Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22028 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, (ud. 15/03/2018, dep. 11/09/2018), n.22028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16697/2015 R.G. proposto da:

I.V.R.I. – Istituti di Vigilanza Riuniti d’Italia s.p.a., in persona

del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv.

Marisa Olga Meroni e dall’Avv. Paolo Pontecorvi, con domicilio

eletto presso quest’ultimo in Roma, Piazza dell’Orologio n.7;

– ricorrente –

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso

dall’Avv. Antonello Mandarano, dall’Avv. Antonella Fraschini,

dall’Avv. Paola Maria Ceccoli e dall’Avv. Raffaele Izzo, con

domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio n.

3.

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 15456/2014, depositata

in data 30.12.2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.3.2018 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Istituti di Vigilanza Riuniti d’Italia – da ora IVRI – ha proposto opposizione al giudice di pace di Milano avverso 141 verbali di contestazione elevati per violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 7, comma 14, per aver transitato in zona a traffico limitato e corsie riservate ai mezzi pubblici in assenza di autorizzazione, violazioni commesse nei mesi di novembre e dicembre 2012. Ha dedotto di essere incorsa in errore incolpevole, non essendo, al momento delle infrazioni, a conoscenza della modifica del regime di autorizzazione all’accesso in zona ZTL, adottata dal Comune di Milano con ordinanza n. 684429 del 2012, entrata in vigore il 29.10.2012, adducendo, a conferma della propria buona fede, di aver regolarizzato la propria posizione non appena ricevuta la notifica del primo verbale di contestazione.

Ha chiesto l’annullamento delle infrazioni già accertate o, in subordine, l’applicazione di una sanzione unica nel minimo edittale o il riconoscimento della continuazione.

Il Giudice di pace ha escluso la sussistenza di un errore di fatto, ma ha ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198, comma 1, in considerazione della “consequenzialità funzionale delle condotte e del carattere seriale delle violazioni, commesse in tempi ravvicinati e rispondenti ad una programmazione unitaria”, confermando le contestazioni oggetto di 14 verbali ed annullando le altre.

Il Tribunale di Milano ha accolto l’appello principale del Comune e ha respinto quello incidentale dell’Ivri s.p.a., rigettando in toto l’opposizione, ritenendo provate – o comunque non contestate – la pubblicazione dell’ordinanza n. 684429/2012 nell’albo pretorio e l’emanazione e pubblicazione del relativo disciplinare.

Ha inoltre stabilito che la resistente era stata avvertita dell’entrata in vigore della nuova disciplina, con missiva del 23.10.2012 ed ha, altresì, rilevato che, a prescindere dall’effettiva conoscenza del disciplinare, la società, quale operatore qualificato nel settore della vigilanza avrebbe potuto attivarsi con uno sforzo di diligenza minimo per prendere conoscenza per tempo delle nuove prescrizioni. Ha inoltre escluso l’applicabilità del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198,comma 1, poichè le singole violazioni erano state consumate con condotte del tutto autonome, in quanto commesse in giorni ed orari diversi, con auto diverse e in luoghi diversi.

Avverso detta pronuncia l’IVri ha proposto ricorso in due motivi.

Il Comune ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8 bis, e del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il tribunale omesso di considerare che la disciplina del cumulo materiale di cui all’art. 198 C.d.S., comma 2, non può applicarsi nel caso in cui le violazioni siano commesse in un brevissimo lasso di tempo e con riferimento al medesimo tratto stradale, essendo in tal caso la condotta unica e tale da integrare una sola violazione, cui va, quindi, applicata una sola sanzione.

Il motivo è fondato nei termini che seguono.

1.1. La sentenza impugnata ha precisato che, in base al primo comma della L. n. 689 del 1981, art. 8, comma 1, e al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198, comma 1, qualora con un’unica condotta illegittima siano violate più disposizioni di legge o sia commesse più violazioni della stessa disposizione, deve applicarsi un’unica sanzione aumentata fino al triplo, mentre in presenza di più violazioni della medesima o di diverse disposizioni di legge, consumate mediante condotte autonome, si applicano i principio del cumulo materiale e ciascuna infrazione soggiace ad una autonoma sanzione.

L’istituto ricorrente sostiene che la sentenza abbia violato – anzitutto – il D.Lgs. n. 689 del 1981, art. 8 bis, che disciplina gli effetti della reiterazione degli illeciti amministrativi, ma la censura è, sotto tale profilo, infondata.

La norma dispone che si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole o quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo, precisando, ai commi quarto e quinto, che le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate ai fini della reiterazione quando sono commesse in tempi ravvicinati e sono riconducibili ad una programmazione unitaria e che la reiterazione determina solo gli effetti che la legge espressamente stabilisce.

