Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2203 del 29/01/2010
Cassazione civile sez. I, 29/01/2010, (ud. 25/11/2009, dep. 29/01/2010), n.2203
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.P., rappresentato e difeso dall’avv. MARRA A.L., come da
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’economia e delle finanze;
– intimato –
Avverso il decreto n. 1744/2008 della Corte d’appello di Napoli,
depositato il 6 marzo 2008;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
Udite le conclusioni del P.M. Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento della somma di Euro 4.711,08 in favore di A.P., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso il 30 settembre 1997 e definito in primo grado dal T.A.R. Campania in data 6 luglio 2007.
Ricorre per cassazione A.P. e deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando l’inadeguatezza sia dell’indennità riconosciutagli sia la liquidazione delle spese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato per quanto attiene al merito, fondato per quanto attiene alle spese. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1^, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619).
Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in due anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in quattro anni e otto mesi l’eccedenza irragionevole della sua durata in primo grado, essendo ragionevole la durata del giudizio d’appello. E questa valutazione non è censurabile nè risulta in realtà censurata.
Corretta è anche la determinazione dell’indennizzo in Euro 4.711,08, dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927).
La ricorrente lamenta anche il mancato riconoscimento dell’integrazione per la natura previdenziale del giudizio. Ma secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita” (Cass., sez. 1^, 14 marzo 2008, n. 6898, m. 602256). E nel caso in esame una tale particolare incidenza non è stata neppure allegata.
Quanto alle spese, i giudici del merito le hanno liquidate in complessivi Euro 451.
Occorre invece applicare la tariffa prevista per il giudizio di cognizione davanti alla corte d’appello (Cass., sez. 1^, 17 ottobre 2008, n. 25352, m. 605766).
In accoglimento del ricorso (limitatamente a tale profilo), le spese del giudizio di merito vanno liquidate in complessivi Euro 1.150 (Euro 720 per onorari, Euro. 380 per diritti, Euro 50 per esborsi).
Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate per i due terzi, in considerazione della parziale soccombenza del ricorrente.
PQM
La Corte, in parziale accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in complessivi in complessivi Euro 1.150 (Euro 720 per onorari, Euro 380 per diritti, Euro 50 per esborsi). Rigetta nel resto il ricorso.
Compensa per i due terzi le spese del giudizio di legittimità e ne pone il rimanente terzo a carico dell’amministrazione convenuta, liquidandole per l’intero in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 500 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010