Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22035 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 31/10/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 31/10/2016), n.22035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

ITALFONDIARIO S.P.A., rappresentata da B.M., in virtù di

procura speciale per notaio J.P.A. del (OMISSIS)

depositata presso il notaio A.L. il 28 gennaio 2011, rep. n.

33134, in qualità di procuratrice della CASTELLO FINANCE S.R.L., in

virtù di procura per notaio L.A. del 23 ottobre 2006

depositata presso il notaio R.E. il 10 novembre 2006, rep. n.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, al viale Gottardo n.

21, presso l’avv. LUCIA CARINI, unitamente all’avv. CESARE CAPOTORTO

del foro di Foggia, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

e

ITALFONDIARIO S.P.A., rappresentata da Br.Br.An., in

virtù di procura speciale per notaio J.P.A. del

(OMISSIS) depositata presso il notaio A.L. il 28 gennaio 2011,

rep. n. 33134, in qualità di avente causa della Castello Gestione

Crediti S.r.l.. in virtù di atto di fusione per notaio A.L.

del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), procuratrice della INTESA SANPAOLO

S.P.A. (già Banca Intesa S.p.a.), in virtù di procura per notaio

C.L. del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in Roma, al viale Gottardo n. 21, presso l’avv. LUCIA

CARINI, unitamente all’avv. CESARE CAPOTORTO del foro di Foggia, dal

quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.P., AGRIPLANT DI T.A. E S.P.

e N.G.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari n. 484/10,

pubblicata il 27 aprile 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

aprile 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. DE AUGUSTINIS Umberto, il quale ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale ed il rigetto

del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con decreto ingiuntivo n. 1301/94, emesso il 23 settembre 1994, il Presidente del Tribunale di Foggia intimò all’Agriplant S.s. di T.A. e S.P., nonchè ad V.A., S.P., N.G. e Co.Ro.An.Ma., il pagamento in favore del Banco Ambrosiano Veneto S.p.a. della somma di Lire 202.026.148, oltre interessi, a titolo di saldo debitore di un’apertura di credito in conto corrente concessa alla società e garantita da fideiussioni rilasciate dalla Co. e dalla N., che aveva costituito in pegno anche dei certificati di deposito.

Avverso il predetto decreto proposero opposizione gl’intimati, chiedendo in via riconvenzionale la condanna della Banca al risarcimento dei danni cagionati dal recesso dall’apertura di credito e dalla vendita dei certificati di deposito costituiti in pegno.

Si costituì la Banca, resistendo all’opposizione e chiedendo il rigetto della stessa e della domanda riconvenzionale.

1.1. – Nel corso del giudizio, spiegò intervento volontario l’Intesa Gestione Crediti S.p.a. (già Cassa di Risparmio Salernitana S.p.a.), in qualità di cessionaria dei rapporti giuridici del Banco Ambrosiano Veneto S.p.a. (già Euragrind S.r.l., conferitaria del ramo di azienda della Banca Intesa S.p.a., già Banco Ambrosiano Veneto).

In seguito, avendo Banca Intesa S.p.a. incorporato il Banco Ambrosiano Veneto, fu disposta l’interruzione del giudizio, successivamente riassunto nei confronti dell’incorporante.

1.2. – Con sentenza del 20 maggio 2006. il Tribunale di Foggia accolse parzialmente l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando gli opponenti al pagamento della somma di Euro 71.569,15, oltre interessi legali dalla domanda, e rigettando la domanda riconvenzionale.

2. L’impugnazione proposta dall’Agriplant, dal S. e dalla N. nei confronti dell’Italfondiario S.p.a., in qualità di procuratrice dell’Intesa Sanpaolo S.p.a. (già Banca Intesa S.p.a., già Banca Intesa BCI S.p.a.) è stata accolta dalla Corte d’Appello di Bari, che con sentenza del 27 aprile 2010 ha rigettato la domanda proposta dalla Banca, dichiarando assorbito il gravame incidentale da quest’ultima proposto.

