Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22033 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 13/10/2020), n.22033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18182-2013 proposto da:

M.V., M.G., in proprio e nella qualità di

legale rappresentante della M. Gioielli s.n.c., elettivamente

domiciliati in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 49, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO RICCIONI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIANFRANCESCO VECCHIO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

ATENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI; – intimata –

avverso la sentenza n. 17/2013 della COMM.TRIB.REG. della

PUGLIA-BARI, depositata il 15/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/01/2020 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente conduce attività di gioielleria in centro città a Bari ed era attinta da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004 con ricostruzione del maggior reddito che si rifletteva sui soci in proporzione alla loro partecipazione al capitale sociale, precisamente il 70% al socio e legale rappresentante M.G. ed il 30% al socio M.V., parimenti destinatari di analoghi provvedimenti impositivi, tutti impugnati avanti la CTP di Bari, censurando la mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale richiesto a pena di nullità per gli accertamenti basati sugli studi di settore, comunque inapplicabili, tardività di notifica e difetto di motivazione

Riuniti i ricorsi il giudice di prime cure annullava gli atti, ma la sentenza era riformata sull’appello dell’Ufficio che affermava essere basati i provvedimenti impositivi sull’antieconomicità della gestione in rapporto agli anni precedenti e seguenti. Ricorrono per cassazione la società ed i soci affidandosi a due motivi, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti due motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando che uno scostamento dallo studio di settore non sia indice di gestione antieconomica e che il giudice d’appello non abbia dato conto della ritenuta “abnormità” degli scostamenti in realtà minimi. Il motivo è inammissibile perchè rivolto con la previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 a sentenza depositata successivamente al 11 settembre 2012, nello specifico, pronunciata il 14 dicembre 2012 e depositata il 15 gennaio 2013. Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poichè è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la cui riformulazione, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).

Il motivo è quindi inammissibile.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione della L. n. 146 del 1998 art. 10, affermando che una volta caduta la motivazione sulla condotta antieconomica, emerga l’illegittima ripresa a tassazione fondata solo sugli studi di settore, ma in assenza del necessario contraddittorio preventivo, previsto a pena di nullità dalla norma citata.

La censura viene legata per consequenzialità a quella che precede, sicchè l’inammissibilità del primo motivo comporta ugual sorte per il secondo. In altri termini, il presente motivo presuppone dimostrato il vizio di motivazione sull’antieconomicità della gestione, per cui l’accertamento si reggerebbe solo, per lo scostamento dallo studio di settore, risultando proceduralmente viziato in assenza di contraddittorio preventivo. Senonchè la preclusione sul sindacato circa la coerenza di motivazione in ordine all’antieconomicità della gestione impedisce la cognizione su quell’elemento che il secondo motivo dà per accertato, ponendolo come presupposto della propria doglianza sul vizio procedurale dell’atto impositivo.

In definitiva, il ricorso è quindi inammissibile e tale va dichiarato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro 2.700,00 (duemilasettecento/00), oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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