Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22036 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 13/10/2020), n.22036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23680/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, C.F. (OMISSIS), rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.V.I.G., res. in (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, Sez, Stacc. di Brescia n. 42/65/2012, depositata il 15

marzo 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Nocella Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La CTR della Lombardia, Sez. Stacc. di Brescia, con la sentenza oggi impugnata ha accolto l’appello proposto da D.V.I.G., titolare della Ditta “Silvercar”, avverso la sentenza n. 77/01/2010 della CTP di Mantova, che aveva rigettato i ricorsi riuniti proposti dall’appellato avverso gli avvisi di accertamento N. (OMISSIS) e N. (OMISSIS) notificati dall’Agenzia delle Entrate di Mantova rispettivamente per il pagamento dell’IVA dovuta dal ricorrente, siccome indebitamente detratta, con riferimento all’attività di commercio di autoveicoli usati svolta negli anni d’imposta 2003 e 2004, e contro la cartella di pagamento N. (OMISSIS), emessa per l’esecuzione provvisoria del primo dei due avvisi impugnati.

Per quanto di residuo interesse in questa fase, la CTR ha ritenuto insussistenti due presupposti essenziali per negare al D.V.I. il diritto alla detrazione dell’IVA che risulta versata in relazione ad operazioni contestate come soggettivamente inesistenti: 1) la stessa inesistenza del soggetto che l’Agenzia assume fittiziamente interposto nel trasferimento dei veicoli oggetto di accertamento, l’onere della cui prova la CTR ha ritenuto che l’Agenzia non abbia soddisfatto, nulla essendo emerso in merito alle transazioni del contribuente con Autorete ed Exclusive Car ed essendo risultato, quanto a quelle con Erremme, che era lo stesso titolare di questa ad operare gli acquisti dei veicoli in Germania, deducendosene che il soggetto non era un interposto fittizio; 2) la circostanza che il contribuente avesse partecipato alla frode o, quanto meno, fosse stato a conoscenza dell’illecito tributario, non avendo l’Agenzia fornito prova di alcun legame dello stesso con i fornitori esteri ed essendo stato egli assolto in entrambi i procedimenti penali attivati per le due annualità d’imposta.

Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, articolando cinque motivi di censura.

Il D.V.I., nonostante regolare notifica del ricorso, non si è costituito.

All’esito della camera di consiglio del 29 gennaio 2020 la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21 e 54 e art. 2697 c.c.: competerebbe al contribuente al quale è contestata l’inesistenza soggettiva delle operazioni fornire la prova della effettività delle stesse sul piano soggettivo.

Con il quarto motivo, viene prospettata, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione delle medesime norme, nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere ritenuto che competa all’Amm.ne Finanziaria che contesti l’operazione soggettivamente inesistente anche l’onere di provare, sia pure in via presuntiva, che l’acquirente sia l’artefice della falsità ideologica delle fatture o quanto meno che fosse a conoscenza dell’illecito, laddove sarebbe il contribuente onerato della dimostrazione, anche mediante elementi presuntivi dotati delle caratteristiche richieste dal codice civile, della propria ignoranza, o dell’impossibilità della propria conoscenza, circa l’inserimento dell’operazione in un disegno frodatorio dell’imposta.

Entrambi i motivi sono infondati. L’ormai costante e consolidato insegnamento di questa Corte è nel senso che competa all’Amm.ne Finanziaria che contesti l’insussistenza soggettiva dell’operazione non soltanto l’onere della prova circa la non corrispondenza tra i soggetti effettivi della transazione e quelli risultanti dalla fatturazione della catena delle cessioni (ed in particolare circa la natura di “cartiera” o di interposto fittizio del cedente, l’inesistenza di una struttura operativa adeguata dello stesso, il mancato assolvimento dell’IVA a monte) (Cass. sez.V 5.12.2014 n. 25775), ma (dopo alcune pronunce di senso parzialmente contrario) altresì quello circa -la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente” (cfr. Cass. sez.V 20.04.2018 n. 9851; Cass. sez.V ord. 19.04.2018 n. 9721); residuando a carico del contribuente l’onere della prova liberatoria contraria “di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto” (Cass. sez.V 30.10.2018 n. 27566; Cass. sez.V 5.12.2014 n. 25778).

Avendo la CTR sostanzialmente rispettato tali regole di ripartizione degli oneri probatori, le censure in esame non possono essere accolte.

Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia omessa, in quanto apparente, motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine alla fittizietà soggettiva delle fatture oggetto di contestazione, avendo la CTR omesso di esaminare una serie di elementi indizianti della natura fittizia delle imprese fornitrici, quali le dichiarazioni rese da soggetti coinvolti, l’omessa presentazione di denunce dei redditi, l’assenza di sedi operative e di personale dipendente; riporta a tal fine i passaggi degli avvisi impugnati e delle controdeduzioni in appello nel quale si erano evidenziati partitamente tali elementi ed evidenzia come, contrariamente a quanto asserito dalla CTR, gli elementi indizianti circa la fittizietà della Autorete e della Esclusive Car erano stati sottolineati nel PVC, riportando i brani dell’atto dedicati a tali fornitori.

