresa, sia dal lato della clientela (per la possibile perdita di essa, nonchè dei fornitori e finanziatori), sia dal lato dell’organizzazione aziendale (per la sfiducia dei dipendenti), essendo sufficiente l’idoneità della condotta di un concorrente ad arrecare pregiudizio all’altro, pur in assenza di un danno attuale (v. Cass., n. 1259/1999, n. 10416/1998; sez. un., n. 12103/1995).

La seconda, in base alla quale la concorrenza sleale per denigrazione sarebbe configurabile esclusivamente nel caso in cui le notizie e gli apprezzamenti diffusi tra il pubblico riguardino i prodotti dell’impresa concorrente, mentre possono avere ad oggetto anche circostanze od opinioni inerenti in generale l’attività di quest’ultima, la sua organizzazione o il modo di agire dell’imprenditore nell’ambito professionale, la cui conoscenza da parte dei terzi risulti comunque idonea a ripercuotersi negativamente sulla considerazione di cui l’impresa gode presso consumatori, dovendosi apprezzare, ai fini della potenzialità lesiva delle denigrazioni, l’effettiva diffusione tra un numero indeterminato (od una pluralità) di persone e il contenuto diffamatorio degli apprezzamenti stessi (v. Cass. n. 18691/2015).

I predetti errori di diritto non scalfiscono, però, la conclusione cui è pervenuta la Corte milanese.

4.- La tesi su cui poggia il motivo in esame è che la concorrenza sleale denigratoria sia configurabile anche quando siano divulgati fatti veri ma in maniera tendenziosa e scorretta nei confronti dell’impresa concorrente, come sarebbe dimostrato dall’accertamento contenuto nella sentenza impugnata circa l’idoneità lesiva o la portata offensiva di alcuni passaggi del libro.

4.1.- Si deve premettere che, come da tempo chiarito in giurisprudenza, il diritto di critica può anche configurarsi quale strumento di lotta commerciale, ma il suo ambito di applicazione si restringe in funzione dell’art. 2598 c.c., che al n. 2 qualifica come atti di concorrenza sleale, quindi illeciti, la diffusione di “notizie e apprezzamenti…sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito” (v. Cass., sez. 5 penale, n. 42029/2008 e n. 5945/1982). La critica (alla quale appartiene, in senso lato, anche la pubblicità) commerciale, esercitata da un’impresa nei confronti di un’altra, ha quale obiettivo un fine privato, quello di fare risaltare la bontà dei propri prodotti, anche a scapito di quelli altrui, e di promuovere comportamenti e modelli da imitare nell’attività quotidiana, ma non può mai trascendere in atti di concorrenza sleale. L’una costituisce espressione della libertà di iniziativa economica, che è tutelata dall’art. 41 Cost. solo in quanto non si ponga in contrasto con l’utilità sociale; l’altra, cioè la critica esercitata al di fuori del rapporto concorrenziale tra le imprese, è espressione della libera manifestazione del pensiero, che è tutelata dagli artt. 9, 21 e 33 Cost. (v. Cass. n. 4183/2001, n. 12993/1999).

Se non è dubbio che la divulgazione di notizie e apprezzamenti falsi nei confronti dell’impresa concorrente di per sè, screditante e perciò ricade nell’ambito applicativo dell’art. 2598 c.c., n. 2 ad un’analoga conclusione è pervenuta una risalente giurisprudenza di legittimità anche nel caso in cui le notizie e gli apprezzamenti siano veritieri (cioè lo siano le circostanze e i fatti divulgati sui prodotti e l’attività del concorrente) ma la divulgazione venga effettuata in maniera subdola o tendenziosa, sì da implicare comunque discredito e pregiudizio per l’azienda dell’imprenditore concorrente (v. Cass. n. 2020/1982, n. 2692 e 2931/1978).

