Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22015 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. I, 03/09/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 03/09/2019), n.22015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 3580/2013 proposto da:

Milano Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via M. Mercati n. 51,

presso lo studio dell’avvocato Luponio Ennio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Silimbani Maurizio, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175,

presso la Direzione Affari Legali di Poste Italiane, rappresentata e

difesa dagli avvocati Cataldi Rossana, Chiappinelli Giuseppina,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1792/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2019 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDERICO Sorrentino, che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Silimbani che si riporta;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Ursino Anna Maria Rosaria,

con delega orale, che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Viene proposto ricorso, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza pronunciata il 12 dicembre 2011 dalla Corte d’appello di Torino, la quale, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato Poste Italiane s.p.a. al risarcimento del danno nella misura di Euro 2.565,00, oltre rivalutazione ed interessi legali, corrispondente alla metà della somma portata da un assegno di traenza illegittimamente incassato presso un ufficio postale da soggetto non legittimato.

La corte territoriale ha ritenuto che: a) la negoziatrice risponde del pagamento per responsabilità contrattuale oggettiva, ai sensi dell’art. 43 l.a., nella specie avendo pagato a persona prima di allora non conosciuta, cui contestualmente ha aperto un libretto di deposito nominativo, previo controllo formale della patente e del tesserino di codice fiscale privo di fotografia; b) fu imprudente l’invio dell’assegno per posta ordinaria, anzichè con posta raccomandata con avviso di ricevimento, la sola che permetta di avere un riscontro della consegna corretta, dunque senza un minimo di cautela esigibile, tale da costituire concausa dell’evento, secondo il criterio della cd. causalità adeguata di regolarità statistica, donde il concorso di colpa nella misura del 50% a carico della compagnia di assicurazione, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, rilevabile d’ufficio.

Si è difesa con controricorso l’intimata.

Le parti hanno depositato le memorie.

La causa è stata rinviata a nuovo ruolo dalle ordinanze interlocutorie del 21 marzo 2018 e del 5 febbraio 2019, pervenendo infine alla pubblica udienza.

La ricorrente ha depositato una ulteriore memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso. I motivi del ricorso possono essere così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, oltre al vizio di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, per avere la sentenza impugnata ritenuto il concorso causale della compagnia assicuratrice, la quale spedì il titolo per posta ordinaria, condotta che tuttavia non viola nessuna norma positiva o di prudenza, atteso che il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 e 84, attengono al rapporto tra il mittente e Poste italiane s.p.a., non ai rapporti con i terzi; mentre la condotta causale efficiente fu solo quella di apertura del rapporto bancario a soggetto inesistente, senza gli adeguati controlli; inoltre, è incongruo ritenere che il mezzo raccomandato permetta il controllo dell’effettiva ricezione del plico da parte del beneficiario dell’assegno, posto che esso non implica l’avviso di ricevimento, il destinatario del plico ben potrebbe non essere il beneficiario, la firma apposta sull’avviso di ricevimento potrebbe essere falsa o comunque non controllabile, e lo stesso avviso comunque perviene spesso dopo molti giorni, mentre poi non vi è prova dello smarrimento o della sottrazione durante il percorso postale, potendo ad esempio il plico essere trafugato dalla buca delle lettere del destinatario;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., oltre a motivazione inesistente, essendo l’identificazione del beneficiario di titolo intrasferibile il momento centrale dell’adempimento dell’obbligo della banca, mentre il concorso commissivo mediante omissione esige una norma preesistente, la quale imponga il comportamento omesso; nè costituisce fatto notorio che la spedizione per posta ordinaria conduca ad eventi illeciti, indicando le statistiche semmai il contrario;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1852,1857 e 2669 c.c., art. 43 l.ass., oltre al vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, per non avere la corte territoriale ritenuto responsabile Poste Italiane s.p.a., quale negoziatrice, senza nessun possibile discarico su chi spedì il titolo, o comunque per non avere ritenuto integrata la prova della colpa, non avendo questa rilevato la falsità dei documenti presentati al momento dell’incasso del titolo.

2. – La questione. Tutti e tre i motivi pongono, sotto vari profili, la medesima questione: vale a dire, se l’invio per posta ordinaria dell’assegno non trasferibile, che venga sottratto e pagato a soggetto non legittimato, possa costituire condotta idonea, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, ad integrare il concorso di colpa del mittente con riguardo al pagamento dell’assegno a soggetto diverso dal beneficiario.

