Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22014 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, (ud. 05/02/2018, dep. 11/09/2018), n.22014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4088 – 2014 R.G. proposto da:

COMUNE di SERRA SAN BRUNO, – p.i.v.a. 00278200795 – in persona del

sindaco pro tempore, rappresentato e difeso in virtù di procura

speciale autenticata per notar T. in data 17.1.2018

dall’avvocato professor T.F. ed elettivamente domiciliato

in Roma, alla via Cola di Rienzo, n. 297, presso lo studio

dell’avvocato Bruno Tassone;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, MINISTERO delle INFRASTRUTTURE e dei TRASPORTI, in persona

del Ministro pro tempore, AGENZIA del DEMANIO, in persona del

direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, domiciliano per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della corte d’appello di Catanzaro n. 1385 dei

10.11/29.12.2012, udita la relazione nella camera di consiglio del 5

febbraio 2018 del consigliere dott. Luigi Abete;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale dott. Salvato Luigi, che ha chiesto rigettarsi

il ricorso.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato il 20.9.1967 il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio citavano a comparire dinanzi al tribunale di Catanzaro il Comune di Serra San Bruno.

Esponevano che con decreti n. 3097/1940 e n. 7026/1940 del Prefetto di Catanzaro era stato espropriato in favore del Ministero dei Lavori Pubblici terreno edificatorio in Comune di Serra San Bruno, terreno ove era stato costruito in virtù delle disposizioni legislative emanate a seguito del terremoto del 1908 un fabbricato di cinque piani, composto da 39 vani ed accessori.

Esponevano che, ultimati nel 1950 i lavori, il Comune convenuto aveva occupato ampia parte dello stabile e se ne era assunto proprietario, ancorchè la costruzione fosse stata eseguita integralmente a spese dello Stato senza contributo alcuno da parte dell’ente comunale.

Chiedevano che l’adito giudice li dichiarasse proprietari dell’edificio e condannasse l’ente comunale a rilasciare le porzioni occupate e a risarcire il danno correlato all’indebita occupazione.

Si costituiva il Comune di Serra San Bruno.

Instava per il rigetto dell’avversa domanda ed in via riconvenzionale perchè fosse, a sua volta, dichiarato proprietario dell’immobile.

Con sentenza non definitiva n. 913/2003 il tribunale di Catanzaro dichiarava le amministrazioni attrici proprietarie del fabbricato e disponeva per l’ulteriore corso istruttorio.

Interponeva appello il Comune di Serra San Bruno.

Espletata c.t.u., con sentenza definitiva n. 281/2007 il tribunale di Catanzaro dichiarava il Comune convenuto obbligato all’immediato rilascio dello stabile e lo condannava al risarcimento dei danni – quantificati in Euro 82.144,73 – correlati all’uso dell’edificio.

Interponeva appello il Comune di Serra San Bruno.

Resistevano agli esperiti gravami il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio; proponevano appello incidentale.

Riuniti gli appelli, espletata ulteriore c.t.u., con sentenza n. 1385 dei 10.11/29.12.2012 la corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello principale, accoglieva in parte l’appello incidentale ed, in parziale riforma della sentenza definitiva, condannava il Comune di Serra San Bruno altresì alla corresponsione della rivalutazione monetaria; condannava l’ente locale alle spese del doppio grado e di c.t.u..

Evidenziava la corte che non era dato rinvenire agli atti le note del 1937 del Ministero dell’Interno e del Genio civile di Catanzaro.

Evidenziava inoltre che non vi era “comunque prova che ricorressero i presupposti per l’applicazione (della) speciale normativa” (così sentenza d’appello, pag. 12) di cui alla L. n. 454 del 1935, art. 9.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Comune di Serra San Bruno; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria di spese.

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e omessa applicazione degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c. e degli artt. 169 e 115 c.p.c.; l’insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che la corte di merito ha affermato che non era dato rinvenire agli atti le note del Ministero dell’Interno e del Genio civile di Catanzaro del 1937 e tuttavia al riguardo non ha tenuto conto che figurava allegato un unico fascicolo del Comune di Serra San Bruno.

Deduce quindi che la corte distrettuale avrebbe dovuto disporre la ricerca del secondo fascicolo, non reperito, ed, in ipotesi di mancato rinvenimento, ordinarne la ricostruzione nel contraddittorio tra le parti.

Deduce ulteriormente che dalle note non rinvenute, richiamate nei propri atti difensivi e nella relazione tecnica di parte, si desume che il fabbricato è stato realizzato con finanziamenti concessi ai sensi della L. n. 454 del 1935 e dunque a beneficio del Comune di Serra San Bruno in applicazione della speciale normativa relativa al terremoto del 1908.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che “la documentazione probatoria relativa alla proprietà comunale dell’immobile (…) era ben più cospicua, e che la semplice considerazione della mancanza in atti delle note (…) non poteva (…) adeguatamente suffragare, di per sè sola, la statuizione di rigetto” (così ricorso, pagg. 10 – 11).

Deduce quindi che, pur a prescindere dalle due note del 1937, sono stati acquisiti agli atti elementi sufficienti a dimostrare la proprietà comunale dell’immobile.

I motivi di ricorso sono strettamente connessi. Il che ne suggerisce l’esame contestuale. Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento.

Si premette che la motivazione dell’impugnato dictum, segnatamente nella parte in cui si dà ragione dell’infondatezza del gravame esperito avverso la sentenza non definitiva n. 913/2003, è in forma binaria articolata.

