Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2204 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13195-2020 proposto da:

M.A., anche quale difensore di se stesso, elettivamente

domiciliato in ROMA alla VIA SANTAMAURA 72, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE SALACCHI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRO TUROLLA, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

F. F.LLI METALMECCANICA S.N.C. DI P.F. E C.,

F.L., F.C., F.P., Z.A.

(O AN.).

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 1925/2020 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata

il 9/3/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

14/12/2021 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

Lette le memorie depositate dal ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avvocato M.A. ha convenuto in giudizio la F. F.lli Metalmeccanica s.n.c. di P.F. e C. e i suoi soci F.L., F.C., F.P., Z.A. (o An.), dinanzi al Tribunale di Padova, per la liquidazione del compenso, relativo all’assistenza giudiziale prestata nel procedimento promosso contro la Banca Padovana società cooperativa, quantificato in 25.072,17 Euro.

Il Tribunale di Padova, con ordinanza n. 1925 del 09/03/2020, ha rigettato il ricorso ritenendo che il procedimento civile promosso con il patrocinio dell’Avv. M. non aveva portato ad alcun esito favorevole per i clienti e che il valore della causa indicato dall’Avv. M. in 418.918,96 Euro fosse errato. Secondo il Tribunale, dalla consulenza di parte del 02/01/2010, predisposta nel giudizio nel quale il difensore aveva prestato la sua attività in favore dei convenuti, risultava il minore importo di 198.918,96 Euro, per cui la richiesta del ricorrente non era fondata, in quanto gli acconti già versati dai clienti corrispondevano a quanto effettivamente spettante al professionista. Ad avviso del Tribunale, il documento del 20/04/2016 riportante in epigrafe l’annotazione “Valore 418.918,96 Euro” non poteva valere quale riconoscimento di debito perché i clienti lo avevano sottoscritto al solo fine di autorizzare il M. a chiedere la distrazione delle spese, e quindi non con l’intenzione di riconoscere l’esistenza di un proprio debito.

Avverso l’ordinanza del Tribunale di Padova propone ricorso per cassazione l’Avv. M.A. sulla base di tre motivi di ricorso, illustrati da memorie.

Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, del combinato disposto dell’art. 112 c.p.c., e degli artt. 1460 e 2233 c.c. e si chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Padova per esser stata assunta ultra petitum ed extra petita, non avendo la società e i soci contestato la debenza né il quantum del compenso, e non sussistendo nel caso di specie i presupposti della completa inutilità per inadempimento professionale delle prestazioni effettuate per le quali è stato richiesto il compenso.

Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione al combinato disposto dell’art. 212 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., degli artt. 10 e 14 c.p.c. e della L. n. 247 del 2012, art. 5, n. 2 (determinazione della controversia) come integrata dal D. 10 marzo 2014, n. 53, modificato dal D.M. giustizia 8 marzo 2018, n. 37, e si contesta che il Tribunale ha violato il principio secondo cui il valore della causa si determina in base a tutte, e non solo ad una parte, le domande proposte nello stesso processo.

Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione di legge e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del combinato disposto dell’art. 1720 c.c. e degli artt. 10,14,93,112 e 116 c.p.c. Nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, radicale carenza o mera apparenza della motivazione e si contesta che il Tribunale non ha operato una valutazione complessiva del materiale probatorio, ed ha fatto derivare da intendimenti occulti delle controparti conseguenze giuridiche non giustificate rispetto alle prove, non avendo esplicitato la ratio decidendi della sua decisione con conseguente radicale carenza o mera apparenza della motivazione.

In via preliminare, occorre precisare che il ricorrente, in data 01/09/2020, ha depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso nei confronti dell’intimato F.R., attesa la mancata notifica del ricorso nei suoi confronti, e ciò tenuto conto del carattere scindibile delle cause aventi ad oggetto obbligazioni solidali, quale quella dedotta in giudizio, che non implicava anche rinuncia alla domanda avanzata verso gli altri condebitori.

Con decreto dell’11/03/2021, è stata dichiarata l’estinzione del giudizio ex art. 391 c.p.c., ma con istanza del 17/03/2021 l’avv. M.A., preso atto del provvedimento di estinzione, ha evidenziato che la rinuncia riguardava il solo F.R. e i suoi eredi, ed ha chiesto disporsi la correzione dell’errore materiale in cui sarebbe incorso il detto provvedimento, con la richiesta di limitazione dell’estinzione alla sola parte nei cui confronti era avvenuta la rinuncia.