Questa Corte ha ritenuto che le violazioni della stessa indole reiterate nei cinque anni successivi alla prima di esse soggiacciono ad un aggravamento della sanzione (ad eccezione che nei casi di cui al quarto comma della previsione), senza che ciò comporti l’unificazione delle condotte illecite aventi carattere autonomo a guisa di continuazione ed in deroga alle previsioni della L. n. 689 del 1981, art. 8, (cfr. testualmente, Cass. 4.3.2011, n. 5252).

Di conseguenza, la disciplina della reiterazione non introduce deroga all’applicazione del cumulo formale di sanzioni in caso di concorso formale di violazioni e, a fortiori, del concorso materiale in caso di violazioni consumate con condotte autonome, e ciò neppure in presenza di condotte plurime consumate entro un lasso di tempo ridotto ed in attuazione di una programmazione unitaria, nel qual caso sono esclusi solo gli effetti della reiterazione, come esplicitamente previsto dal comma 5 dell’art. 8 bis (Cass. 16.12.2014, n. 26434; Cass. 5252/2011).

1.2. Si è già detto che l’istituto del cumulo giuridico tra sanzioni è applicabile alla sola ipotesi di concorso formale (omogeneo o eterogeneo) tra le violazioni contestate – per le sole ipotesi, cioè, di violazioni plurime commesse con un’unica azione od omissione – non essendo per converso invocabile con riferimento alla diversa ipotesi di concorso materiale, cioè, tra violazioni commesse con più azioni od omissioni.

In tal caso non può invocarsi neppure l’art. 81 c.p. in tema di continuazione tra reati, sia perchè la L. n. 689 del 1981, art. 8 prevede espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza e assistenza, sia perchè la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme di favore previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi.

Pertanto, qualora sulla base della pluralità oggettiva delle condotte poste in essere dal trasgressore si individui una fattispecie di concorso materiale, ne consegue l’applicazione della regola del c.d. cumulo materiale e, quindi, quod poenam, delle sanzioni previste per ogni singola violazione (Cass. 3.5.2017, n. 10775; Cass. s.u., 28.7.2016, n. 15669).

Nel caso in esame, il Tribunale, ritenuto che si fosse in presenza di una pluralità di condotte autonome, ha ritenuto legittima l’irrogazione di un numero di sanzioni pari alle violazioni contestate, considerando anche il disposto del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198, comma 2, (che concerne, tuttavia, le ipotesi di concorso formale di violazioni ai divieti di accesso nelle aree pedonali urbane e nelle zone a traffico limitato, disponendo che il trasgressore soggiace, anche in tal caso, alla sanzione prevista per ogni singola violazione).

Per stabilire l’autonoma delle singole condotte illecite, il giudice di merito ha dato rilievo al fatto che esse risultavano commesse in luoghi e tempi diversi, con vetture diverse ed in orari diversi ma, nel valutare il dato cronologico, non ha però tenuto conto che, nei casi segnalati dall’istituto ricorrente, i verbali evidenziavano che talune infrazioni erano state commesse dal medesimo veicolo, sullo stesso tratto stradale ed inoltre erano state consumate entro un intervallo temporale ridottissimo (di pochi secondi o di qualche minuto).

L’errore in diritto è in cui è incorsa la sentenza è, quindi, consistito nell’aver ritenuto che le suddette condotte dessero luogo a violazioni autonome per il solo fatto di esser state consumate ad orari diversi, trascurando di considerare che ad ogni accertamento non deve necessariamente corrispondere una contravvenzione, in particolare ove trattasi di condotte poste in essere sulla stessa strada entro un brevissimo lasso temporale, stante il carattere di durata e quindi unitario, delle predette condotte illecite (cfr., testualmente, Corte cost. 26.1.2007, n. 14).

Nei casi indicati non poteva escludersi aprioristicamente la configurabilità di un’unica condotta e di una sola violazione, ma occorreva valutare se il tempo intercorso tra le singole condotte illecite fosse sufficiente per dar luogo a più azioni autonome, dovendosi altrimenti applicare una sola sanzione e non più sanzioni autonome, tra di esse cumulate.

2. Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto inapplicabile l’esimente della buona fede, non considerando che il ricorrente non poteva essere a conoscenza della nuova normativa in tema di accesso alle zone a traffico limitato e che, per contro, legittimamente aveva fatto affidamento nel perdurante vigore della precedente disciplina, infine non valorizzandone la condotta successiva, consistita nell’immediata regolarizzazione della propria posizione dopo la notifica del primo verbale.

Inoltre, le singole contestazioni erano scaturite tutte dal mancato possesso dell’autorizzazione richiesta per il transito in zona a traffico limitato e pertanto le condotte sanzionate avevano carattere unitario; che, stante il numero di veicoli e di accessi effettuati, era particolarmente difficoltoso adeguarsi alle nuove prescrizioni; che, l’entità della sanzione applicata era dipesa non dal disvalore della condotta, ma da circostanze del tutto casuali, quali il numero di transiti effettuati ed i tempi con cui l’amministrazione aveva provveduto a notificare i verbali di accertamento, giustificandosi almeno una riduzione delle sanzione alla luce delle suddette circostanze di fatto.

