Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22033 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 03/09/2019), n.22033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20616-2017 proposto da:

S.N.S.W., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DANIELE MICHELETTA TITA’;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA DI GESTIONE DEL MERCATO COPERTO N. 5 ALIMENTARE DI PORTA

PALAZZO, in persona del Presidente pro tempore domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENA BO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3365/2017 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 27/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.S.W.N. chiese al Giudice di pace di Torino la declaratoria di inefficacia ex art. 644 c.p.c. e art. 188 disp. att. c.p.c. del d.i. che la Cooperativa di Gestione del Mercato Coperto n. 5 Alimentare di Porta Palazzo aveva ottenuto nei suoi confronti. Rappresentò di essere venuto a conoscenza del predetto d.i. solo con un messaggio inviato via pec dal legale della già indicata Cooperativa e di aver verificato, con accesso presso la Cancelleria di quel Giudice, che tale d.i. sarebbe stato notificato a mani proprie.

Ad avviso del S.N. la notifica in parola era inesistente, essendo avvenuta non a mani proprie ma a mani di altro soggetto (Tchamgoue Guy Alain).

La Cooperativa di Gestione del Mercato Coperto n. 5 Alimentare di Porta Palazzo si costituì e chiese il rigetto della domanda e la condanna dell’attore ex art. 96 c.p.c., comma 3, deducendo che le risultanze della relazione di notifica avrebbero dovuto essere confutate solo con querela di falso.

Il Giudice di pace rigettò la domanda, ritenendo, in base all’istruttoria espletata, che, nella specie, la notifica era nulla in quanto il d.i. in parola era stato ritirato non dall’effettivo destinatario, pur se nella relata era stato indicato che la notifica era avvenuta a mani proprie, bensì da altro soggetto, T.G.A., dipendente/collaboratore e comunque preposto all’attività, presso la sede dell’impresa individuale del S.N.; trattavasi, pertanto, di notifica che era “comunque avvenuta in luogo e nei confronti di soggetti che presentavano attinenza, riferimento e collegamento con il debitore, con la conseguenza che quest’ultimo sarebbe stato legittimato a proporre un’impugnazione tardiva ex art. 650 c.p.c., mentre non poteva avvalersi del rimedio di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c.”.

Il S.N. propose appello cui si oppose la Cooperativa.

Il Tribunale di Torino, con sentenza pubblicata il 27 giugno 2017, reputando che la dedotta inesistenza della notifica del d.i. in parola avrebbe potuto essere provata solo mediante la proposizione di querela di falso, che la prova testimoniale avrebbe potuto essere richiesta solo nel giudizio incidentale di falso, che la prova testimoniale espletata non era perciò idonea (in difetto di proposizione della detta querela) a scalfire quanto attestato dall’Ufficiale Giudiziario nella relata in ordine all’intervenuta notifica a mani dell’appellante e che, quindi, la notifica doveva ritenersi correttamente effettuata, rigettò il gravame e condannò l’appellante alle spese di quel grado, dando atto della sussistenza dei presupposti, in capo al S.N., dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Avverso tale sentenza S.N. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, cui ha resistito la Cooperativa di Gestione del Mercato Coperto n. 5 Alimentare di Porta Palazzo con controricorso.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 343 c.p.c. e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 “, il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia “rilevato che sulla questione, di carattere processuale, della necessità o meno della proposizione della querela di falso avverso la relazione di notifica de qua era ormai sceso il giudicato implicito, con la conseguenza che quel thema decidendum era ormai al di fuori del perimetro di quanto ad esso (Tribunale) devoluto”, non avendo la controparte proposto appello incidentale a tale riguardo ma essendosi limitata a riproporre la questione.

Sostiene il ricorrente che, peraltro, ove si volesse ritenere che fosse stato proposto appello incidentale, lo stesso sarebbe stato, comunque, inammissibile per violazione del principio di specificità di cui all’art. 342 c.p.c., e per tardività, per essere stata depositata la comparsa di costituzione e risposta solo in data 17 novembre 2016, oltre il termine di venti giorni decorrenti a ritroso dal 9 dicembre 2016 (data della prima udienza di trattazione indicata nell’atto di appello, v. ricorso p. 2).

Pertanto, ad avviso del ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare solo il motivo di appello proposto, con cui era stato lamentato che il Giudice di pace avesse ritenuto nulla e non inesistente la notifica del d.i. in parola.

1.1. Si osserva, per completezza, che è pur vero che il provvedimento ex art. 188 disp. att. c.p.c. (che dovrebbe assumere la forma di ordinanza) non è impugnabile e che, in caso di rigetto della relativa istanza (a differenza di quello di accoglimento), non ha carattere definitivo, in quanto, a norma dell’art. 188 cit., u.c., non preclude al debitore medesimo la facoltà di proporre nei modi ordinari domanda rivolta al conseguimento di detta declaratoria (Cass., sez. un., 18/03/1987, n. 2714; Cass., ord., 6/03/2018, n. 5239).

Nella specie, tuttavia, il Giudice di pace ha deciso con sentenza, evidentemente interpretando l’istanza come domanda di dichiarazione di inefficacia dell’ingiunzione.

1.2. Dalla sentenza di primo grado non risulta che l’eccezione sollevata dall’opposto – secondo cui per contestare il contenuto della relata di notifica redatta dall’Ufficiale Giudiziario (quindi per provare, nella specie, che la notifica non sarebbe stata effettuata a mani proprie del destinatario, come, invece, attestato dall’Ufficiale Giudiziario) sarebbe stato necessario che l’opponente avesse proposto querela di falso – sia stata disattesa nè espressamente nè indirettamente, pur dandosi atto, nella motivazione della richiamata decisione, che che siffatta eccezione tessa stata proposta.

Ne consegue che non sussiste sul punto alcun giudicato nè espresso nè implicito o indiretto.

Pertanto, per la devoluzione al giudice d’appello della cognizione su tale eccezione, non si esige, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, la proposizione del gravame incidentale, essendo sufficiente la mera riproposizione di tale eccezione, precisandosi che qualora, come nel caso all’esame, trattasi di eccezione rilevabile anche d’ufficio, la mancanza di detta riproposizione neppure impedisce al giudice di esercitare il potere officioso della sua rilevazione ex art. 345 c.p.c., comma 2, (arg. ex Cass., sez. un., 12/05/2017, n. 11799).

1.3. L’unico motivo proposto, alla luce di quanto sopra evidenziato, è infondato.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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