Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22037 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 22/09/2017, (ud. 21/12/2016, dep.22/09/2017),  n. 22037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10355-2014 proposto da:

L.B.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PONTEDERA 6,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANA D’ANDREA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMINE BIASIELLO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, già NUOVA TIRRENA SPA, in persona del

Procuratore Speciale dott. R.P., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ORAZIO 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

GRAZIOSI, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.M., FI.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1391/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato CARMINE BIASIELLO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12/3/2013 la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. L.B.B. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Cassino n. 676/2006, ha rideterminato con valutazione equitativa l’ammontare liquidato dal giudice di prime cure a titolo di risarcimento del danno patrimoniale dal medesimo sofferto in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), allorquando è stato investito dall’autovettura Autobianchi Y 10 tg. (OMISSIS) di proprietà del sig. Fi.Ma. e condotta dal sig. F.M., che percorreva a fari spenti la S.S. (OMISSIS) e non si era accorto della sua presenza.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il L.B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Groupama Assicurazioni s.p.a (già Nuova Tirrena s.p.a.), che ha presentato anche memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1223 e 2056 c.c., artt. 2,62,63 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 2^ motivo denunziano degli artt. 1226 e 2056 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ motivo denunziano violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; nonchè “omessa valutazione” di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4^ motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 112 e 115 c.p.c., art. 111 Cost., artt. 1223 e 2056 c.c., artt. 2,62,63 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso si appalesa sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che il requisito – a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 – della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta invero soddisfatto allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, l’atto di appello, la sentenza impugnata), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 25/09/2012, n. 16254; Cass., 16/2/2012, n. 2223; Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicchè il ricorrente è al riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698), il che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).

Va al riguardo ulteriormente sottolineato che la soluzione di fare rinvio per la sommaria esposizione del fatto (anche) all’impugnata sentenza non esime in ogni caso il ricorrente dall’osservanza del requisito – richiesto a pena di inammissibilità – ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (es., alla sentenza del giudice di prime cure, alla “domanda attrice del danno da perdita di chances”, alla “documentazione contabile in atti”, alla espletata CTU, al “modello 730 dell’anno 2000 (allegato n. 25 del fascicolo di primo grado denominato “SUB 2”)) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

Si appalesa invero non idoneamente censurata, a tale stregua, la ratio decidendi dell’impugnata sentenza (a fronte della doglianza in quella sede dall’odierno ricorrente proposta in ordine al “mancato risarcimento del danno relativo alla capacità lavorativa generica e specifica”) secondo cui “il Tribunale, nel caso di specie, ha valutato che l’incidenza del danno sulla capacità di guadagno è pari ad Euro 9.008,04, tenuto conto del reddito percepito dal L.B. nell’anno precedente al sinistro, in applicazione del coefficiente di capitalizzazione ricavato dalla tabella allegata al R.D. n. 1403 del 1922, avuto riguardo alla percentuale d’invalidità del 7/8% accertata dal consulente”, laddove il danno da lucro cessante deve essere valutato “tenendo conto del fatto che non è contestato tra le parti che il licenziamento del L.B. è stato determinato dalla grave ipoacusia diagnosticata quale esito permanente delle lesioni riportate a causa del sinistro” nonchè “tenuto conto dell’età dell’appellante al momento del licenziamento e del tempo presumibilmente occorrente per reperire una nuova occupazione lavorativa valutato in tre anni”, pervenendosi a “liquidare, in via equitativa, l’importo di Euro 50.000,00, al netto della rendita mensile corrisposta dall’INAIL”.

Emerge allora evidente come, a fronte di una valutazione nel caso dai detti giudici operata nell’esercizio dei poteri ad essi spettante, le deduzioni del ricorrente in realtà si risolvono in un’inammissibile mera contrapposizione della propria tesi difensiva alle statuizioni contenuta nell’impugnata sentenza, nonchè nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Groupama Assicurazioni s.p.a (già Nuova Tirrena s.p.a.), seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese a generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente Groupama Assicurazioni s.p.a (già Nuova Tirrena s.p.a.).

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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