Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22025 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 13/10/2020), n.22025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4543/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.E.A., rapp.to e difeso dall’Avv. Alessandra Stasi, come

da mandato in calce al controricorso, ed elett.te dom.to presso

l’indirizzo PEC della stessa , domiciliato in Roma piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n 1568/26/15 della Commissione Tributaria

Regionale della Puglia, sez. distaccata di Foggia, depositata il

6/7/2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 gennaio 2020 dalla Dott.ssa d’Oriano Milena;

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. con sentenza n. 1568/26/15, depositata il 6 luglio 2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia sez. distaccata di Foggia, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 333/5/13 della CTP di Foggia, con condanna al pagamento delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione del rigetto di un’istanza di correzione del classamento già attribuito a 3 unità immobiliari site nel Comune di Foggia, rispetto alle quali l’Ufficio aveva ritenuto l’insussistenza di incongruenze da rettificare;

3. la CTP, riconosciuto al contribuente il diritto di modificare la rendita proposta, aveva accolto il ricorso;

4. la CTR, confermata l’emendabilità degli errori di percezione commessi nella dichiarazione catastale, aveva ritenuto condivisibili i nuovi classamenti proposti dalla parte, tenuto conto degli elementi di confronto omogenei e non contrastanti offerti in comparazione;

5. avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 10-22016, affidato a tre motivi; la parte contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 e della L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che la CTR avrebbe errato nel ritenere atto impugnabile il diniego di correzione delle rendite catastali rispetto ad accatastamenti divenuti definitivi al decorso del termine di 60;

2. con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e della L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sul presupposto che il diniego dell’Amministrazione di procedere in autotutela possa essere impugnato in sede giurisdizionale solo per dedurre profili di illegittimità del rifiuto ma non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria;

2. con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante l’obbligo del contribuente di presentare una nuova denuncia DOCFA per valorizzare le mutate condizioni degli immobili;

OSSERVA CHE:

1. I motivi di ricorso da trattarsi congiuntamente per connessione risultano infondati.

1.1 Questa Corte ha già chiarito che ” In tema di classamento, la rendita catastale, che non è il fatto costitutivo di alcuna obbligazione tributaria, ma il risultato di un procedimento di tipo accertativo, strumentale alla determinazione del valore economico di un bene, rilevante ai fini di una pluralità d’imposte, ha un efficacia illimitata nel tempo, ma non definitiva, per cui, come all’Ufficio finanziario va riconosciuto, oltre il termine di 12 mesi di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701, il potere d’intervenire per rettificare la rendita proposta dal contribuente, quest’ultimo può sempre presentare istanze di variazione, anche a correzione dei propri errori, atteso che la non emendabilità di eventuali dichiarazioni inesatte cristallizzerebbe, in contrasto con l’art. 53 Cost., un’imposizione falsata nei presupposti” (Vedi Cass. n. 3001 del 2015).

Al contribuente deve essere, dunque, riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura DOCFA, quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera. (Vedi Cass. n. 19379 e n. 22557 del 2008; n. 2995 del 2015).

L’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, sicchè, quando la situazione di fatto e di diritto ab origine denunziata non sia veritiera, il contribuente mantiene il diritto di modificare la rendita proposta all’Ufficio.

Nel vigente sistema tributario la rendita catastale non ha mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale ma solo una efficacia riflessa, ai fini delle imposte sul reddito complessivo, ai fini delle imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari.

La rendita catastale non forma oggetto di una dichiarazione annuale del contribuente e non esaurisce la propria efficacia con riguardo ad una singola annualità d’imposta, avendo – al contrario efficacia pluriennale escludente in radice qualsiasi ipotesi di definitività o irrevocabilità; avendo efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione.

Pertanto come l’Ufficio, senza caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, non vi è ragione per cui quest’ultimo non possa correggere i propri errori od omissioni o sollecitare un adeguamento dell’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile.

La cristallizzazione nel tempo di una imposizione falsata nei suoi presupposti si pone infatti in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost..

