Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22025 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 03/09/2019), n.22025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23377-2018 proposto da:

E.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato COSIMO CASTRIGNANO’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 9193/2017 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 6 giugno 2018, il Tribunale di Lecce ha respinto la domanda di E.G., alias G., nativo della Nigeria, volta al riconoscimento della protezione internazionale o di quella umanitaria.

1.1. In estrema sintesi, quel tribunale, previa discussione delle parti presenti in aula all’udienza del 15 maggio 2018, ritenne che i motivi addotti dall’istante a sostegno delle sue richieste non ne consentivano l’accoglimento.

2. Avverso il descritto decreto, E.G., alias G., ricorre per cassazione affidandosi ad un motivo, mentre il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta la “mancata assunzione di mezzi di prova; violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 – bis, comma 10, lett. t), in relazione all’art. 24 Cost., comma 2”, ascrivendo al tribunale leccese di non aver “accolto e disposto le richieste istruttorie formulate nel procedimento di primo grado, in particolare l’ascolto del ricorrente, senza evidenziare i motivi per cui non ha ritenuto necessaria la predetta audizione; inoltre, non essendo disponibile la videoregistrazione dell’audizione, avrebbe dovuto usare i propri poteri ufficiosi e disporre l’assunzione dei mezzi di prova ai sensi del D.Lgs. n. 23 del 2008, art. 35 – bis, comma 10, lett. c)…. Ciò ha leso il diritto di difesa del ricorrente, atteso che non ha potuto avvalersi delle facoltà e dei diritti previsti dall’ordinamento a sostegno delle proprie ragioni e della propria difesa, in aperta violazione del dettato costituzionale” (cfr. pag. 2 del ricorso).

2. L’odierno ricorso è inammissibile per evidente violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., non assolvendo, in modo idoneo, al raggiungimento dello scopo che detto requisito di contenuto-forma deve soddisfare.

2.1. Invero, la struttura del ricorso, sotto il titolo “fatti della causa”, espone, in undici righe (cfr. piè di pag. 1 ed inizio di pag. 2), quanto ai fatti del processo di primo grado, una sintesi da cui alcunchè si evince con riguardo ai fatti giuridici costitutivi della domanda ivi proposta, nè del contenuto della decisione adottata dal tribunale salentino, riferendo, sul punto, genericamente che venne rigettato il ricorso, senza nulla spiegare, anche solo sommariamente, quanto alle ragioni di tale statuizione (certo non bastando le generiche argomentazioni precedentemente riportate quali contenuto della prospettata doglianza).

2.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che l’esposizione sommaria dei fatti prescritta, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo considerata dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso stesso, deve consistere in una esposizione che garantisca alla Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa decisione impugnata (cfr. Cass., SU, n. 11653 del 2006; Cass. n. 5640 del 2018, in motivazione). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato Cass., SU., n. 2602 del 2003).

2.2.1. Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario, come statuisce la prima delle decisioni evocate, che il ricorso per cassazione contenga, sebbene in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la decisione impugnata.

2.2.2. Orbene, la sopra ricordata esposizione del fatto non rispetta tali necessari contenuti, perchè non indica i fatti storici che hanno occasionato la controversia, nè individua le ragioni giuridiche sulla base delle quali la domanda dell’odierno ricorrente era stata introdotta in primo grado, nè espone, pur sinteticamente, le argomentazioni giustificative del decreto impugnato. L’esposizione del fatto è, pertanto, del tutto inidonea al raggiungimento dello scopo suo proprio, donde la inammissibilità del ricorso, ricordandosi, peraltro, che, secondo la Corte EDU, il diritto di accedere al giudice di ultima istanza non è assoluto e, sulle condizioni di ricevibilità dei ricorsi, gli Stati hanno un sicuro margine di apprezzamento, potendo prevedere restrizioni a seconda del ruolo svolto dai vari organi giurisdizionali e dell’insieme delle regole che governano il processo (cfr. Corte EDU, 15/09/2016, Trevisanato c. Italia; Cass., SU. n. 30996 del 2017, p. 2.3).

3. Non necessita alcuna pronuncia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo il Ministero rimasto solo intimato, altresì rilevandosi che sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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