Premesso che la Banca aveva reso impossibile l’accertamento del credito vantato, non avendo prodotto gli estratti conto relativi al periodo compreso tra la data di apertura del conto corrente ed il (OMISSIS), ma solo quelli compresi tra quest’ultima data e quella di estinzione del conto corrente, la Corte ha ritenuto irrilevante la durata decennale dell’obbligo di conservare le scritture contabili, osservando che era interesse della creditrice conservare quelle attestanti l’esistenza di crediti non ancora estinti. Ha escluso che il credito fosse rimasto incontestato, rilevando che gli opponenti lo avevano contestato sia mediante l’opposizione che attraverso la sottolineatura in udienza della carenza della documentazione prodotta, ed aggiungendo che incombe a chi vuol far valere in giudizio un diritto l’onere di fornire gli elementi probatori a sostegno della pretesa. Ha precisato infine che il giudizio era stato introdotto in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 26 novembre 1990, n. 353, che, modificando l’art. 167 c.p.c., ha imposto al convenuto l’onere di prendere posizione in ordine ai fatti posti a fondamento della domanda, rendendo in tal modo superflua la dimostrazione dei fatti incontroversi.

La Corte ha ritenuto infine infondata la domanda di risarcimento dei danni proposta in via riconvenzionale dagli opponenti, osservando che, nel recedere dal contratto di apertura di credito e nel procedere alla vendita dei certificati di deposito costituiti in pegno, la Banca aveva operato conformemente alle clausole contrattuali ed in esecuzione del mandato conferitole dalla N..

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Italfondiario, in qualità di procuratrice della Castello Finance S.r.l. (resasi cessionaria dei rapporti giuridici della Intesa Gestione Crediti con atto del 6 dicembre 2015), per due motivi, e dell’Intesa Sanpaolo S.p.a., per tre motivi. Gl’intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, proposti separatamente, ma aventi ad oggetto l’impugnazione della stessa sentenza.

2. Con il primo motivo dell’impugnazione proposta in nome dell’Intesa Sanpaolo, da esaminarsi prioritariamente rispetto agli altri motivi, in quanto avente portata potenzialmente assorbente, l’Italfondiario denuncia la violazione degli artt. 345 e 347 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare l’improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo. per effetto della tardiva costituzione degli opponenti.

2.1. – Il motivo è infondato.

A sostegno di tale censura, la ricorrente osserva infatti che l’iscrizione a ruolo del giudizio di opposizione, avvenuta il 14 novembre 1994, ha avuto luogo ben oltre il quinto giorno dalla notificazione dell’atto di citazione, effettuata il 5 novembre 1994, invocando il principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la riduzione a metà dei termini di comparizione, prevista dall’art. 645 c.p.c., comma 2, comporta il dimezzamento automatico dei termini di costituzione dell’opponente, anche nel caso in cui quest’ultimo abbia assegnato un termine a comparire pari o superiore a quello legale, salva la facoltà dell’opposto, che si sia costituito nel termine dimidiato, di richiedere l’anticipazione della prima udienza di trattazione, ai sensi dell’art. 163-bis c.p.c., comma 3, (cfr. Cass., Sez. Un., 9 settembre 2010, n. 19246). Tale indirizzo risulta tuttavia superato per effetto della successiva emanazione della L. 29 dicembre 2011, n. 218, con cui il legislatore ha modificato l’art. 645 c.p.c., comma 2, sopprimendo l’inciso che prevedeva la riduzione a metà dei termini di comparizione, ed ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c., comma 1, c.p.c., stabilendo, in riferimento ai procedimenti come quello in esame, pendenti alla data di entrata in vigore della legge, che la riduzione del termine di costituzione dell’attore prevista dalla predetta disposizione si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, soltanto nell’ipotesi, nella specie non ricorrente, in cui l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’art. 163-bis c.p.c., comma 1, (cfr. Cass., Sez. 2, 16 febbraio 2012, n. 2242). La portata retroattiva della norma in esame è stata ritenuta non contrastante con i principi del giusto processo nè tale da comportare un’indebita intrusione del legislatore nei procedimenti in corso, essendo stata evidenziata la ragionevolezza della correlazione da essa introdotta tra la dimidiazione del termine di costituzione dell’opponente e la scelta acceleratoria da lui compiuta attraverso l’assegnazione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’art. 163-bis c.p.c., comma 1: la relativa questione di legittimità costituzionale è stata pertanto dichiarata manifestamente infondata, in virtù dell’osservazione che in materia civile sono pienamente legittime disposizioni retroattive, non solo interpretative, ma anche innovative, se giustificate sul piano della ragionevolezza e non contrastanti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (cfr. Cass. Sez. 1, 17 maggio 2012, n. 7792). Non può pertanto condividersi la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui, nonostante l’assegnazione da parte dell’opponente di un termine a comparire superiore a quello previsto dalla legge, la mancata iscrizione della causa a ruolo entro il termine di cinque giorni dalla notificazione dello atto di citazione avrebbe comportato l’improcedibilità dell’opposizione, rendendo definitivo il decreto ingiuntivo.