Con il i 1.5- i motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., avendo affermato che, non essendo state riportate nel pvc le dichiarazioni testuali dei soggetti esaminati da GdF, ma soltanto la sintesi delle rispettive dichiarazioni, il contenuto di questo non potrebbe essere utilizzato come fonte di prova, così negando all’atto pubblico in questione la valenza probatoria, fino a querela di falso, delle circostanze frutto di percezione diretta dei pubblici ufficiali redigenti. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la stretta correlazione che li avvince, sono fondati.

In primo luogo deve evidenziarsi che la CTR, negando ingresso alla prova documentale costituita dalle dichiarazioni informative acquisite dalla GdF nel PVC acquisito in atti e non apprezzandone conseguentemente il contenuto, sol perchè riportate in forma sintetica, ha violato l’art. 2700 c.c., in virtù del quale il PVC, in quanto atto pubblico redatto da pubblici ufficiali, è dotato di efficacia probatoria privilegiata in relazione “ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonchè quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese” (cfr. per tutte Cass. sez.V ord. 5.10.2018 n. 24461); restando peraltro il contenuto e l’attendibilità oggettiva e soggettiva delle dichiarazioni affidate alla valutazione del Giudice del merito, nel contesto degli altri elementi probatori acquisiti.

Quanto al secondo motivo di ricorso, nel motivare le ragioni della ritenuta insussistenza della prova della fittizietà delle operazioni per la sostanziale inoperatività delle imprese interposte, la CTR adduce due elementi ritenuti decisivi: nell’asserita assenza di altri elementi ricavabili dal PVC, il primo viene identificato nell’assenza di comprovati legami del contribuente con i fornitori esteri, che è un elemento assolutamente neutro, nel senso che, mentre la prova positiva dei legami diretti con essi sarebbe certamente apprezzabile a favore della fittizietà, la carenza probatoria circa la sussistenza dei medesimi legami non costituisce elemento dotato di significatività inferenziale in ordine all’effettività delle operazioni di acquisto di auto dal commerciante che si assume interposto; il secondo proverrebbe “dalle risultanze penali”, acriticamente recepite, che consisterebbero nella non accertata fittizietà delle operazioni del 2003 e nella carenza probatoria della consapevolezza della frode per le operazioni del 2004.

Sul secondo argomento non può che ribadirsi che l’esito di assoluzione in un giudizio penale, del quale non sono indicati gli estremi identificativi dei provvedimenti nè se le sentenze siano passate in giudicato formale e se l’amministrazione sia stata posta in grado di parteciparvi, non può estendersi automaticamente nel giudizio tributario, ancorchè avente ad oggetto i medesimi fatti, per l’autonomia strutturale ed i diversi canoni probatori che li caratterizzano (cfr. Cass. sez.VI-V ord. 24.11.2017 n. 28174); conseguendone che “il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (cfr. anche Cass. sez.V 13.02.2015 n. 2938; Cass. sez.V 23.05.2012 n. 8129); ed essendo nella specie il passaggio motivazionale sugli specifici fatti emersi in sede penale del tutto obliterato, appare evidente la gravità del vulnus alla effettività della motivazione su un elemento di fatto così rilevante quale l’esistenza oggettiva delle operazioni oggetto di contestazione.

Ancor più radicale la carenza motivazionale con riferimento alla ritenuta assenza, all’interno del pvc posto a fondamento dell’avviso impugnato, di indici probatori idonei a supportare la tesi dell’inesistenza delle imprese interposte. Come analiticamente riportato nel controricorso dell’Agenzia (pagg.6-8, 11-17), anche mediante riproduzione della parte motiva dell’avviso impugnato e di brani del PVC, e richiamo dei passaggi dei suoi atti difensivi nei precedenti gradi del giudizio, il PVC richiamato ha indicato una serie di elementi indiziari a sostegno della contestata inesistenza ed inoperatività delle imprese interposte; elementi circa la cui efficacia e veridicità storica la CTR non ha preso alcuna precisa posizione, essendosi limitata a postularne l’inesistenza, e quindi non procedendo all’esame dei fatti storici in esso riportati.

Le già indicate e gravi carenze motivazionali assurgono ad ancora maggior gravità in presenza del censurato mancato apprezzamento degli elementi scaturenti dalle dichiarazioni informative in violazione del precetto dell’art. 2700 c.c., e consentono di affermare che la motivazione deve ritenersi complessivamente apparente, limitata ad elementi di significatività logico-giuridica del tutto marginale, senza investire i fatti determinanti ai fini delle valutazioni logico-probatorie richieste nella specifica fattispecie.

Conclusivamente vanno accolti i due predetti motivi, con conseguente assorbimento del quinto, avente ad oggetto l’effettività della motivazione circa la consapevolezza da parte del ricorrente della fittizietà delle operazioni oggetto di contestazione: l’apprezzamento di dette circostanze fattuali, e l’eventuale adempimento dell’obbligo motivazionale ad esse relativo, non possono non essere condizionati dall’esito della nuova valutazione in ordine alla sussistenza o insussistenza delle operazioni medesime, e dovrà essere nuovamente effettuato dal Giudice del merito, eventualmente anche in modo difforme nei due esercizi considerati, nel contesto del complessivo quadro indiziario ritenuto utilizzabile e nel rispetto degli obblighi motivazionali indicati da questa Corte. Il giudizio deve essere quindi rimesso alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame alla luce dei motivi accolti e statuizione sulle spese anche del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo ed il quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo e, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, per nuovo esame nei limiti di cui in motivazione e per la statuizione sulle spese anche della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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