Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22028 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. III, 24/10/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 24/10/2011), n.22028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 86, presso lo studio

dell’avvocato ACCETTA BIAGINO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MANFREDI GIGLIOTTI MICHELE giusta mandato speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE N. 151, presso lo studio dell’avvocato

ALIFFI SILVIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GRANATA ANTONINO

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 450/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

14/07/08, depositata il 23/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito l’Avvocato Granata Antonino, difensore del controricorrente che

si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE che si

riporta alla relazione.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori: “Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati e visto l’art. 380 bis c.p.c., osserva:

C.G.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n. 450/2008 depositata il 23.7.2008, con cui, in accoglimento dell’appello proposto da L.R.F. avverso una sentenza del tribunale di Mistretta, veniva rigettata la domanda del C. contro L.R. F., in tema di cessione di quota di associazione professionale. Resiste con controricorso il L.R..

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dei principi in tema di notifica dell’atto di appello, non essendo stata dichiarata la nullità della notifica di tale atto.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1362 c.c. in tema di interpretazione della convenzione intervenuta tra le parti ed in ogni caso l’incongrua ed illogica interpretazione effettuata dalla corte di merito.

3. Il ricorso è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69. Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Segnatamente nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

Nella fattispecie la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c., poichè non sono formulati i quesiti di diritto nè alcuno dei motivi relativi ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 contiene una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione (in quanto insufficiente, contraddittoria o omessa) a giustificare la decisione (cfr. Cass. S.U. 16.11.2007, n. 23730).

Inoltre il secondo motivo di ricorso è anche inammissibile per mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.

Infatti, pur lamentandosi l’erronea interpretazione della convenzione intervenuta tra le parti, non risulta trascritta nel ricorso tale convenzione, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 23.3.2005, n. 6225; Cass. 23.1.2004, n. 1170)”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile;

Che le spese processuali seguono la soccombenza;

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal resistente, liquidate in complessivi Euro 1200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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