La peculiarità del caso di specie consiste, inoltre, nel rivestire Poste Italiane s.p.a. anche il ruolo della banca negoziatrice del titolo.

Resta, invece, estraneo al thema decidendum il punto se la responsabilità della banca negoziatrice sia di natura oggettiva (come ritenuto dalla sentenza impugnata) oppure soggettiva almeno colposa (come ritenuto dalle Sezioni unite con la sentenza del 21 maggio 2018, n. 12477), in quanto non vi è ricorso incidentale sul punto.

3. – La sentenza impugnata. Come si è ricordato, la corte territoriale ha ritenuto che l’invio del titolo per posta ordinaria, invece che mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ebbe rilievo causale concorrente nella produzione del danno lamentato, determinatosi per il successivo pagamento a soggetto non legittimato, in quanto si trattò di condotta imprudente concausa del danno, riscontrata in virtù del criterio della cd. causalità adeguata secondo la legge di regolarità statistica, e stabilendo, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, il concorso di colpa nella misura del 50% a carico della compagnia di assicurazione.

4. – I precedenti. Precedenti decisioni di questa Corte hanno affrontato sia, in generale, la questione del riconoscimento di una concorrente responsabilità da parte del soggetto che abbia spedito un assegno a mezzo posta, sia, in particolare, il profilo peculiare del rilievo del regolamento postale al riguardo.

4.1. – Modalità della spedizione del titolo. Le modalità di spedizione dell’assegno – posta ordinaria, posta raccomandata con ricevuta di ritorno, posta assicurata – sono state considerate da alcuni precedenti di questa Corte, con conclusioni non uniformi.

a) Lettera raccomandata a/r.

La prima decisione, che prende compiuta posizione al riguardo, è Cass. 30 marzo 2010, n. 7618, la quale ha enunciato il principio di diritto, secondo cui l’eventuale condotta colposa di chi spedisca un assegno in una corrispondenza ordinaria non ha alcun rilievo causale con riferimento all’evento produttivo del danno reclamato: questo, infatti, si determina soltanto quale conseguenza di un comportamento colposo posto in essere dall’istituto di credito che paghi, quale “fatto sopravvenuto” all’inserimento del titolo nella corrispondenza, che vale ad interrompere l’eventuale nesso di causalità tra la condotta di chi spedisce l’assegno e l’evento verificatosi in suo danno, vale a dire il pagamento a soggetto estraneo al rapporto cartolare. Ne ha dedotto la non ipotizzabilità di un concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, “non rivestendo, in ogni caso, l’eventuale fatto colposo del danneggiato efficacia causale concorrente nella determinazione del danno”.

Detta sentenza era stata preceduta solo da un breve spunto, contenuto in una precedente decisione, secondo cui “il titolo e la configurazione giuridica della responsabilità della banca per il pagamento dell’assegno non trasferibile a soggetto non legittimato assorbono totalmente (pur in presenza di altri mezzi bancari utilizzabili per il trasferimento di valuta) le modalità di trasmissione delle quali il richiedente si sia avvalso per l’invio dell’assegno al prenditore beneficiario” (così, in motivazione, Cass. 16 maggio 2003, n. 7653, sul punto non massimata).

Si tratta di precedenti che in sostanza predicano l’interruzione del nesso causale tra la spedizione dell’assegno e la perdita del relativo importo, in quanto il titolo venga pagato a soggetto non legittimato.

Assai più di recente, si legge un obiter in una ordinanza, in vicenda in cui non vi era nessuna prova, ma solo l’ipotesi che il titolo fosse stato spedito a mezzo posta, nè, tanto meno, era noto se la compagnia di assicurazioni mittente “si fosse avvalsa del servizio postale ordinario anzichè del servizio assicurato”. Pur tuttavia, l’ordinanza aggiunge che la spedizione dell’assegno non trasferibile a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno non assume alcun rilievo causale in riferimento all’evento produttivo del danno lamentato dallo stesso traente (Cass., ord. 22 agosto 2018, n. 20911, non massimata). Trattandosi di questione estranea al thema decidendum la decisione non può peraltro essere annoverata tra quelle aventi efficacia di precedente.

b) Posta ordinaria.

