Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2201 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 18/12/2018, dep. 25/01/2019), n.2201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10452/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

METALTECNICA s.r.l. in concordato preventivo in persone del legale

rappresentante pro tempore liquidatore giudiziario R.S.;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche n. 20/5/11 depositata 1’8/3/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

18/12/2018 dal consigliere Roberto Succio;

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza qui impugnata la CTR delle Marche ha accolto l’appello della società contribuente e quindi in riforma della pronuncia della CTP ha annullato l’avviso di accertamento impugnato emesso per IVA ed IRPEG 2002 derivanti dalla contestazione di operazioni commerciali ritenute soggettivamente inesistenti;

– ricorre l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi; la

società contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione Finanziaria denuncia vizio motivazionale per avere la CTR inspiegabilmente, dopo aver in premessa mostrato di conoscere che l’anno d’imposta in esame era il 2002, ritenuto che nessun rilievo era formulato nel PVC quanto all’anno 2001 e in forza di tal equivoco – a fronte di risultanze processuali quali il PVC, riportato in avviso di accertamento, del tutto chiare – ritenuto che non fossero state elevate contestazioni specifiche alla contribuente riguardo l’anno in parola;

– con il secondo motivo l’Erario censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la CTR ritenuto che l’onere probatorio, quanto ai rilievi in forza di fatture per operazioni inesistenti, gravasse sull’Amministrazione Finanziaria, onerando la stessa di fornire prova diretta dell’evasione;

– i motivi possono trattarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono ambedue fondati;

– quanto al primo motivo, si evince dall’esame del PVC, debitamente trascritto in ricorso ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, come in effetti anche per l’anno in questione (il 2002, in quanto il riferimento operato in sentenza. all’anno 2001 è evidentemente un lapsus calami) i verbalizzanti ebbero a formulare rilievi specifici, relativi proprio all’utilizzo di “fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti (vds Allegato 4) emesse sia dalla “vin.To Srl”, per gli anni 2000 e parte del 2002, e dalla “Tecnoservice S.r.l.” per parte del periodo d’imposto 2001, 2002, e 2003, per gli importi di seguito indicati:

… IMPONIBILE IVA RELATIVA del 2002 223,374,80 – IVA RELATIVA 22.674,96″;

In seguito, poi, i verificatori precisavano anche che: “si rappresenta che negli anni 2000, 2001, 2002, la verificata ha indebitamente percepito i seguenti rimborsi IVA, derivanti anche da crediti IVA originati dall’utilizzo delle citate fatture fittizie (…v. tabella):

anno d’imposta 2002 – tipo rimborso infrannuale – importo richiesto a rimborso 148.302,00 – Importo rimborso 148.302,00 – interessi 2.214,00”;

– sul punto, quindi, è evidente il vizio logico-giuridico che travolge e inficia il ragionamento seguito dalla CTR ed esplicitato in motivazione, che se in premessa concentra la sua attenzione proprio sull’anno 2002 (salvo quanto detto in punto errore di scritturazione, che provoca l’indicazione erronea dell’anno 2001), nelle conclusioni motiva l’accoglimento dell’appello del contribuente in forza di una circostanza che contrasta con le risultanze processuali e che risulta quindi del tutto illogica rispetto alle premesse documentali in atti;

– il secondo motivo è parimenti fondato;

– erra in diritto la CTR quando ritiene che l’operato dell’Ufficio sia errato per “mancanza di prova circa i fatti dedotti” con ciò quindi escludendo la rilevanza degli elementi di prova addotti in quanto presuntivi e non costituenti prova diretta;

– invero, la CTR mal governa i principi e le previsioni di legge in materia, con riguardo alla ripartizione dell’onere della prova; in forza della giurisprudenza costante sul punto di questa Corte Suprema (e pluribus, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27566 del 30/10/2018) in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi;

– a fronte delle deduzioni e degli elementi di prova, anche presuntiva, offerti dall’Amministrazione Finanziaria, quindi, spettava al contribuente rispondere fornendo la prova contraria; la CTR non si è attenuta quindi ai principi sopra enunciati, quindi il ricorso va accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio al secondo giudice.

PQM

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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