Più esattamente la corte territoriale ha sì affermato che “non sono in atti le due note del 1937 (…) dalle quali dovrebbe evincersi che il fabbricato sarebbe stato realizzato con finanziamenti concessi ai sensi della L. n. 454 del 1935 sulla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del 1908” (così sentenza d’appello, pag. 12).

Nondimeno ha in ogni caso ancorato la sua statuizione agli esiti dell’esame – oltre che del quadro normativo invocato dall’appellante – degli atti relativi al procedimento di esproprio dell’area ed alla realizzazione dell’edificio (significativo è il “comunque” a pag. 12 della sentenza impugnata).

La duplice articolazione dell’impianto motivazionale – di cui invero dà simmetrico riscontro lo stesso ente ricorrente, allorchè ha prospettato, con il secondo motivo, che “dagli atti di causa emergevano comunque, anche a prescindere dalla due note del 1937, elementi più che sufficienti per dimostrare la proprietà comunale dell’immobile” (così ricorso, pag. 12) – toglie precipua valenza alla censura dal primo mezzo di impugnazione veicolata, alla stregua propriamente del rilievo per cui, seppur la si riconoscesse assistita da buon fondamento, le ulteriori argomentazioni “in fatto” della corte catanzarese sono – siccome si dirà – in ogni modo idonee a “sostenere” la decisione impugnata (cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108).

Tanto beninteso a prescindere dalla considerazione per cui pur la censura addotta dal primo mezzo di impugnazione si svela ingiustificata alla luce dell’insegnamento a tenor del quale, nell’ipotesi di perdita del fascicolo d’ufficio e dei fascicoli di parte in esso contenuti, la parte ha l’onere di richiedere al giudice il termine per ricostruire il proprio fascicolo e, disposte infruttuosamente le opportune ricerche tramite la cancelleria, può – entro ìl termine assegnato – depositare nuovamente atti e documenti, a condizione che dimostri di averli già ritualmente prodotti (cfr. Cass. sez. lav. 8.2.2013, n. 3055).

In questi termini il Comune di Serra San Bruno non ha allegato di essersi debitamente attivato, con la formulazione di apposita istanza, ai fini della ricostruzione del secondo suo fascicolo – tanto più che emergeva “dalla descrizione dello svolgimento del processo effettuata dal giudice di primo grado (che) i fascicoli prodotti dal Comune di Serra San Bruno erano due” (così ricorso, pag. 7) – e quindi ai fini del “recupero” dei documenti datati 1937, che “con ogni probabilità erano contenuti nel fascicolo di parte di primo grado non presente tra gli atti del processo di appello perchè involontariamente smarrito” (così ricorso, pag. 9).

E’ evidente, per altro verso, che la censura “mossa” specificamente col secondo motivo attinge il giudizio “di fatto” cui la corte di merito ha provveduto (“la Corte d’Appello di Catanzaro ha disatteso tale tesi, rigettando l’appello del Comune tendente a far affermare la proprietà comunale (e non statale) dell’immobile in contestazione (…)”: così ricorso, pag. 10).

E’ evidente altresì che l’addotto asserito vizio motivazionale rileva ratione temporis nei limiti della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (la sentenza impugnata è stata depositata il 29.12.2012) e nel solco dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (il riferimento è a Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053).

In tal guisa si rappresenta quanto segue.

Da un lato, che è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce della statuizione delle sezioni unite testè menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo (la corte calabrese ha rimarcato che non vi era prova alcuna che la sede ove il municipio di Serra San Bruno era ubicato nel 1908, fosse stata danneggiata o distrutta dal terremoto del 1908 e “dunque che ricorressero i presupposti per attingere ai fondi provenienti dalle addizionali di cui alla L. 4 aprile 1935, n. 454, art. 9 per la ricostruzione degli edifici pubblici danneggiati da quel terremoto”: così sentenza d’appello, pag. 14).

Dall’altro, che il secondo giudice ha sicuramente disaminato il fatto decisivo caratterizzante la res litigiosa dalle parti discusso ovvero la proprietà dell’immobile de quo agitur.

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte territoriale risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

Del resto il ricorrente censura la supposta erronea valutazione degli esiti istruttori e null’altro prospetta se non un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti (in data 4.11.1943 e 21.3.1944 il Corpo reale del Genio civile di Catanzaro provvide alla consegna dell’intero edificio al Comune di Serra San Bruno; con nota del 22.6.1944 l’Ufficio distrettuale del Registro richiese in locazione al Comune quattro locali più accessori al pianterreno dell’edificio del Municipio, in tal modo riconoscendo implicitamente la proprietà comunale dell’immobile; il 20.9.1946, con nota n. 3156, il Ministero dei Lavori Pubblici ebbe a comunicare al Comune di Serra San Bruno, che non risultavano elementi per poter stabilire la demanialità dell’edificio adibito a sede municipale (cfr. ricorso, pagg. 11 – 12); “elementi tutti che sono stati invece assolutamente trascurati dalla Corte d’Appello”: così ricorso, pag. 12).

E tuttavia, da un canto, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

E tuttavia, dall’altro, è inammissibile il motivo di ricorso che sollecita la revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e perciò si risolve in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul “fatto”, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (siccome già si riconosceva nel vigore dell’abrogato dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità (la condanna al rimborso delle spese del giudizio a favore di un’amministrazione dello Stato riguardo alle spese vive deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito: cfr. Cass. 18.4.2000, n. 5028; Cass. 22.4.2002, n. 5859). La liquidazione segue come da dispositivo.

Il ricorso è datato 3.2.2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’ente ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, Comune di Serra San Bruno, a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 7.700,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 5 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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