Con riguardo all’assegno spedito per posta ordinaria, una recente decisione, nell’escludere la responsabilità di colui che abbia spedito il titolo per posta ordinaria, ha ragionato nel senso che l’accertata responsabilità per aver operato il pagamento in favore del soggetto non legittimato e non convenientemente identificato “si pone come fatto sopravvenuto all’inserimento del titolo nel plico inoltrato per posta ed è tale da escludere il nesso di causalità”: in altri termini, “l’evento dannoso prodottosi non dipende dall’inoltro dell’assegno a mezzo del plico postale – evenienza, questa, da cui può solo derivare la conseguenza dell’appropriazione del titolo da parte del non legittimato – ma dalla condotta dell’ente giratario per l’incasso, siccome responsabile del pagamento in favore di un soggetto diverso dal beneficiario” (Cass. 1 febbraio 2018, n. 2520, non massimata);

aderisce a tale orientamento anche una recente ordinanza, secondo cui va esclusa ogni valenza eziologica al riguardo (Cass., ord. 17 gennaio 2019, n. 1049).

In epoca anteriore, una decisione affermava lo stesso principio, ma senza specifica motivazione della ragione per la quale neppure l’uso di tale metodo di spedizione possa avere un’efficienza causale nel danno patito per l’evento dannoso a titolo di concorso del fatto colposo ex art. 1227 c.c. (Cass. 4 novembre 2014, n. 23460).

Una seconda ed una terza, pur richiamando la massima del 2010, non affrontano la questione quale oggetto del thema decidendum, avendo reputato il punto privo dei requisiti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., ord. 21 febbraio 2017, n. 4381) o il motivo aspecifico (Cass., ord. 21 dicembre 2017, n. 30665).

Dall’altro lato, da diverse decisioni è stata confermata la sentenza di merito, la quale aveva ravvisato il concorso di colpa nella misura del 50% in capo al soggetto che aveva spedito il titolo per posta ordinaria, ma avendo reputato “inammissibili le censure intese a sindacare l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito in ordine all’esistenza di tale concorso” (Cass. 2 dicembre 2016, n. 24659 e Cass. 22 febbraio 2016, n. 3406); simile il percorso logico della ordinanza più recente (Cass., ord. 11 marzo 2019, n. 6979).

4.2. – Le regole di utilizzo del servizio postale. La questione ne tocca un’altra, ovvero quella della valenza, nella fattispecie del concorso colposo, del regolamento postale, laddove prescrive taluni comportamenti da parte dell’utente del servizio.

Il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, prevede all’art. 83: “Divieto di includere valori nelle corrispondenze ordinarie e raccomandate. E’ vietato d’includere nelle corrispondenze ordinarie, in quelle raccomandate e nei pacchi ordinari denaro, oggetti preziosi e carte di valore esigibili al portatore. Le corrispondenze ed i pacchi, riconosciuti, per segni esterni, in contravvenzione a tale divieto, sono sottoposti d’ufficio, a carico del destinatario, al doppio della tassa di raccomandazione e di quella minima di assicurazione, se trattasi di corrispondenze ordinarie, od al doppio della tassa minima di assicurazione se trattasi di corrispondenze raccomandate e di pacchi. I destinatari saranno esonerati dal pagamento di tali tasse se, prima di ritirare le corrispondenze o i pacchi, faranno constatare l’inesistenza di valori. (…)”.

L’art. 84 prevede: “Assicurazione obbligatoria. Le lettere ed i pacchi contenenti denaro, oggetti preziosi o carte di valore esigibili al portatore debbono essere assicurati. La dichiarazione di valore non può essere superiore al valore reale del contenuto, ma è consentito di dichiarare un valore inferiore. E’ ammessa l’assicurazione anche per i casi di forza maggiore. E’ ammessa, altresì, l’assicurazione convenzionale per la spedizione di documenti, carte ed oggetti di speciale importanza e di valori non esigibili al portatore. Per ciascuna di tali forme di assicurazione il mittente, salvo il disposto dell’art. 54, è tenuto a pagare anticipatamente la relativa tassa”.

Sul rilievo delle citate disposizioni, ai fini della configurabilità del concorso colposo dell’avente diritto, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, questa Corte ha già svolto alcune osservazioni.

In primo luogo, si è detto che gli artt. 83 e 84 citt. pongono un divieto che attiene esclusivamente ai rapporti fra l’ente postale e gli utenti, al fine di prevenire condotte e comportamenti fonte di responsabilità per le parti del rapporto stesso, onde ne risulterebbe l’irrilevanza al di fuori di quel rapporto (Cass. 30 marzo 2010, n. 7618; cui si richiama, in obiter, Cass., ord. 22 agosto 2018, n. 20911).

