Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22020 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 13/10/2020), n.22020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28743-2016 proposto da:

RISTORANTE DA MARIO DI F.A. & C. SNC,

elettivamente domiciliata in Roma, via Porta Pinciana, presso lo

studio dell’Avv. Santaroni Mario, rappresentata e difesa dall’Avv.

Di Meglio Giuseppe;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BARANO D’ISCHIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3797/08/16 della CTR di Napoli, depositata il

20 aprile 2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2020 dal relatore CAVALLARI DARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Giacalone

Giovanni, il quale ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto

del ricorso;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società contribuente ha proposto ricorso contro un avviso di pagamento con il quale il Comune di Barano ha domandato il pagamento di Euro 6.463,00 a titolo di TARSU per l’anno 2007.

– La CTP di Napoli, con sentenza n. 24691/11/2014, ha accolto il ricorso.

Il Comune di Barano d’Ischia ha proposto appello.

La CTR di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3797/08/16, ha accolto l’appello.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Parte intimata non ha svolto difese.

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 141,170 e 330 c.p.c. in relazione al del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 ed al del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, poichè la CTR avrebbe errato nel non considerare insufficiente la motivazione dell’avviso di pagamento.

La doglianza è infondata.

Infatti, la CTR ha chiarito, sulla base dell’esame dell’atto impugnato, che la motivazione dello stesso era completa, in particolare essendosi tenuto conto delle risultanze di altri giudizi di identico contenuto introdotti dalla società contribuente con riguardo a differenti annualità e definiti in senso negativo per la stessa.

Parte ricorrente, peraltro, ha contestato in maniera assolutamente nerica la decisione di appello, senza neppure indicare quali atti, menzionati nell’avviso, non sarebbero stati allegati od individuati.

Al riguardo, si osserva, comunque, che, in tema di imposta sulla pubblicità, le delibere comunali relative all’applicazione

del tributo ed alla determinazione delle relative tariffe non rientrano tra i documenti che devono essere allegati agli avvisi di accertamento ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto detto obbligo è limitato agli atti richiamati nella motivazione che non siano conosciuti o altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non anche agli atti generali come le delibere del consiglio comunale che, essendo soggette a pubblicità legale, si presumono conoscibili (Cass., Sez. 5, n. 30052 del 21 novembre 2018).

2. Con il secondo ed il terzo motivo, che possono essere valutati congiuntamente stante la stretta connessione, la società ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 59, da 62 a 64 e 66 perchè la CTR non avrebbe considerato che la superficie tassabile ed il periodo di utilizzo dell’area sarebbero stati erroneamente calcolati, senza tenere conto della denuncia di variazione e di quella di fine occupazione già presentate.

La doglianza è infondata.

La giurisprudenza ha chiarito che la TARSU è dovuta, a norma del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni) e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perchè ponendo la norma una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”, e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione. Il citato D.Lgs. art. 66 contempla, diversamente, dei temperamenti dell’imposizione per le situazioni che obiettivamente possono compOrtare una minore” utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale o non continuativo in situazioni che danno luogo ad una riduzione percentuale della tariffa, risultanti dalla licenza rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività, regolando in modo peculiare la fattispecie e ponendo a carico del contribuente un onere di dichiarazione e di prova delle situazioni fattuali (Cass., Sez. 5, n. 31460 del 3 dicembre 2019; Cass., Sez. 5, n. 19459 del 18 dicembre 2003).

Ad identiche conclusioni deve giungersi con riferimento al periodo di utilizzo dell’area assoggettata al tributo.

Nella specie, la società contribuente non ha indicato quali prove avrebbe addotto a sostegno della propria tesi, oltre al fatto di avere comunicato la denuncia di variazione e di fine occupazione.

Al contrario, la CTR oltre ad avere rilevato l’assenza di prova de qua, ha osservato che in senso difforme rispetto a quanto vorrebbe parte ricorrente deponevano gli accertamenti giudiziari precedenti e “le stesse fotografie allegate dal contribuente di data e periodo del tutto incerti”.

La società contribuente non tiene conto che, nel sistema normativo dell’imposta in questione, non è sufficiente la mera denuncia di variazione o la semplice indicazione di una data di fine occupazione ad ottenere l’esenzione dal pagamento della TARSU, essendo necessario che l’istante fornisca pure la dimostrazione dell’effettività di tale variazione e della durata ridotta della detta occupazione

4. Con il quarto motivo la società ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42 perchè la tariffa applicata sarebbe stata stabilita dalla Giunta comunale e non dal Consiglio.

La doglianza è inammissibile perchè, dalla lettura del ricorso, non risulta sia stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio.

Peraltro, ulteriore modvo di inammissibilità è la genericità della contestazione.

5. Alcuna statuizione deve essere assunta in ordine alle spese di lite, stante la condotta processuale di parte intimata.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dell’obbligo, a carico della società ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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