Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22037 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 13/10/2020), n.22037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2443-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE CELESTE SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

EDGARDO RUOZZI con studio in MODENA C.SO CANALCHIARO 116 (ex art.

135) giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2012 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 26/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2020 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso in

subordine rinvia a nuovo ruolo in attesa della Sentenza della Corte

Costituzionale;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che si riporta agli atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 86/03/12, depositata il 26 novembre 2012, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva annullato un avviso di liquidazione col quale erano state recuperate a tassazione ordinaria le imposte di registro ed ipocatastali dovute in relazione ad un contratto di compravendita (avente ad oggetto un compendio immobiliare) del 29 luglio 2005, contratto che era stato sottoposto a tassazione con applicazione delle agevolazioni previste per l’acquisto, esente dall’imposta sul valore aggiunto, di fabbricati, o porzioni di fabbricato, da parte di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di beni immobili, e che si impegnino a ritrasferirli entro tre anni (D.L. n. 669 del 1996, art. 3, comma 14, lett. b) e c), conv. in L. n. 30 del 1997). Il giudice del gravame ha rilevato, in sintesi, che la lite contestata non poteva ricondursi alla disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, – disposizione, questa, “intesa quale norma antielusiva”, – in quanto, per un verso, erano state rispettate tutte le condizioni sostanziali previste per il godimento dell’agevolazione, – che prescriveva la “rivendita entro tre anni, senza ulteriori oneri ai fini del mantenimento dell’agevolazione”, – e, per il restante, l’amministrazione non aveva dimostrato che la vendita in questione, intervenuta “tra società di capitale distinte”, – fosse frutto di simulazione (con permanente disponibilità dell’immobile in capo al venditore).

2. – L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza

sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso Immobiliare Celeste S.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,l’Agenzia denuncia violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, e dell’art. 53 Cost., deducendo, in sintesi, che, nella fattispecie, la rivendita del compendio immobiliare, nel formale rispetto delle disposizioni di agevolazione (avuto riguardo, in specie, al termine triennale ivi stabilito ai fini della conservazione del diritto all’agevolazione medesima), si era risolto, nella sostanza, in una violazione del citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, avendo detta rivendita integrato una condotta abusiva connotata tanto dal conseguimento di un indebito vantaggio fiscale (la conservazione delle agevolazioni usufruite al momento dell’acquisto) quanto dall’insussistenza di una valida ragione economica (extrafiscale) a fondamento della stessa rivendita.

1.1 – Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c.,, comma 1, n. 5, espone la denuncia di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e, ad ogni modo, di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Assume, nello specifico, la ricorrente che rimaneva incontestato tra le parti che:

– con contratto di compravendita del 29 luglio 2005, la Immobiliare Celeste S.r.l. aveva acquistato un complesso immobiliare avvalendosi, con espressa dichiarazione resa nell’atto, delle agevolazioni previste dal D.L. n. 669 del 1996, art. 3, comma 14, conv. in L. n. 30 del 1997 (che aveva introdotto al D.P.R. n. 131 del 1986, un quinto periodo nella tariffa, parte prima, art. 1, allegata);

– il successivo 29 novembre 2005, l’acquirente aveva conseguito il permesso di costruire in relazione alla realizzazione di fabbricati ad uso abitativo ed al recupero di fabbricati mediante riqualificazione;

– il 18 luglio 2006 era stata costituita la società La Corte di San Geminiano S.r.l., con conferimento del 99% del capitale sociale da parte della Immobiliare Celeste S.r.l. e del rimanente 1% da parte di C.R. (socio unico e amministratore unico di quest’ultima società);

– il 19 dicembre 2006 la Immobiliare Celeste S.r.l. aveva ceduto alla neo costituita società, che se ne accollava anche il relativo mutuo, il compendio immobiliare acquisito con contratto del 29 luglio 2005;

– il 17 gennaio 2007 era stata iscritta ipoteca a garanzia di un’apertura di credito finalizzata alla costruzione e riqualificazione di detto complesso immobiliare, i cui lavori venivano appaltati a terza società;

– il 9 marzo 2007, da ultimo, La Corte di San Geminiano S.r.l. prometteva in vendita, a soggetti privati, alcuni dei beni in fase di costruzione e ristrutturazione.

