Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22021 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 31/10/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 31/10/2016), n.22021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24757 – 2012 R.G. proposto da:

D.S., – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in

virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Nicolò

Cassata ed elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza Augusto

Imperatore, n. 22, presso lo studio dell’avvocato Guido Pottino;

– ricorrente –

contro

D.P.M., – c.f. (OMISSIS);

– intimata –

Avverso la sentenza n. 1163 dei 1.7/23.9.2011 della corte d’appello

di Palermo;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 13

settembre 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 3.5.1997 D.S. citava a comparire innanzi al tribunale di Palermo la sorella D.M.P..

Esponeva che in data (OMISSIS) ed in data (OMISSIS) erano deceduti ab intestato D.C. e C.P.F., genitori di ella attrice e della convenuta; che la sorella si era sistematicamente opposta alla divisione consensuale dei beni relitti e si era appropriata dei depositi bancari e postali intestati al padre e alla madre.

Chiedeva che si procedesse alla divisione dei beni ereditari.

Si costituiva D.M.P..

Deduceva che non vi erano depositi, nè postali nè bancari, intestati ai genitori.

All’esito dell’istruzione – nel cui corso veniva acquisita comunicazione del “Credito Emiliano” attestante che la de cuius C.P.F. era intestataria di titoli del valore nominale di Lire 25.000.000, rimborsati in data 9.4.1993 ed il cui controvalore, pari a Lire 27.362.450. era stato dalla de cuius consegnato alla figlia M.P. – con sentenza dei 21.1/2.5.2005 il tribunale adito dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di scioglimento della comunione ereditaria limitatamente agli immobili, giacchè le parti avevano fatto luogo alla divisione consensuale. condannava la convenuta a corrispondere all’attrice l’importo di Euro 7.065,76, dichiarava inammissibile ogni ulteriore domanda e regolava le spese di lite.

In particolare il primo giudice puntualizzava che non vi era prova delle pretese ulteriori elargizioni operate da C.P.F. in favore della figlia M.P., giacchè la documentazione asseritamente atta a riscontrarle, depositata da D.S. con le note istruttorie del 30.9.1999, non era stata rinvenuta nel fascicolo.

Interponeva appello D.S..

Resisteva D.M.P..

Con sentenza n. 1163 dei 1.7/23.9.2011 la corte d’appello di Palermo rigettava il gravame e compensava integralmente le spese del grado.

Esplicitava, la corte di merito – in ordine alla doglianza a tenor della quale il tribunale aveva pronunciato senza tener conto dei documenti depositati in data 30.9.1999, non rinvenuti nel fascicolo dell’attrice al momento della decisione e atti a dimostrare che i danti causa erano intestatari di cinque buoni postali, da Lire 5.000.000 ciascuno, “cambiati” da M.P. in data 8.6.1993, sicchè costei avrebbe dovuto esser condannata al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 6.455,71, corrispondente alla metà del controvalore – che correttamente il tribunale aveva deciso in base agli atti rinvenuti.

Esplicitava comunque che la liquidazione dei cinque “buoni postali” intestati a D.C., a C.P.F. ed alla stessa D.M.P., liquidazione da quest’ultima effettuata in data 8.6.1993 ed asseritamente comprovata dalla nota fax del 30.9.1999. ovvero da uno dei documenti non rinvenuti al momento della decisione. non poteva esser intesa siccome “automaticamente dimostrativa di una donazione dell’intera somma di Lire 25 milioni, da parte dei coniugi D. – C., alla figlia P., nè tantomeno di una arbitraria appropriazione di tale somma da parte di costei” (così sentenza d’appello. Pag. 3); che, del resto, l’appellata aveva “sempre asserito di essersi occupata dell’assistenza materiale di entrambi i genitori, verosimilmente bisognosi di particolari cure, a causa dell’età avanzata e dello stato di malattia in cui versavano” (così sentenza appello, pag. 3).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso D.S.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite. D.M.P. non ha svolto difese.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 74 disp. att. c.p.c., u.c., artt. 77 e 87 disp. att. c.p.c..