In secondo luogo, si è affermato che l’assegno non trasferibile “non è equiparabile nè agli oggetti preziosi, nè al denaro, nè alle carte di valore esigibili al portatore”, onde comunque la vicenda non si inquadra nella fattispecie del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 83 (Cass. 30 marzo 2010, n. 7618).

5. – Necessità di un approfondimento. L’insoddisfazione per la tesi che si è andata affermando – come si è visto, nella sostanza sulla base di un unico precedente in senso tecnico, richiamato nel 2018 induce alla rimessione della questione alle Sezioni unite, in considerazione della circostanza che essa tocca materie devolute a diverse Sezioni semplici e del fatto che quasi tutti i precedenti menzionati muovono da un concetto di responsabilità oggettiva della banca ex art. 43 L. ass. non più attuale, atteso il “diritto vivente” sancito da Cass., sez. un., 21 maggio 2018, nn. 12477 e 12478.

Occorre chiedersi, infatti, se la scelta di spedire un assegno a mezzo posta, in particolare utilizzando un’opzione che non permetta di seguire il plico e la sua consegna, sia davvero causalmente neutra, al fine di affermare la responsabilità esclusiva del banchiere che quell’assegno, trafugato e poi messo all’incasso dal non legittimato, abbia pagato.

5.1. – L’art. 1227 c.c.. In generale, la norma prevede il concorso causale della condotta dello stesso danneggiato, ora nella produzione del danno (comma 1), ora nell’aggravamento delle conseguenze dannose dell’altrui comportamento (comma 2), che rileva solo allorchè sia possibile rimproverare alcunchè in termini di colpa al danneggiato medesimo.

E’ il comma 1 che qui viene in rilievo.

Si tratta di un fattore causale concorrente che, come può provenire da un terzo, così potrebbe essere posto in essere dallo stesso danneggiato, alla stregua delle leggi di causalità e della regola generale, secondo cui tutte le condotte che concorrono a produrre l’evento devono essere considerate nella propria efficienza eziologica (cfr. art. 2055 c.c.). In tal modo, anche il fatto del danneggiato può venire in rilievo, potendo porsi come fattore concorrente nella produzione del danno o, se preponderante, come fattore addirittura idoneo ad elidere il nesso eziologico con l’altrui condotta, in base ad un giudizio improntato al principio di regolarità causale.

Invero, il fatto colposo del danneggiato, idoneo a diminuire l’entità del risarcimento secondo la previsione dell’art. 1227 c.c., comma 1, comprende qualsiasi condotta negligente od imprudente che costituisca causa concorrente dell’evento, e, quindi, non soltanto un comportamento coevo o successivo al fatto illecito, ma anche un comportamento antecedente, purchè legato da nesso eziologico con l’evento medesimo.

E, quando il fatto colposo del danneggiante è antecedente all’altrui illecito – ossia, all’inadempimento ed alle sue conseguenze dannose nella responsabilità contrattuale, o alla condotta integrante il fatto ingiusto di cui all’art. 2043 c.c. ed alle sue conseguenze – la sua efficacia di concausa del danno, oltre che con riferimento al danno-conseguenza, potrebbe estrinsecarsi anche direttamente rispetto alla condotta costituente l’illecito, quale concausa della condotta di inadempimento stesso o di quella determinativa del fatto ingiusto (Cass. 15 marzo 2006, n. 5677).

Tutto ciò, in completa coerenza con le teorie causali, che questa Corte da tempo accoglie in ambito civilistico. La causalità, come categoria scientifica relativa al mondo dei fatti, è recepita dall’ordinamento giuridico mediante la cd. giuridicizzazione del nesso eziologico.

Gli artt. 40 e 41 c.p. – regole generali disciplinanti il nesso causale tra la condotta e l’evento – pongono il rapporto di causalità materiale che muove dalla cd. teoria della condicio sine qua non, nel cui ambito operano al contempo i principi dell’equivalenza delle cause e della causalità efficiente. Ivi, infatti, rileva anzitutto la nozione naturalistica di causalità.