Soggiunge, quindi, la ricorrente che, – avuto riguardo al decisum della gravata sentenza, – questa aveva omesso di considerare che, alla stregua dei fatti sopra riassunti, la rivendita (in data 19 dicembre 2006) dell’intero complesso immobiliare acquisito (con contratto del 29 luglio 2005) era finalizzata (esclusivamente) a conseguire “un indebito dilazionamento dei tempi per la rivendita dei beni acquistati godendo dell’agevolazione in questione”, considerato che i beni hinc et inde compravenduti rimanevano riferibili ad un medesimo centro di interessi e che la (complessiva) operazione era volta alla conservazione di dette agevolazioni fiscali, in assenza di valide ragioni extrafiscali.

2. – I due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto afferiscono, sia pur sotto distinte prospettazioni, alla medesima qualificazione giuridica della fattispecie qual rilevante ai fini del diritto alle agevolazioni in trattazione, – sono fondati, e vanno accolti, per le ragioni in appresso indicate.

3. – Occorre premettere che, secondo un consolidato principio di diritto della Corte, nell’esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione sollevata dal ricorso e, così, accoglierla, per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, purchè la riqualificazione operata sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (v., ex plurimis, Cass., 28 luglio 2017, n. 18775; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935; Cass., 29 settembre 2005, n. 19132).

4. – Come anticipato, i due motivi di ricorso, sotto distinti profili, si incentrato sulla qualificazione in termini di abuso del diritto della (complessiva) condotta posta in essere dalla società che, acquisendo un complesso immobiliare destinato alla rivendita, aveva usufruito delle agevolazioni previste dal D.P.R. n. 131 del 1986, parte prima della tariffa allegata, art. 1, quinto periodo (introdotto dal D.L. n. 669 del 1996, art. 3, comma 14, lett. b) e c), conv. in L. n. 30 del 1997), secondo il cui disposto l’imposta di registro andava applicata, nella misura dell’1%, “Se il trasferimento avente per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, n. 8-bis), ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell’atto l’acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni…”; con l’ulteriore previsione che “Ove non si realizzi la condizione, alla quale è subordinata l’applicazione dell’aliquota dell’1 per cento, del ritrasferimento entro il triennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si rende applicabile una soprattassa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui al presente testo unico, art. 55, comma 4. Dalla scadenza del triennio decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell’amministrazione finanziaria.”.

4.1 – La Corte ha già precisato, con riferimento alle disposizioni agevolative in discorso, che le stesse trovano applicazione solo nel caso di (e, per dir meglio, sono condizionatamente subordinate allo) effettivo ritrasferimento degli immobili acquistati entro il termine triennale stabilito dalla legge (Cass., 10 luglio 2015, 14498 cui adde Cass., 18 dicembre 2019, 33741, in motivazione; Cass., 19 marzo 2018, n. 6835); e, per quel che (qui) più rileva, che la cessione di beni immobili tra società infragruppo, aventi il medesimo scopo sociale di rivendita degli stessi a privati, non costituisce un trasferimento idoneo ad evitare il verificarsi della condizione risolutiva dell’agevolazione concessa ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, sesto periodo, della Tariffa, parte prima, di cui all’allegato A (testo vigente “ratione temporis”), consistente nella mancata rivendita infratriennale, “tenuto conto del detto limite temporale per l’immissione dei beni nel mercato immobiliare, non prorogabile nè eludibile reiterandone “in blocco” la cessione, e restando senza conseguenze il passaggio del potere di godimento e di disposizione sui beni dall’una all’altra società, in quanto non idoneo a realizzare la finalità dell’agevolazione” (così Cass., 15 dicembre 2017, n. 30160 cui adde, in motivazione, Cass., 15 gennaio 2019, n. 722).

