Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22013 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, (ud. 23/01/2018, dep. 11/09/2018), n.22013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24063-2014 proposto da:

SAMIA COSTRUZIONI EDILI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIERO BORSIERI 39, presso il CENTRO SERVIZI LEGALI IUS E DOMUS,

rappresentatò e difeso dall’avvocato GILIOLA SCHIRALDI;

– ricorrente –

contro

F.G. DITTA INDIVIDUALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2760/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2018 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

CHE:

La società Samia Costruzioni Edili srl proponeva opposizione al decreto con cui, su istanza della ditta individuale F.G., le era stato ingiunto il pagamento di Euro 10.422,91, quale corrispettivo per l’esecuzione di lavori edili svolti in due cantieri, facendo valere domanda riconvenzionale con cui lamentava la cattiva esecuzione delle opere da parte di F.. Il Tribunale di Monza revocava il decreto ingiuntivo, accertava l’esistenza da un lato del credito di F. per Euro 10.422,91, dall’altro lato del credito risarcitorio della Samia Costruzioni Edili per Euro 2.273,62 ed effettuava la compensazione tra i due crediti, condannando Samia a pagare la differenza.

La società Samia appellava la sentenza; la ditta F. faceva valere appello incidentale. La Corte d’appello di Milano – con sentenza 5 luglio 2013, n. 2760 – rigettava l’appello principale, accoglieva parzialmente l’appello incidentale e così, confermando nel resto la sentenza impugnata, condannava Samia al pagamento di due terzi delle spese di lite.

Contro la sentenza ricorre in cassazione la società Samia.

L’intimata ditta individuale F.G. non ha proposto difese.

In data 14 novembre 2017 è stata depositata memoria con cui è stata comunicata l’avvenuta dichiarazione di fallimento della società Samia.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

L’unico motivo su cui è basato il ricorso lamenta falsa applicazione degli artt. 1667,1668,1453 e 2697 c.c. La sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con una consolidata giurisprudenza di questa Corte, inaugurata dalla pronuncia delle sezioni unite n. 13533/2001, secondo la quale, ove venga dedotto l’inesatto adempimento di un’obbligazione, il creditore della prestazione, oltre a provare la fonte del rapporto, può limitarsi a dedurre l’inesattezza dell’adempimento, mentre l’onere di provare il contrario grava sul debitore.

Il motivo non può essere accolto. La società Samia, in sede di opposizione a un decreto ingiuntivo, ha fatto valere in via riconvenzionale, chiedendone la compensazione con il credito ingiunto, un credito relativo ai “costi sostenuti e sostenendi dalla opponente per l’eliminazione dei vizi e difformità presenti nelle opere eseguite” in alcuni cantieri dalla subappaltatrice ditta F., credito che il Tribunale ha parzialmente riconosciuto. La Corte d’appello, a fronte della censura della società ricorrente circa il mancato riconoscimento del restante controcredito, ha ritenuto, in relazione alle infiltrazioni verificatesi in un immobile – infiltrazioni ricollegate all’utilizzo di tasselli e viti che perforarono i canali di scolo dell’edificio – che, sulla base degli elementi probatori raccolti, non sia stata raggiunta la prova nè che le viti siano state piantate dalla ditta F. e non invece da un’altra impresa, nè che i danni furono l’effetto di un errato posizionamento delle viti, mancato raggiungimento della prova che la Corte ha posto a carico dell’opponente appaltatore e non dell’opposto subappaltatore.

In tale fattispecie – che vede contrapposti l’appaltante e il subappaltatore e ove il primo non ha dimostrato che il fatto che potrebbe avere causato il vizio è stato posto in essere dal secondo non è invocabile l’orientamento per il quale, in nome del principio di vicinanza della prova, è sufficiente che il compratore alleghi l’inesatto adempimento ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (così, da ultimo, Cass. 21927/2017), orientamento che, peraltro, non è pacifico all’interno della giurisprudenza di questa Corte (si vedano Cass. 18947/2017 e Cass. 18125/2013). In materia di appalto (si veda al riguardo l’articolata e rigorosa ricostruzione di Cass. 19146/2013), gli artt. 1665 e 1667 c.c., invocati dalla società ricorrente, prendono in considerazione la verifica e l’accettazione dell’opera così che sino al momento dell’accettazione, espressa o tacita, dell’opera, il committente (nel nostro caso l’appaltatore) che fa valere in giudizio la garanzia per difetti dell’opera può limitarsi ad allegare l’esistenza dei vizi, gravando sull’appaltatore (nel nostro caso il sub-appaltatore) l’onere di provare di avere eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte, ma una volta verificata, anche per facta concludentia, l’opera, è il committente che l’ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica a dovere dimostrare l’esistenza dei vizi. Ne consegue il rigetto della censura: correttamente la Corte d’appello ha posto a carico della ricorrente il mancato raggiungimento del proprio convincimento in ordine alla imputabilità dei vizi, trattandosi di fattispecie in cui la ricorrente, convenuta (in senso sostanziale) in giudizio per il pagamento del prezzo del subappalto, ha chiesto il risarcimento del danno per le difformità e i vizi dopo che l’opera era stata ad essa consegnata, non risultando, dal contenuto del ricorso, se e quali atti, incompatibili con la volontà di accettare l’opera o di accettarla senza riserve, la ricorrente abbia posto in essere.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla viene disposto in punto spese non avendo l’intimata svolto difese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 23 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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