3.1. Il motivo è infondato.

In linea di principio l’errore scusabile sul fatto può assumere rilievo per escludere la responsabilità del soggetto sanzionato in quanto non attinga la sola interpretazione giuridica del precetto, ma verta sui presupposti della violazione, e sia stato determinato da un elemento positivo, estraneo all’autore, idoneo ad indurlo in errore ed estraneo alla sua condotta, non ovviabile con ordinaria diligenza, purchè sia idoneo ad ingenerare l’incolpevole opinione della liceità del proprio agire.

Il relativo accertamento rientra nei poteri del giudice di merito, la cui valutazione è sindacabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione (Cass. 30.10.2009, n. 23019; Cass. 29.9.2009, n. 20866; Cass. 26.10.2004, n. 20776; Cass. 2.2.1996, n. 911).

Fermo tale rilievo, occorre considerare che la sentenza impugnata ha ritenuto incontestato (e comunque provato), che il Comune avesse pubblicato nell’albo pretorio l’ordinanza istitutiva dell’area C del territorio urbano, entro cui erano destinate ad assumere vigore le nuove prescrizioni.

Ha inoltre accertato che il Comune, oltre ad emanare e pubblicare il relativo disciplinare attuativo già in data 24.10.2012, aveva anche indirizzato al ricorrente una missiva informativa in data 23.10.2012, con cui l’aveva preavvertito dell’entrata in vigore delle nuove norme, comunicando che l’ordinanza comunale era stata già pubblicata sul sito internet comunale e che le nuove disposizioni modificavano la disciplina previgente in senso più restrittivo, imponendo un’autorizzazione precedentemente non richiesta.

Ha ritenuto che tale comunicazione di per sè escludesse la buona fede, essendo sufficientemente dettagliata, e che, comunque, la società ricorrente, quale operatore qualificato operante nel settore della vigilanza, fosse in condizione di attivarsi tempestivamente per acquisire piena conoscenza delle modifiche introdotte, considerato che l’ordinanza adottata nell’ottobre 2012 era stata preceduta da altra ordinanza del 28.6.2012, poi sostituita da quella successiva, la cui entrata in vigore era stata differita dall’1.1.2012 al 29.10.2012 proprio per accordare a tutti gli interessati, inclusi gli uffici pubblici, un tempo sufficiente per conformarsi alle nuove disposizioni.

Ha infine rilevato che l’IVRI aveva richiesto l’autorizzazione con notevole ritardo, solo nel gennaio 2013, quindi dopo un “periodo sovrabbondante rispetto alla necessaria tempistica per l’ottenimento della necessaria autorizzazione”.

Di conseguenza, nessun rilievo poteva assumere il fatto che fosse mutata una regolazione in vigore da anni, poichè la ricorrente era stata avvertita per tempo dell’imminente entrata in vigore delle modifiche normative ed era a conoscenza, al momento delle singole infrazioni, della necessità dell’autorizzazione per percorrere i tratti a traffico limitato. Parimenti la condotta illecita non poteva giustificarsi alla luce delle difficoltà di ordine pratico di conformarsi al nuovo regime, avendo la sentenza accertato che le novità introdotte erano state precedute da una precedente ordinanza, parimenti modificativa in senso restrittivo del regime precedente, adottata mesi prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, e che il ricorrente, per le qualità rivestite, era tenuto ad attivarsi per tempo, essendo in condizione di conoscere il contenuto della nuova normativa comunale, e che, inoltre, era stata raggiunto dalla comunicazione del 23.10.2012 con cui gliene era stato anticipato, in modo dettagliato il contenuto.

Quanto alle difficoltà pratiche di conformarsi, non solo il ricorso non indica quali adempimenti fossero necessari e quali fossero i tempi

minimi per provvedervi, ma va considerato che lo stesso ricorrente ha dedotto di essersi adeguato immediatamente, appena ricevuto la notifica della prima infrazione, ammettendo per implicito che fossero sufficienti, a tale scopo, tempi ristretti.

Neppure può sostenersi che le singole condotte integrassero un’unica violazione per il fatto di dipendere dalla mancanza dell’autorizzazione, poichè il fatto sanzionato dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 198, comma 2, (la circolazione non autorizzata in zona a traffico limitato) è integrato da una condotta avente un’autonoma consistenza oggettiva rispetto al mero possesso dell’autorizzazione. Non si ravvisa quindi la dedotta violazione di legge, poichè la sentenza ha correttamente sussunto ed apprezzato le descritte circostanze di fatto, non incorrendo nella violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3.

Segue, quindi accoglimento del primo motivo e rigetto del secondo.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altro magistrato del Tribunale di Milano, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altro Magistrato del Tribunale di Milano, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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