E a dette soluzioni interpretative deve darsi continuità se è vero che la ratio legis delle agevolazioni in discorso si correla (v., anche, Corte Cost., 12 dicembre 2014, n. 279) alla finalità di alleggerire, sul mercato immobiliare, il carico fiscale dell’imposizione indiretta rispetto a transazioni commerciali aventi ad oggetto fabbricati a destinazione abitativa, – avuto riguardo alla riformulazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 8 bis (ad opera del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, art. 10, comma 4, lett. c), conv. in L. 8 agosto 1996, n. 425; v. le relazioni al D.L. n. 1925) e, così, all’effetto di indetraibilità dall’Iva (sulle vendite) dell’imposta di registro corrisposta dalle imprese sugli acquisti, – e che detta finalità, – avuto (ora) riguardo al termine triennale posto quale condizione risolutiva dell’agevolazione, – implica, per l’appunto, l’effettiva immissione sul mercato dei fabbricati a destinazione abitativa.

4.2 Come, dunque, si è già ben rilevato, la finalità in discorso rimane frustrata laddove l’acquisto immobiliare agevolato si risolva (così come nel caso che ne occupa), – piuttosto che nell’immissione sul mercato immobiliare dei fabbricati a destinazione abitativa, – in un trasferimento destinato a realizzare, oltre il prefissato termine triennale, la rivendita di quegli stessi fabbricati, posto che l’agevolazione si deve correlare alla intenzione dichiarata (nell’atto) dal contribuente che ne usufruisca e che detta intenzione deve realizzarsi (nel termine di legge) con l’effettiva immissione sul mercato dei fabbricati così acquisiti (immissione che, allora, è sostanzialmente elusa a fronte di un trasferimento di immobili destinato a spostare, su di un terzo soggetto, la rivendita dei fabbricati a destinazione abitativa).

4.3 – La soluzione interpretativa della fattispecie in trattazione è, così, tutta interna al dato normativo oggetto di interpretazione (la disposizione di agevolazione), senz’alcuna implicazione nè del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 nè dell’istituto dell’abuso del diritto.

Quanto a quest’ultimo profilo, difatti, la Corte ha avuto modo di precisare che il D.P.R. n. 131 del 1986, ha natura di regola interpretativa e non di norma antielusiva, sicchè l’Amministrazione finanziaria può procedere alla riqualificazione del negozio senza necessità di un previo contraddittorio endoprocedimentale (Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 9 aprile 2018, n. 8619; Cass., 9 gennaio 2018, n. 313; Cass., 19 giugno 2013, n. 15319).

Quanto, invece, alla rilevanza del contenuto regolativo dell’art. 20, cit., deve rimarcarsi che, nella fattispecie, il dato negoziale, – id est il contratto di vendita la cui idoneità satisfattiva è controversa in relazione all’adempimento rilevante ai fini del rispetto del ridetto termine triennale prefissato dalla disposizione agevolativa, – viene in considerazione quale fatto giuridico ex se perfezionativo, o meno, della disposizione di agevolazione, ai cui contenuti, e finalità regolatorie, rimanda in via esclusiva.

E, nella fattispecie, la sequenza di atti sopra riassunta (v. sub 1.1), – che è incontroversa tra le parti (v. anche il controricorso, fol. 2 e ss.), – dà conto del rilievo che all’acquisto agevolato, – finalizzato alla successiva rivendita di fabbricati abitativi previa assentita attività edilizia di costruzione e riqualificazione, – non è seguita affatto l’immissione sul mercato immobiliare dei fabbricati così acquisiti, fabbricati, quelli, che tal quale acquisiti sono stati ritrasferiti ad altra società immobiliare che, – svolgendo le attività edilizie assentite, – a sua volta ha provveduto a detta immissione.

Vicenda, questa, che giustappunto non soddisfa la ragione giustificativa dell’agevolazione che, se così fosse, dovrebbe essere riconosciuta (secondo una sequenza temporale potenzialmente indeterminata) in relazione alla mera cessione degli immobili conseguiti a condizioni agevolate, immobili mai destinati ad alimentare il mercato immobiliare ma semplicemente movimentati dall’una all’altra società immobiliare.

5. – L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto del ricorso introduttivo del giudizio proposto da Immobiliare Celeste S.r.l.

Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, avuto riguardo all’evolversi della vicenda processuale, mentre quelle relative al giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della controricorrente.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 9.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

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