Il passaggio dalla legge scientifica alla legge giuridica si traduce, sul piano della responsabilità civile, nella trasformazione della causalità in criterio d’imputazione del danno e nella rilevanza, quindi, della “concausa umana colposa” (cfr. Cass., ord. 19 aprile 2018, n. 9649, non mass.; Cass., ord. 28 luglio 2017, n. 18909, non mass.; Cass., ord. 11 luglio 2017, n. 17084; Cass. 17 febbraio 2017, n. 4208; in precedenza, fra le altre, Cass. 4 novembre 2014, n. 23426, Cass. 23 ottobre 2014, n. 22514, Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704 e Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152).

Si giunge così, in ambito civilistico, alla cd. teoria della causalità adeguata o a quella similare della cd. regolarità causale, per cui occorre dare rilievo solo alle serie causali che ex ante non appaiano del tutto inverosimili, in quanto si pongano, invece, all’interno di un range di prevedibilità.

In particolare, alla stregua della cd. teoria della regolarità causale, la conseguenza normale imputabile sarà quella che secondo l’id quod plerumque accidit e, quindi, in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante – integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento originario, che ne costituisce l’antecedente necessario.

Sicchè il principio della regolarità causale, rapportato ad una valutazione ex ante e di carattere oggettivo, diviene la misura della relazione probabilistica in astratto tra il criterio di imputazione del danno ed evento dannoso (nesso causale) da ricostruirsi anche sulla base dello scopo della norma violata (Cass., ord. 1 febbraio 2018, n. 2483).

Donde la considerazione che la ratio fondante il concorso contemplato dall’art. 1227 c.c., comma 1, sta proprio nell’applicazione del principio della causalità: e la “colpa”, alla quale la norma fa riferimento, è misura della rilevanza causale predetta, non mero criterio di imputazione soggettiva del fatto (nel senso che soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito di cui all’art. 2043 c.c.): dunque, è requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato ai fini della riduzione della altrui responsabilità.

L’espressione “fatto colposo”, che compare nel citato art. 1227 c.c., attiene così ad un comportamento che si ponga in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive o dettata dalla comune prudenza (Cass., ord. 1 febbraio 2018, n. 2483; Cass. 17 febbraio 2017, n. 4208; Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152).

In altri termini, la norma intende imporre un dovere di cautela anche in capo allo stesso danneggiato, limitandone il diritto al risarcimento, in ragione di un concorso del proprio fatto colposo, che si ponga in un nesso di ragionevole probabilità e, quindi, di causalità adeguata con il pregiudizio patito.

Essa richiede che la condotta concausa dell’evento sia colposa, in quanto possa essere mosso al danneggiato un rimprovero di negligenza, imprudenza o imperizia. Com’è noto, la colpa civile consiste nella deviazione da una regola di condotta, sia essa imposta da una norma, prevista in un patto contrattuale o dettata dalla comune prudenza: “(è) in colpa dunque chi viola la legge, chi non adempie un patto contrattuale, e chi tiene una condotta difforme da quella che, al suo posto, avrebbe tenuto una persona di media diligenza (concetto che si riassume nel brocardo dell’homo eiusdem generis et condicionis)” (così Cass. 27 marzo 2018, n. 7515).

Onde il concorso della vittima nella causazione o nell’aggravamento del danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c., sussiste solo quando la condotta del danneggiato sia stata colposa, vale a dire irrispettosa di precetti legali, di patti contrattuali o di regole di comune prudenza.

5.2. – L’invio a mezzo posta come possibile concausa del danno. Si domanda dunque se – in astratto, quale giudizio di diritto relativo alla sussunzione di una data condotta nell’ambito di applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c. – l’invio di un assegno a mezzo posta (anche con riguardo al mezzo usato, se posta ordinaria, raccomandata o assicurata) integri violazione di una regola di legge o di contratto o, in ogni caso, di regole di comune prudenza, le quali impongano particolare cautele a tutela della posizione altrui: vale a dire, la posizione del danneggiante, assurta anch’essa ad oggetto di tutela del legislatore, in virtù della norma in discorso.

Invero, sembra che nell’ordinamento dei privati, tanto più dove improntato, come nella specie, alla parità delle posizioni delle parti, sia necessario contemperare adeguatamente l’esigenza di tutelare la regolare trasmissione dei titoli di credito secondo la legge di circolazione loro propria – cosicchè il pagamento di un titolo a legittimazione invariabile avvenga solo in favore di soggetto a ciò legittimato – e l’esigenza, altrettanto evidente nella sua elementare ragionevolezza, di non accollare immotivatamente al prossimo le conseguenze economiche dannose che derivino da condotte qualificabili come di esposizione consapevole ed agevolmente evitabile (cioè senza apprezzabile sacrificio) al rischio di subire quel pregiudizio da parte della vittima potenziale e, quindi, (almeno) concausa del danno da questa patito.