Come la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa solo un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, lo stesso principio va a maggior ragione – applicato alla dichiarazione di classificazione catastale, che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte che – per valere come base per il calcolo dell’imposta – debbono essere idonee a rappresentare l’indice di capacità contributiva del cittadino.

Tanto in sintonia con l’art. 10, dello Statuto del contribuente secondo cui “i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e buona fede”, essendo – appunto – conforme a buona fede non percepire somme non dovute, ancorchè versate per errore dall’obbligato su dichiarazione da lui stesso effettuata.

2. Tanto premesso, deve ancora osservarsi che non può condividersi l’assunto dell’Amministrazione secondo cui l’atto di diniego di modifica della rendita catastale non rientrerebbe nella tipologia degli atti a contenuto negativo tassativamente elencati tra quelli impugnabili al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Anche su questo punto il Collegio intende conformarsi ai precedenti di questa Corte sopra citati secondo cui il ricorso può essere proposto avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nello stesso D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, e quest’ultima disposizione annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti “la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.

Non vi è dunque ragione di escludere dall’ambito degli “atti relativi alle operazioni catastali” di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. f), il diniego opposto ad una istanza di variazione/correzione.

Con tale atto infatti il contribuente non sollecita una richiesta di intervento in autotutela – che indubbiamente rappresenta una possibilità per l’amministrazione, ma non un obbligo, in ogni caso subordinata ad un riscontro positivo da parte della stessa non sindacabile nel merito – ma esercita il diritto, che l’ordinamento gli riconosce, ad una definizione mirata e specifica relativa alla sua proprietà.

Ne consegue che, ove il classamento non risulti soddisfacente il privato può ricorrere al giudice tributario, previo il diniego dell’Amministrazione. In tal caso “il giudice procederà ad una valutazione in cui ben può tener conto di mutate condizioni, della vetustà dell’edificio, della non rispondenza dell’immobili alle esigenze attuali; e potrà eventualmente disapplicare i criteri elaborati dalla Amministrazione. D’altronde, I termini di abitazione signorile, civile, popolare richiamano nozioni presenti nell’opinione generale a cui corrispondono caratteristiche che possono con il tempo mutare, sia sul piano della percezione dei consociati (si pensi al maggior rilievo che assume nella mentalità di oggi il numero dei servizi igienici, la collocazione centrare o periferica di un immobile), sia sul piano oggettivo, per il naturale deperimento delle cose, cui non abbia posto rimedio una buona manutenzione; o per le mutate condizioni dell’area ove l’immobile si trovi. Quindi può accadere che abitazioni in passato ritenute modeste o popolari divengano civili o signorili, e viceversa che immobili di pregio perdano la qualifica superiore”. (Vedi Cass. n. 22557 del 2008).

A quest’ultimo riguardo va sottolineato che gli atti catastali sono, tra quelli impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, gli atti assoggettati alla più ampia “libertà di forma”, non avendo il legislatore definito il nome od il tipo dell’atto nei cui confronti il contribuente è ammesso a proporre ricorso e limitandosi a rinviare alle operazioni catastali ricomprese nella giurisdizione tributaria, cioè a tutti gli atti ad esse operazioni afferenti senza distinguo di sorta. La previsione della generica impugnabilità degli atti catastali va di conseguenza letta nell’ottica del rispetto del diritti di difesa e di tutela giudiziaria contro tutti gli atti idonei a produrre effetti giuridici negativi in capo al contribuente quale è la determinazione della rendita catastale che rappresenta, ai fini di una pluralità di tributi, la misura della capacita contributiva del soggetto passivo con riferimento alla titolarità di un diritto di proprietà su un bene immobile sito nel territorio dello Stato.

Come dunque non vi sarebbe ragione di precludere al contribuente la possibilità di emendare la denuncia di classamento precedentemente presentata, non vi è ragione di assegnare al diniego dell’Agenzia delle Entrate la natura di atto non impugnabile, nè di imporre al contribuente la preventiva proposizione di altra procedura DOCFA.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.

3.1 Segue la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare a S.E.A. le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 2.600,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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