Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22039 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 16/03/2017, dep.22/09/2017),  n. 22039

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13626-2015 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO

NICOLAI 16/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ZELLI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELL’AMBA

ARADAM 22 INT. 1, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARZIONI, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3404/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.C. convenne, in qualità di locatore, con atto di intimazione di sfratto e citazione per la convalida del 2/1/2007, davanti il Tribunale di Roma, il conduttore M. per sentir convalidare lo sfratto per morosità del medesimo a causa del mancato pagamento del canone, da marzo 2005 ad ottobre 2006, per l’importo totale di Euro 31.000 in relazione ad un contratto di locazione ad uso diverso, in corso tra le stesse parti sull’immobile sito in (OMISSIS).

Il giudizio venne sospeso, ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di altro giudizio, azionato anteriormente dal M. nei confronti del F., al fine di sentir accertare la vigenza, tra le parti, di un diverso contratto di locazione, con decorrenza settembre 2000, e canone di Lire 3.000.000 mensili, e di condannare il locatore, a titolo di risarcimento dei danni, al pagamento della somma di Euro 234.426,00.

Questo primo giudizio si concluse, con sentenza d’appello passata in giudicato n. 3632 del 2010, con declaratoria del gravissimo inadempimento del locatore per non aver posto l’immobile in condizioni di essere utilizzato per l’uso pattuito, con l’accertamento della vigenza di un nuovo contratto tra le parti, a seguito di una transazione del 1/10/1999, e con la condanna del F. a pagare a M. la somma di Euro 105.116,78, oltre interessi legali fino al saldo.

Passata in giudicato tale sentenza, il giudizio azionato dal F. venne riassunto e deciso dal Tribunale di Roma con sentenza dell’11/11/2011, di risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore e condanna del medesimo a corrispondere, per canoni dovuti e non corrisposti da marzo a settembre 2005, l’importo di Euro 32.550 oltre interessi legali.

Il M. presentò appello con il quale denunciò: il vizio di ultrapetizione per avere il Giudice mutato il titolo contrattuale posto a fondamento dell’azione da lui esercitata; l’omessa valutazione dell’eccezione di inadempimento, sollevata con riguardo al rifiuto del locatore di far eseguire gli interventi di riparazione che avrebbero restituito dignità ed adeguatezza ai locali, il cui stato di fatiscenza e degrado era stato accertato nel separato giudizio svoltosi tra le parti, coperto da giudicato; l’omessa valutazione dell’eccezione di compensazione, tra la pretesa creditoria di Euro 30.000 per canoni arretrati, con il proprio controcredito per anticipazioni spese di riparazione del locale, danno accertato con efficacia di giudicato in oltre Euro 100.000; l’erronea condanna del conduttore al pagamento dei canoni da settembre 2005 ad aprile 2007, quando la domanda originaria era limitata al periodo marzo 2005-ottobre 2006.

L’appellato F. dedusse che il rapporto tra le parti era regolato dall’originario contratto di locazione, in quanto il secondo contratto, costituito ex art. 2932 c.c. con la sentenza del 12 ottobre 2010 n. 363, non poteva avere effetto retroattivo.

La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 3404 del 02/12/2014, ha accolto parzialmente l’appello del M., ha ritenuto fondata l’eccezione di inadempimento sollevata dal conduttore limitatamente alle mensilità da maggio a settembre 2005, affermando che l’eccezione non potesse essere accolta per gli altri periodi alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’astensione dal pagamento dei canoni non è legittima neppure in caso di riduzione o diminuzione del godimento del bene, quand’anche l’evento sia ricollegabile al fatto del locatore (essendo legittima la sospensione nei soli casi di completa mancanza della controprestazione); ha escluso l’eccezione di compensazione ritenendo che la stessa fosse superata dall’avvenuta messa in esecuzione della sentenza passata in giudicato; ha confermato che il locale, fin dalla data anteriore a quella di instaurazione del giudizio di sfratto per morosità, si trovava in una grave situazione di degrado e fatiscenza per fatto e colpa del locatore; che il conduttore era stato costretto ad anticipare le spese, di oltre Euro 20.000, per provvedere direttamente alle opere indispensabili a mantenere il bene in stato da servire all’uso convenuto; infine, considerata l’anteriorità dell’inadempimento del F., la causalità e proporzionalità esistente tra le prestazioni rimaste inadempiute rispetto alla funzione economico-sociale del contratto, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la risoluzione contrattuale per inadempimento del conduttore chiesta dal F. ed ha riformato in parte qua la sentenza di primo grado, ed ha compensato interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Avverso detta sentenza il F. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi illustrati da memoria.