Occorre pertanto considerare se integri precetto di comune prudenza esigibile – al di là dell’ipotesi particolare in cui la negoziatrice coincida con Poste Italiane s.p.a., che dunque potrebbe ancor più dolersi del mancato rispetto del regolamento da parte del proprio utente – quello di tenere conto dei rischi di spedizione di titoli di credito per posta ordinaria, in presenza di molteplici mezzi diversi di pagamento.

Con riguardo al regolamento postale, occorre peraltro osservare che alle su menzionate disposizioni ne sono seguite altre dopo la privatizzazione delle Poste: sin dal decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni 9 aprile 2001, recante “Approvazione delle condizioni generali del servizio postale”, il quale prevede all’art. 6 che “per spedire denaro contante e altri valori in genere il mittente è tenuto ad utilizzare gli invii assicurati di cui all’art. 15, dichiarando il relativo valore”; e la Carta della qualità del servizio pubblico postale, approvata con il successivo decreto ministeriale 26 febbraio 2004, prevede che “l’invio di denaro, preziosi e titoli può avvenire solo con Posta Assicurata, dichiarando il relativo valore”.

Quindi, l’art. 12 dell’allegato A alla deliberazione n. 385/13/CONS del 20 giugno 2013 dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni-Agcom, sulle Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane, prevede: “Ai fini della spedizione di denaro contante, e altri valori, il mittente è tenuto ad utilizzare gli invii assicurati dichiarando il relativo valore e nel rispetto, ove previsto, delle norme di sicurezza vigenti in materia”.

Occorre anche tenere conto del fatto che sussiste oggi la possibilità tecnica di “tracciabilità” della corrispondenza, caratteristica delle raccomandate e assicurate. La prevede l’art. 2, comma 2, lett. c) e d), che si occupano della “posta raccomandata” e della “posta assicurata”: per la prima, il servizio “fornisce al mittente la ricevuta come prova dell’avvenuta spedizione e consente di verificare lo stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio”; per la seconda, “(i)l servizio di posta assicurata consente di verificare al mittente e al destinatario lo stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio”. Per entrambi, l’art. 5 regola il servizio accessorio dell’avviso di ricevimento.

E’, dunque, possibile seguire il percorso di tali spedizioni online, venendo informati se il plico si trova presso un ufficio postale e quale, se si trova in transito e se è stato o no consegnato al destinatario, anche dunque consentendo al mittente di predisporre cautele atte ad evitare il pagamento a soggetto non legittimato.

Tutto ciò, si noti, non per la diretta rilevanza giuridica vincolante dei precetti sull’uso del servizio postale in capo agli utenti, ma per la considerazione che le citate disposizioni possano costituire un parametro di valutazione della condotta tenuta, indipendentemente dalla applicabilità diretta nel rapporto negoziale inter partes: il riferimento alle menzionate disposizioni viene operato non al fine di invocarne l’efficacia normativa vincolante, ma quale mera indicazione di particolari accorgimenti e cautele, che il soggetto dovrebbe adottare.

Ancora più radicalmente, potrebbe osservarsi come l’ampia diffusione dei conti correnti bancari potrebbe indurre addirittura a preferire modalità di pagamento più sicure rispetto alla spedizione degli assegni (quale il bonifico bancario), senza apprezzabile sacrificio per il mittente.

Ed, infine, questa Corte – nell’ambito di diritti della persona, dunque in un contesto di ancor maggiore rilevanza degli interessi della vittima – ha statuito il seguente principio di diritto, che non pare quindi improprio richiamare, tanto più, nella presente vicenda: “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso” (Cass. 1 febbraio 2018, n. 2483).

6. – Rimessione alle S.U. Va, in conclusione, rimessa la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, sulla seguente questione di diritto di particolare importanza, anche tenuto conto della considerevole incidenza pratica della questione stessa:

“Se possa ravvisarsi un concorso del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, nella spedizione di un assegno a mezzo posta – sia essa ordinaria, raccomandata o assicurata – con riguardo al pregiudizio patito dal debitore che non sia liberato dal pagamento, in quanto il titolo venga trafugato e pagato a soggetto non legittimato in base alla legge cartolare di circolazione”.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, sulla questione di massima di particolare importanza indicata in motivazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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