3. Con il secondo motivo dell’impugnazione proposta in nome dell’Intesa Sanpaolo ed il primo di quella proposta in nome della Castello Finance, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 102 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., osservando che, a seguito dell’interruzione determinata dall’incorporazione del Banco Ambrosiano Veneto da parte della Banca Intesa, il giudizio fu riassunto ed è proseguito soltanto nei confronti di quest’ultima, e non anche nei confronti dell’Intesa Gestione Crediti, precedentemente intervenuta in qualità di cessionaria del credito controverso, essendo rimasta totalmente ignorata la richiesta d’integrazione del contraddittorio avanzata nell’atto di appello. Premesso che la prosecuzione del giudizio nei confronti del dante causa non comporta automaticamente l’estromissione del successore che abbia spiegato intervento volontario, afferma che questo ultimo riveste la qualità di litisconsorte necessario, con la conseguente nullità di tutte le attività processuali svolte in sua assenza, nonchè delle sentenze di primo grado e d’appello.

3.1. Il motivo è fondato.

La natura processuale del vizio lamentato consente di procedere all’esame diretto degli atti di causa, dal quale si evince che nel corso del giudizio di primo grado, promosso nei confronti del Banco Ambrosiano Veneto, quest’ultimo (che con atto per notaio M.P. del (OMISSIS), aveva conferito la propria azienda all’Euragrind S.r.l., contestualmente trasformatasi in società per azioni con la denominazione di Banco Ambrosiano Veneto), con atto per notaio La. del (OMISSIS), cedette in blocco i propri rapporti giuridici alla Cassa di Risparmio Salernitana S.p.a., la quale, dopo aver mutato la propria denominazione in Intesa Gestione Crediti S.p.a., spiegò intervento volontario all’udienza del 18 ottobre 2000. Alla successiva udienza del 5 giugno 2001, il giudizio fu peraltro dichiarato interrotto, avendo il difensore del convenuto dichiarato che, con atto per notaio M.P. dell’11 dicembre 2000, rep. n. 16185, il Banco Ambrosiano Veneto era stato incorporato dalla Banca Intesa S.p.a. Alla riassunzione provvidero gli stessi opponenti, i quali, tuttavia, notificarono il relativo ricorso soltanto alla Banca Intesa, succeduta a titolo universale nel diritto controverso, senza curarsi di ricostituire il contraddittorio nei confronti dell’Intesa Gestione Crediti, precedentemente intervenuta in qualità di avente causa a titolo particolare, con la conseguenza che il giudizio proseguì con la partecipazione della sola società incorporante, nei cui confronti (sotto la nuova denominazione di Banca Intesa BCI S.p.a.) fu quindi emessa la sentenza di primo grado. Alla ricostituzione del contraddittorio nei confronti dell’Intesa Gestione Crediti non si è provveduto neppure nel giudizio di appello, promosso dagli opponenti della Banca Intesa BCI, che, avendo nel frattempo modificato la propria denominazione dapprima in Banca Intesa S.p.a. e poi in Intesa Sanpaolo S.p.a., si è costituita a mezzo dell’Italfondiario S.p.a.: sebbene, infatti, l’atto di appello sia stato notificato proprio all’Intesa Gestione Crediti, tale notificazione ha avuto luogo soltanto in qualità di mandataria con rappresentanza della Banca Intesa BCI, e non anche in proprio, con la conseguenza che in sede di gravame la predetta società ha assunto la veste di parte in senso esclusivamente formale, venuta peraltro meno immediatamente, per effetto della costituzione in giudizio dell’Italfondiario, in qualità di nuovo rappresentante dell’appellata.