All’esito dell’udienza camerale ex art. 391 c.p.c., comma 3, la Corte con ordinanza interlocutoria del 27/05/2021 n. 22944 ha dichiarato che l’estinzione di cui al decreto presidenziale dell’11/03/2021 concerne la sola domanda proposta dal ricorrente nei confronti di F.R., ed il fascicolo è stato rimesso al Consigliere relatore per le determinazioni di cui all’art. 380-bis c.p.c.

Nel merito si rileva che il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati e, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, le obbligazioni del difensore sono di regola obbligazioni di mezzi e non di risultato: il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo. L’avvocato si fa carico non dell’obbligo di realizzare il risultato (incerto e aleatorio) che il cliente desidera, ma dell’obbligo di esercitare diligentemente la propria professione, che a quel risultato deve essere finalizzata (Cass. 2954/2016).

Del pari consolidato è il principio per cui il compenso dell’avvocato è escluso solo qualora il cliente deduca l’inadempimento del professionista (con prova dell’errore o dell’omissione e del conseguente danno) (Cass. 4781/2013). Inoltre, come già affermato da questa Corte, il valore della causa si determina in base alle domande proposte (Cass. 18859/2021). Nel caso di specie, ai fini della determinazione del compenso dell’avvocato nei confronti del proprio cliente, devono considerarsi tutte le domande proposte nel giudizio presupposto e quindi non solo quella relativa alla ripetizione degli interessi anatocistici asseritamente applicati dalla Banca Padovana, ma anche quella volta ad ottenere il risarcimento dei danni per le pregiudizievoli segnalazioni alla centrale rischi della Banca d’Italia.

Quest’ultima domanda non è stata però considerata dal Tribunale che, ai fini dell’individuazione del valore si è soffermato solo sulla cifra emergente dalla perizia in atti, la quale però afferiva alla sola determinazione delle somme dovute ai clienti del professionista sul presupposto della pratica illegittima degli interessi anatocistici, ma senza però valutare anche le somme di cui alle distinte, ma connesse, domande risarcitorie.

Tale omessa considerazione è stata quindi determinante per la decisione di ritenere infondata la richiesta di pagamento del compenso parametro sul valore della causa, atteso che il giudizio del Tribunale si è formato attenendosi ad uno scaglione di valore inferiore rispetto a quello effettivamente da prendere in esame.

Ne deriva che la valutazione di adeguatezza delle somme versate a titolo di anticipo a soddisfare il credito del professionista risulta inficiata a monte dall’erronea individuazione del valore delle domande proposte nel giudizio patrocinato dal M., ed impone quindi la cassazione della pronuncia gravata, dovendo il giudice di rinvio compiere una rinnovata valutazione, avuto riguardo all’effettivo valore della domande complessivamente avanzate per conto dei resistenti.

Il terzo motivo deve essere rigettato.

Con riferimento alla omessa considerazione del documento, che a detta del ricorrente conterrebbe un riconoscimento del debito da parte dei suoi clienti, recante secondo il Tribunale la sola autorizzazione alla distrazione delle spese, deve in primo luogo rilevarsi che il ricorrente non ne ha riportato in ricorso il contenuto, impedendo alla Corte di effettuare una verifica circa la correttezza della soluzione criticata, e ciò in violazione del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.

Ma ancor più rilevante, in vista dell’infondatezza della censura mossa, è il rilievo per cui il giudice di merito ha ritenuto, con apprezzamento in fatto, essendo appunto riservata al giudice di merito l’interpretazione della volontà negoziale delle parti, che la dichiarazione in oggetto fosse stata resa, non già al fine di effettuare una ricognizione del debito in favore del M., come appunto sostenuto in ricorso, ma semplicemente al fine di autorizzare lo stesso professionista, per l’ipotesi di esito vittorioso della lite avanzata nei confronti della banca, a poter avanzare richiesta di attribuzione.

Trattasi di interpretazione che non risulta oggetto di specifica critica in ricorso e che, non palesandosi come implausibile o priva di razionale giustificazione, è insuscettibile di rivisitazione in questa sede, con la conseguenza che la censura complessivamente articolata, una volta anche esclusa la ricorrenza di una motivazione connotata da abnormità, è volta a contestare l’apprezzamento delle risultanze probatorie, secondo il non sindacabile giudizio del giudice di merito.

L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta quindi la cassazione dell’ordinanza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Padova in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, e rigettato il terzo motivo, cassa l’ordinanza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudio, al Tribunale di Padova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA