Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22027 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 13/10/2020), n.22027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8034/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma in via dei

Portoghesi n. 12 è ex lege domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.C. s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e

difesa, in virtù di procura a margine del controricorso, dall’Avv.

Lucio Modesto Maria Rossi, elettivamente domiciliata in Roma alla

via E.Q. Visconti n. 20, presso lo studio dell’Avv. Angelo Petrone;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9768/2015 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, depositata in data 3/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

febbraio 2020 dal Dott. Angelo Napolitano;

udito il P.G. Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per l’assorbimento dei

restanti due;

udito per l’Agenzia delle Entrate l’Avvocato dello Stato Bachetti

Massimo.

 

Fatto

Con avviso di accertamento n. (OMISSIS), l’Agenzia del Territorio – Ufficio Provinciale di Napoli, rettificò il classamento e la rendita catastale relativa a 147 unità immobiliari urbane (box auto cat. C/6, depositi cat. C/2 e autorimessa a rotazione cat. D/8) accatastate a mezzo di procedura DOCFA.

La società contribuente propose ricorso alla CTP chiedendo l’annullamento dell’avviso di accertamento per “totale ed insanabile vizio di motivazione”. In particolare, la società dedusse dinanzi ai giudice di primo grado che era mancato il previo sopralluogo da parte dell’Ufficio e che non vi era, nell’atto impugnato, alcun riferimento alle caratteristiche concrete dei beni oggetto del riclassamento.

Nel contraddittorio con l’Ufficio, che difese il suo operato e la legittimità dell’atto impugnato, la CTP accolse il ricorso.

Su appello dell’Ufficio, nel contraddittorio con la società, la CTR confermò la sentenza di prime cure, affermando che la motivazione posta a corredo dell’atto di riclassamento fosse insufficiente perchè non spiegava le ragioni per le quali l’Ufficio si era discostato dai dati proposti dalla contribuente con la procedura DOCFA, nè vi era l’indicazione dei fabbricati simili a quelli oggetto del riclassamento. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, articolato in tre motivi.

Resiste la società contribuente con controricorso.

Diritto

1.Con il primo motivo, rubricato “Violazione di legge per erronea e/o falsa applicazione del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1, commi 2 e 3; del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11 (D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 30; D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 38) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Amministrazione ha dedotto che nel caso di specie viene in rilievo la procedura DOCFA, che instaura un rapporto partecipato tra la P.A. e il contribuente.

In particolare, l’Amministrazione ricorda che la giurisprudenza della Suprema Corte in numerose occasioni si è espressa nel senso di ritenere sufficiente, con riferimento all’atto di classamento scaturente da una procedura DOCFA, l’indicazione degli elementi oggettivi della categoria, classe e rendita, posta a base di una diversa valutazione tecnico-economica, ai fini catastali, dell’immobile, rispetto a quella compiuta dal contribuente.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe disatteso gli elementi di fatto rappresentati dalla società controricorrente, tanto che quest’ultima, nel ricorso di primo grado, nemmeno avrebbe dedotto tale circostanza; sicchè l’apparato motivazionale dell’atto di riclassamento sarebbe congruo.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 160 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, l’Amministrazione ha dedotto che la CTR ha adottato una motivazione, per decidere sull’appello, non congrua rispetto al caso di specie. Sostanzialmente, l’Amministrazione si duole del fatto che, sebbene essa non avesse addotto, in sede di riclassamento, elementi di fatto diversi rispetto a quelli enunciati dalla contribuente con la procedura DOCFA, il giudice d’appello abbia comunque ritenuto, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte da esso stesso citata in parte motiva, non sufficientemente assolto l’onere motivazionale mediante la mera attribuzione della categoria, della classe e della rendita.

3. Il secondo motivo, per il criterio della ragione più liquida, va esaminato per primo.

3.1 Esso è fondato.

A parte il lapsus calami consistito nella citazione, nell’ambito della rubrica del motivo, dell’art. 160 c.p.c. anzichè dell’art. 161 c.p.c., la sentenza impugnata è del tutto carente di motivazione.

In essa, infatti, pur avendo dato atto dell’orientamento consolidato di questa Corte in merito al ridotto standard motivazionale dell’atto di classamento nell’ambito della procedura DOCFA, quando l’Amministrazione non contesti gli elementi di fatto rappresentati dal contribuente, la commissione territoriale ha ritenuto incongruamente motivato l’atto impugnato senza spiegare quali differenze tra gli elementi di fatto evidenziati dall’Amministrazione rispetto a quelli rappresentati dalla società contribuente rendessero necessario un “rinforzato” apparato motivazionale nel corpo dell’atto di modifica del classamento proposto con la procedura DOCFA.

In vero, è costante l’insegnamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso” (ex multis, Cass., sez. V, n. 12777/2018).

Orbene, la CTR, dicendo che l’Amministrazione si sarebbe limitata “alla mera enunciazione degli elementi oggettivi della categoria, della classe e della rendita dell’immobile, senza alcuna indicazione delle ragioni del rigetto del classamento proposto dalla società e delle diverse e più gravose determinazioni dell’ufficio”, dimentica che tale “mera enunciazione”, proprio secondo la richiamata giurisprudenza della Suprema Corte, costituisce una motivazione sufficiente, purchè gli elementi di fatto considerati dall’Amministrazione ai fini del classamento siano gli stessi di quelli rappresentati dal contribuente.

Nè la CTR ha spiegato se i “dati” proposti dalla contribuente, e rispetto ai quali l’Amministrazione si è discostata, fossero dati afferenti a meri aspetti valutativi di natura tecnico-economica, lo scostamento dai quali non comporta sostanzialmente alcun onere motivazionale da parte dell’Ufficio, essendo la motivazione implicita nella categoria, nella classe e nella rendita attribuite; o invece fossero “dati” afferenti ad elementi fattuali e a concrete caratteristiche degli immobili censiti disattesi dall’Amministrazione con una motivazione insufficiente a dar conto alla contribuente di quali fossero gli elementi fattuali, diversi da quelli rappresentati, che avessero indotto l’Amministrazione ad attribuire agli immobili un classamento diverso da quello proposto con la procedura DOCFA.

3.2 L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo motivo.

4. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Amministrazione si duole che la società contribuente, in primo grado, si fosse lamentata genericamente della mancanza di un sopralluogo prima di procedere al classamento, producendo una perizia di parte dalla quale sarebbe emersa l’erroneità della valutazione tecnica compiuta dall’Amministrazione, mentre la CTR avrebbe posto a base della sentenza d’appello un vizio di motivazione dell’atto di classamento non dedotto in primo grado dalla società controricorrente.

4.1 Il motivo è inammissibile.

L’eventuale ultrapetizione o extrapetizione dalla quale fosse afflitta la sentenza di appello andrebbe valutata non sulla base dei motivi di ricorso proposti in primo grado dalla società contribuente, ma sulla base dei motivi di appello spiegati dall’Ufficio, che non solo non vengono menzionati, ma dai quali l’Amministrazione, nella formulazione del motivo in esame, prescinde totalmente, quasi come se dal ricorso di prime cure fosse scaturita direttamente la sentenza d’appello.

5. In definitiva, è fondato il secondo motivo, con assorbimento del primo, mentre il terzo è inammissibile.

La sentenza deve essere dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad una diversa sezione della CTR della Campania, che regolerà anche le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, assorbito il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara inammissibile il terzo.

Cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad una diversa sezione della CTR della Campania che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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