Resiste il M. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 5 e dell’art. 1455 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in cui l’impugnata sentenza sarebbe incorsa, omettendo di valutare che, nonostante i problemi dovuti alla difettosa manutenzione dell’immobile da parte del locatore, il sinallagma contrattuale fosse stato pienamente rispettato, sì da imporre al Giudice la pronuncia di risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, inadempiente all’obbligo di pagare i canoni.

Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di locazione di immobili ad uso non abitativo, la valutazione dell’importanza dell’inadempimento del conduttore va valutata secondo il generale criterio di cui all’art. 1455 c.c., e non secondo il diverso criterio interpretativo stabilito, per le sole locazioni di immobili destinati ad uso abitativo, dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 5. Nella fattispecie la Corte di appello si è uniformata a questo principio, sicchè la censura va respinta.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

La Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la gravità dell’inadempimento del conduttore in ordine all’obbligazione dei canoni di locazione e sarebbe caduta in contraddizione nella parte in cui, da un lato, ha escluso il diritto del conduttore di avvalersi dell’eccezione di inadempimento, dall’altro ha ritenuto che detto inadempimento non fosse così grave da giustificare la risoluzione contrattuale.

A sostegno della propria tesi il F. invoca la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 887/2011) secondo la quale, nell’ipotesi in cui il conduttore abbia utilizzato comunque l’immobile, ancorchè in presenza di difetti del medesimo, egli non possa esimersi dal pagare il canone sulla base di una dedotta non abitabilità dell’immobile. L’errore dell’impugnata sentenza consisterebbe nella comparazione tra l’inadempimento del locatore (non avere garantito lo stato locativo dell’immobile) e quello del conduttore (non avere pagato i canoni) e nel ritenere che il rapporto di causalità tra i due inadempimenti possa giocare a svantaggio del locatore.

Il fatto decisivo, preso in considerazione dal Giudice, oggetto di discussione tra le parti consisterebbe, dunque, nella erronea comparazione tra i due inadempimenti, quello del locatore di rendere l’immobile idoneo all’uso pattuito e quello del conduttore di pagare i canoni.

Il ricorrente censura, in termini di omessa pronuncia, la vera ratio decidendi dell’impugnata sentenza la quale, sia pur in termini sintetici, dà conto del fatto che i lavori di ristrutturazione del locale, necessitati dall’inadempimento del locatore, abbiano impedito al conduttore l’esercizio dell’attività di ristorazione da maggio a settembre 2005, sì da ritenere fondata l’eccezione di inadempimento sollevata dal conduttore in relazione a dette mensilità.

Ciò premesso, la motivazione dell’impugnata sentenza secondo la quale alla luce dei danni ricevuti e delle somme sborsate dal conduttore per rendere l’immobile idoneo all’uso convenuto, l’inadempimento parziale di quest’ultimo incideva sul sinallagma contrattuale assai meno dell’inadempimento del locatore appare logicamente e giuridicamente argomentata in relazione all’art. 1584 c.c., comma 2, sia dal punto di vista dei riferimenti temporali sia dal punto di vista delle conseguenze economiche.

Dunque, pur essendo il conduttore obbligato ai canoni e non potendo avvalersi dell’exceptio inadimplendi non est inadimplendum, se non per i pochi mesi di sospensione dell’attività commerciale, i danni ricevuti e le somme sborsate per rendere l’immobile utilizzabile per l’uso convenuto, escludevano la gravità dell’inadempimento del conduttore e la risoluzione del contratto per fatto ad esso imputabile.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di escludere l’eccezione di inadempimento del conduttore per i canoni, salvo il caso in cui la sospensione sia legittima in relazione all’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti con riguardo all’intero equilibrio del contratto e alla buona fede (Cass., 3, 11/2/2005n. 2855; Cass., 3, 10/01/2008 n. 261; Cass. 3, n. 10182 del 4/5/2009).

La sentenza si è adeguata i principi elaborati da questa Corte sull’equilibrio del contratto e l’obbligo di comportamento secondo buona fede, ha svolto un ragionamento di proporzionalità tra il maggior inadempimento del locatore rispetto a quello del conduttore, con una motivazione adeguata ed immune da censure.

Il motivo è dunque infondato.

Complessivamente il ricorso deve essere rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio di cassazione e al raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.100 (oltre Euro 200 per esborsi), oltre spese legali al 15% ed accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per porre a carico della ricorrente l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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