Deduce che l’indice dei documenti da ella prodotti risulta regolarmente sottoscritto dal cancelliere: che segnatamente la corte d’appello “ha omesso di considerare che (…) la presenza di tutti i documenti riportati nell’indice è stata verificata dal cancelliere il 4 ottobre 2004, l’ultimo giorno utile per il deposito delle memorie di replica e che in pari data il fascicolo è stato rimesso al giudice” (così ricorso, pag. 7); che dunque ha diligentemente assolto l’onere di verificare la presenza in atti della decisiva documentazione invocata a sostegno della sua posizione; che d’altra parte “non vi era alcun indizio che potesse far presumere (…) che (…) potesse avere volontariamente ritirato e omesso di ridepositare i documenti in oggetto” (così ricorso, pag. 8); che. peraltro, dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado erano state rinvenute le deduzioni ex art. 184 c.p.c., sicchè potevasi ragionevolmente presumere che se fossero state disposte le opportune ricerche, con mandato alla cancelleria, “i documenti sarebbero stati trovati e avrebbero potuto essere regolarmente utilizzati” (così ricorso, pag. 8).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Deduce che la presenza dei documenti nel proprio fascicolo era stata accertata dal cancelliere in data 29.7.2004. al momento del deposito della conclusionale, e ribadita in data 4.10.2004, al momento del deposito della replica e della nota spese, con l’apposizione della sottoscrizione di cui all’art. 74 disp. att. c.p.c., u.c.: che, conseguentemente, del tutto ingiustificato è l’assunto della corte secondo cui ella ricorrente “avrebbe potuto accorgersi della mancanza di quanto ritualmente prodotto, denunziare altri eventi e dedurre l’incolpevole mancanza dei documenti” (così ricorso, pag. 8).

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che l’assunto della corte d’appello, secondo cui l’importo dei cinque “buoni postali – sarebbe stato il corrispettivo della materiale assistenza prestata da M.P. ai genitori, “non trova alcun riscontro nelle risultanze dell’istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado – (così ricorso, pag. 11).

11 primo ed il secondo motivo sono strettamente connessi.

Se ne giustifica pertanto la congiunta disamina.

In ogni caso ambedue i motivi sono fondati e meritevoli di accoglimento.

Si rappresenta che questa Corte di legittimità spiega che, ove non risulti alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte – che, come il successivo rideposito. deve necessariamente avvenire per il tramite del cancelliere che custodisce l’incartamento processuale (art. 77 disp. att. c.p.c.) – il giudice, riscontrata la mancanza di una prova documentale inserita nel fascicolo di parte. deve ritenere che le attività delle parti e dell’ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e quindi che il fascicolo non sia mai stato ritirato dopo l’avvenuto deposito; che. conseguentemente, il giudice deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria e, in caso di insuccesso, concedere un termine alla parte per la ricostruzione del proprio fascicolo, non potendo gravare sulla parte medesima le conseguenze del mancato reperimento (cfr. Cass. sez. lav. 12.12.2008, n. 29262).

Si rappresenta che questa Corte spiega ulteriormente che, soltanto all’esito infruttuoso delle ricerche da parte della cancelleria ovvero in caso di inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire, nel termine accordato, il proprio fascicolo, il giudice potrà pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione (cfr. Cass. sez. lav. 12.12.2008, n. 29262; Cass. 11.5.2010, n. 11352).

Su tale scorta si reputa che la corte distrettuale non si è uniformata al descritto imprescindibile modus operandi.

Ed invero in nessun modo può condividersi l’assunto della corte palermitana alla cui stregua, qualora “il giudice accerti che un documento. pur menzionato nell’indice del fascicolo, non si trovi materialmente allegato agli atti non ha l’obbligo di effettuare ulteriori ricerche, essendo onere di diligenza della parte verificare la presenza in atti della documentazione invocata a sostegno della propria posizione (così sentenza d’appello, pag. 2).

Al contempo, se è vero, siccome è vero, che l’esito infruttuoso delle ricerche da parte della cancelleria e l’inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire, nel termine all’uopo accordato, il proprio fascicolo costituiscono “passaggi” obbligati, ne discende che unicamente qualora tali “passaggi” siano stati compiuti, può argomentarsi siccome ha argomentato la corte territoriale, ossia che, in virtù del principio dispositivo in tema di prove, “il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di alcuni documenti ritualmente prodotti, deve presumersi espressione. in mancanza della denunzia di altri eventi, di un atto volontario della parte, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti in esso contenuti” (così sentenza d’appello, pag. 2).

L’accoglimento del primo e del secondo motivo assorbe e rende vano l’esame del terzo.

Si rappresenta, più esattamente, che parte ricorrente ha prospettato che in data 30.9.1999 aveva atteso al deposito di una pluralità di documenti, in particolare dei documenti analiticamente indicati alle pagine 2 e 3 del ricorso.

Conseguentemente non rivestono peculiare valenza le ulteriori argomentazioni della corte territoriale, in quanto correlate esclusivamente alla “nota fax del 30.9.1999 dell’agenzia di (OMISSIS) delle Poste Italiane s.p.a. – (così sentenza d’appello, pag. 2) ossia, così come la stessa corte ha dato atto, ad “uno dei documenti non rinvenuti al momento della decisione – (così sentenza d’appello, pag. 2).

In accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso la sentenza n. 1163 dei 1.7/23.9.2011 della corte d’appello di Palermo va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima corte.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso. assorbito il terzo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza n. 1163 dei 1.7/23.9.2011 della corte d’appello di Palermo; rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Palermo anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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