Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22021 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.21/09/2017),  n. 22021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21547-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che la rappresenta

e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato ROBERTO

CARAPELLE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Torino accolse le domande proposte da M.D. – docente di scuola alle dipendenze del MIUR in virtù di una serie di consecutivi contratti a termine susseguitisi nel tempo -riconoscendo, in virtù del principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ai sensi della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, il diritto della predetta alla progressione retributiva legata all’anzianità di servizio maturata;

che la Corte di Appello di Torino ha respinto il gravame proposto dal MIUR ritenendo il devolutum limitato alla contestazione dell’applicazione al caso considerato della clausola 4 dell’accordo Quadro recepito dalla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE;

che la Corte territoriale, per quel che rileva nella presente sede, ha richiamato, a fondamento della pronuncia, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo di cui sopra, recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, evocando i principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t. d. trasfuso nella indicata Direttiva;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di unico motivo, al quale ha opposto difese la M., con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che viene denunziata violazione e falsa applicazione: del D.Lgs. settembre 2001, n. 368, della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53, dell’art. 142 CCNL 24 luglio 2003 e art. 146 CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007, del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, art. 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 nonchè della Direttiva 99/70/CE e della L. n. 122 del 2010, art. 9, comma 23 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendosi che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa;

che si sostiene che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

3. che il ricorso è infondato;

4. che, innanzitutto, il ricorso di primo grado non ha prospettato la questione degli scatti biennali ex L. n. 312 del 1980 (aumenti periodici del 2,50% sullo stipendio iniziale di qualifica) e che la domanda accolta dal giudice del gravame è stata, come si desume da quanto affermato dalla Corte di appello sull’ambito del devolutum (pag 6 della sentenza di appello) solo quella tesa all’accertamento dell’avvenuta violazione del principio di non discriminazione economica sancito dalla clausola 4 dell’Accordo quadro ed al riconoscimento di un trattamento paritario, sotto il profilo retributivo (progressione stipendiale correlata al mero decorso del tempo), tra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato;

che la Corte di appello, rispetto all’ambito del devolutum quale individuato anche sulla base delle domande formulate nel ricorso introduttivo, ha adottato una motivazione pienamente pertinente rispetto alle doglianze formulate nell’atto di gravame – come riportate a pag 3 della sentenza di appello – e che il MIUR non ha dedotto l’omesso esame di questioni ulteriori rispetto alle quali fosse stato soccombente in primo grado, sicchè inconferente deve ritenersi il richiamo alla violazione della L. n. 312 del 1980, art. 53;

che, con riguardo alla questione della progressione economica in considerazione dell’anzianità di servizio, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”;

che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

5. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5;

6. che la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

7. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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