Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22030 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. III, 24/10/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 24/10/2011), n.22030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.A.M. (OMISSIS), M.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI

16 presso l’Avvocato ANGELO MARTUCCI (STUDIO R&P

LEGAL),

rappresentati e difesi dall’avvocato CAROLI CASAVOLA FRANCESCO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE di PUGLIA e BASILICATA, in persona del Presidente del

CdA e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato MASTROBUONO

SEBASTIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ESPOSITO ANGELO

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2009 del TRIBUNALE di TARANTO, SEZIONE

DISTACCATA di MARTINA FRANCA, depositata il 27/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato Esposito Angelo difensore della controricorrente che

si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE che ha

concluso conformemente alla relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. C.A.M. e M.M. hanno proposto ricorso per cassazione contro la Banca Popolare di Puglia e Basilicata soc. coop. a r.l. avverso la sentenza del 27 maggio 2009, con la quale il Tribunale di Taranto, Sezione Distaccata di Martina Franca, ha riformato la sentenza resa in primo grado inter partes dal Giudice di Pace di Martina Franca ed ha rigettato la domanda da essi ricorrenti proposta.

Ha resistito con controricorso la Banca.

2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:

“… 3. – Il ricorso principale appare inammissibile per inosservanza dell’art. 366-bis c.p.c..

Esso prospetta due motivi, il primo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 di violazione dell’art. 112 c.p.c. ed il secondo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per vizio di motivazione.

L’illustrazione del primo non si conclude con la formulazione del quesito di diritto (richiesto anche per il vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: si vedano Cass. (ord.) n. 4329 del 2009; in senso conforme: Cass. (ord.) n. 1310 del 2010; Cass. n. 4146 del 2011).

L’illustrazione del secondo non si conclude nè contiene il momento di sintesi, espressivo della c.d. “chiara indicazione”, richiesta dall’art. 366-bis c.p.c. secondo consolidata giurisprudenza della Corte (a partire da Cass. (ord.) n. 16002 del 2007 e da Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).

E’ da rilevare, inoltre, che l’art. 366-bis c.p.c. è applicabile al ricorso nonostante l’abrogazione intervenuta il 4 luglio 2009 per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 47. La cit. L., art. 58, comma 5, ha, infatti, sostanzialmente disposto che la norma abrogata rimanesse ultrattiva per i ricorsi notificati – come nella specie – dopo quella data avverso provvedimenti pubblicati anteriormente (si vedano: Cass. (ord.) n. 7119 del 2010; Cass. n. 6212 del 2010 Cass. n. 26364 del 2009; Cass. (ord.) n. 20323 del 2010). Nel contempo, non avendo avuto l’abrogazione effetti retroattivi l’apprezzamento dell’ammissibilità dei ricorsi proposti anteriormente a quella data continua a doversi fare sulla base della norma abrogata.

Il ricorso presenterebbe, comunque, anche un’ulteriore causa di inammissibilità per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che si fonda su documenti e prove testimoniali dei quali non fornisce l’indicazione specifica richiesta da tale norma, che costituisce il precipitato normativo del c.d. principio di autosufficienza (per i documenti si vedano Cass. sez. un. nn. 28547 del 2008 e 7161 del 2010; per le testimonianze non si indica la data di assunzione, oltre a non riprodursi il loro contenuto).”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere, tenuto conto che su entrambi i profili di inammissibilità la memoria non si fa carico dei precedenti della Corte citati nella relazione, dai quali emerge l’infondatezza dei rilievi con cui contesta le due cause di inammissibilità.

3. Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro novecento/00, di cui duecento/00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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