Tanto premesso, si osserva che il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo, potendo spiegare intervento volontario nel giudizio, esservi chiamato o impugnare la sentenza emessa nei confronti del suo dante causa, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., commi 3 e 4, assume, nel caso di esercizio effettivo delle predette facoltà, la posizione di litisconsorte necessario, destinata a perdurare anche nelle fasi successive, fino a quando la parte originaria non venga estromessa dal giudizio, con il consenso della controparte (cfr. Cass., Sez. 2 11 ottobre 2006, n. 21773; Cass., Sez. Un., 22 gennaio 2003, n. 875): pertanto, nel caso in cui, come nella specie, successivamente all’intervento o alla chiamata in causa del successore sia disposta l’interruzione del giudizio, occorre procedere alla riassunzione anche nei suoi confronti, in mancanza della quale dev’essere ordinata, anche in appello, l’integrazione del contraddittorio, determinandosi altrimenti la nullità del procedimento e di tutti gli atti successivi, rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, alla cui declaratoria consegue necessariamente la rimessione della causa al giudice dinanzi al quale si è verificata la predetta violazione, affinchè provveda alla rinnovazione degli atti nulli, previa sanatoria del vizio. In applicazione di tale principio, deve ritenersi che la notificazione dell’atto di riassunzione alla sola Banca Intesa BCI non fosse sufficiente a ricostituire il contraddittorio tra le parti, venuto meno per effetto dell’interruzione del giudizio di primo grado, a tal fine occorrendo anche la notificazione del ricorso all’Intesa Gestione Crediti, intervenuta in giudizio in qualità di successore a titolo particolare nel rapporto controverso; la mancata effettuazione di tale adempimento, non sanata in primo grado mediante l’ordine d’integrazione del contraddittorio, e non rilevata neppure in appello con la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ha determinato la nullità di tutti gli atti successivi, che va pertanto dichiarata in questa sede, con l’annullamento delle pronunce di primo e secondo grado e la conseguente rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c. (cfr. Cass., Sez. 1, 26 luglio 2013, n. 18127; Cass., Sez. 3, 13 aprile 2007, n. 8825; 26 febbraio 2004, n. 3866).

4. La sentenza impugnata va pertanto cassata, unitamente a quella di primo grado, restando assorbito il terzo motivo dell’impugnazione proposta in nome dell’Intesa Sanpaolo ed il secondo di quella proposta in nome della Castello Finance, con cui la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 2697 c.c., affermando che l’incompletezza della documentazione prodotta non avrebbe impedito il parziale accoglimento della domanda avanzata nel procedimento monitorio.

5. La causa va conseguentemente rinviata al Tribunale di Foggia, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo di quello proposto dall’Italfondiario S.p.a. in nome dell’Intesa Sanpaolo S.p.a., accoglie il secondo motivo del medesimo ricorso ed il primo di quello proposto dall’Italfondiario S.p.a. in nome della Castello Finance S.r.l., dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e quella di primo grado, in relazione ai motivi accolti, e rinvia al Tribunale di Foggia, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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