A quest’ultimo orientamento si è obiettato, in dottrina, che lo scopo della norma non può essere quello di tutelare il credito immeritato di cui un imprenditore gode e che, quindi, dovrebbe considerarsi lecita, dal punto di vista concorrenziale, la diffusione delle notizie vere, anche se il contenuto di esse possa obiettivamente determinare il discredito di un concorrente. Questa obiezione è in parte condivisibile e trova un supporto nell’art. 10 bis della Convenzione d’Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, che considera illecite le “asserzioni false nell’esercizio del commercio”. Se la disciplina della concorrenza sleale ha come obiettivo quello di contribuire alla realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale, nel quale il consumatore possa muoversi in modo consapevole e informato, è chiaro che le informazioni veritiere non possono considerarsi illecite.

La ragione di fondo dell’orientamento giurisprudenziale sopra menzionato era di impedire che la concorrenza assumesse caratteristiche di eccessiva aggressività e rissosità. Questa ragione è ancora attuale, ma è necessario precisare che, in presenza di notizie e apprezzamenti veritieri sui prodotti e sull’attività del concorrente, un illecito concorrenziale, a norma dell’art. 2598 c.c., n. 2, è ravvisabile solo quando e negli stretti limiti in cui siano contestualmente formulate vere e proprie invettive e offese del tutto gratuite nei confronti del concorrente, che traggano cioè mero spunto o pretesto nella diffusione delle notizie veritiere.

4.2.- Venendo alla fattispecie concreta, il primo motivo del ricorso in esame è inammissibile.

La ricorrente, benchè nelle premesse del motivo, al fine di rispettare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, abbia annunciato l’intento di trascrivere le parti del libro contestate, non solo non lo ha fatto nella successiva esposizione del motivo stesso, ma non ha dedotto la falsità dei fatti narrati nel libro che non ha neppure specificamente indicato, tanto più che, come si è detto (v. supra p. 4.1), qualora siano divulgati fatti veri o di cui non sia specificamente contestata la falsità, la concorrenza sleale per denigrazione può essere configurata solo nei casi, del tutto residuali, in cui il pensiero critico e i giudizi espressi trasomodino in vere e proprie invettive gratuite nei confronti dell’impresa concorrente. Inoltre, essa non ha precisato (nell’esposizione del motivo) quali sarebbero le affermazioni o i giudizi ritenuti intrinsecamente offensivi rispetto all’attività e alla posizione delle Coop nel contesto economico e politico italiano. La conclusione non può che essere l’inammissibilità del motivo, per difetto del requisito di specificità (art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6).

5.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 111 Cost., artt. 112 e 345 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 2044 c.c., nonchè motivazione perplessa nella parte relativa alla legittima difesa che avrebbe determinato il C. a reagire ad un presunto assedio subito per la cessione di Esselunga alla Coop, rispetto alla quale non sarebbe possibile comprendere se la sentenza impugnata abbia accolto l’eccezione della controparte o su quali fatti e circostanze l’abbia fondata; inoltre, la Corte d’appello avrebbe esaminato la relativa eccezione benchè introdotta tardivamente da C.-Esselunga solo nel giudizio d’appello e benchè infondata, mancando i presupposti costitutivi della legittima difesa.

5.1.- Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata ha rigettato la domanda proposta da Coop contro i convenuti per concorrenza sleale denigratoria, sulla base di due diverse rationes, autonomamente idonee a sorreggere la decisione: la prima consiste nell’avere applicato l’esimente del diritto di critica, con l’effetto di legittimare l’attività astrattamente anticoncorrenziale realizzata con la pubblicazione del libro; la seconda nell’avere applicato anche l’esimente della legittima difesa, prevista dall’art. 2044 c.c. anche agli effetti della responsabilità civile, avendo considerato il libro di C. come una reazione difensiva ad offese arrecategli dalla Coop.

La censura relativa alla seconda ratio, che è oggetto del secondo motivo in esame, non sarebbe comunque idonea a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, la quale rimarrebbe fondata sull’altra ratio, ormai definitiva, essendo inammissibile il primo motivo di ricorso per cassazione.

6.- In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Le spese del presente giudizio possono essere compensate, in considerazione della complessità delle questioni discusse in causa.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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