Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22009 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 13/10/2020), n.22009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7071-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.P., con domicilio eletto in ROMA VIALE G. MAZZINI 11,

presso lo studio dell’Avvocato ESCALAR GABRIELE, che la rappresenta

e difende congiuntamente e disgiuntamente all’Avvocato GIORDANO

VITTORIO, giusta procura a margine;

e contro

N.T., M.M., S.G.L.,

MA.PA., M.G., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli Avvocati BERTI GIANFRANCO e PANTANALI

SARAH, giusta procura a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 69/2013 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 23/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato ESCALAR che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con istanza del 2 giugno 2000 la Sammartin Frutta S.r.l. richiedeva al Comune di (OMISSIS) l’approvazione di un piano particolareggiato di iniziativa privata relativo ad un terreno di proprietà della stessa, sito in (OMISSIS) alla (OMISSIS).

La Giunta municipale di (OMISSIS) autorizzò con Delib. 4 agosto 2000 la suddetta società alla presentazione di Piano particolareggiato di iniziativa privata, nel quale era previsto la destinazione residenziale, direzionale e commerciale di un’area di mq 25.020, poi ridotta nel 2006 a mq 24.289.

Il 15 dicembre 2000 la società Immobiliare Spes S.r.l. divenne proprietaria dell’area in oggetto a seguito di fusione per incorporazione in essa della Sammartin Frutta, già proprietaria dell’area medesima.

Il 28 novembre 2002 la Immobiliare Spes S.r.l. si trasformò in Immobiliare Spes s.s., mutando il proprio oggetto sociale in “gestione di beni immobili”.

L’Immobiliare Spes s.s. richiese quindi nel 2003 variante normativa al piano particolareggiato sopra menzionato.

Con atto pubblico di permuta per notar m. del 30 giugno 2006, l’Immobiliare Spes s.s. cedette in permuta in favore di Edilbasso S.p.A., che si riservava di nominare il terzo contraente ex art. 1401 c.c., poi individuato nella Spes s.r.l. (società altra rispetto ad Immobiliare Spes s.s.), che aveva corrisposto contestualmente un corrispettivo di Euro 2.360.000,00, il complesso immobiliare costituito da tre unità immobiliari con annessa area pertinenziale, sito nel Comune di (OMISSIS) alla (OMISSIS), con porzione immobiliare di futura costruzione secondo il succitato piano particolareggiato d’iniziativa privata presentato dall’allora Sammartin Frutta, e quindi approvato dal Comune di (OMISSIS), insistendo l’area in sottozona B4.5 (“ambiti costituiti da ex aree produttive prevalentemente dismesse, da assoggettare a ristrutturazione urbanistica, soggetta a programmi integrati d’intervento”) del piano regolatore generale approvato nel 1995 con Delib. Giunta regionale dell’Emilia – Romagna.

Nella stessa data del 30 giugno 2006 la Spes S.r.l. (terza nominata nel succitato contratto di permuta) si era obbligata nei confronti del Comune di (OMISSIS) a realizzare il suddetto piano particolareggiato d’iniziativa privata.

Con ulteriore atto per notaio m. del 30 giugno 2006 Spes S.r.l. chiese di soddisfare l’obbligazione assunta con l’atto di permuta mediante il trasferimento d’immobili in costruzione non sull’area sopra menzionata, ma su area limitrofa, addivendo quindi le parti, a seguito dell’accettazione da parte Immobiliare Spes s.s., alla stipula l’anno successivo di nuovo rogito, nell’agosto 2007, sempre per notaio m., di identificazione catastale degli immobili in questione.

L’Agenzia delle Entrate notificò quindi alla Immobiliare Spes s.s. avviso di accertamento contestando alla società di avere conseguito una plusvalenza imponibile ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), giacchè, mediante l’operazione di permuta di cui sopra, avrebbe trasferito a Spes S.r.l. la proprietà non di fabbricati esistenti, bensì di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, avendo quindi incassato il relativo periodo nell’anno d’imposta 2007, notificando quindi a ciascuno dei soci, per le quote di competenza, gli avvisi di accertamento in ordine ai maggiori redditi conseguiti alla plusvalenza non dichiarata dalla società.

La CTP di Ferrara, dinanzi alla quale erano impugnati gli atti impositivi, respinse i ricorsi proposti dai soci, N.T., M.G., M.M., S.G.L., Ma.Pa. e B.P., ciascuno in proprio e come soci della Immobiliare Spes s.s.

Avverso la sentenza di primo grado i succitati contribuenti, in proprio e nelle indicate qualità, interposero appello, i primi cumulativamente, l’ultima separatamente.

Riuniti gli appelli, la Commissione tributaria regionale (CTR) dell’Emilia – Romagna, con sentenza n. 69/9/2013, depositata il 23 luglio 2013, non notificata, accolse i gravami, accogliendo in toto gli originari ricorsi.

Avverso la succitata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il primo dei quali ripartito in tre diversi ordini di censure.

Resistono i contribuenti con due controricorsi, l’uno cumulativamente nell’interesse dei suddetti N.T., M.G., M.M., S.G.L., Ma.Pa., l’altro nell’interesse di B.P., ciascuno in proprio e come soci della immobiliare Spes s.s., ciascun controricorso essendo stato quindi ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia plurime ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, precisamente:

1) dell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. a) e b), in combinato disposto con l’art. 1362 c.c., nella parte in cui la CTR ha escluso che potesse, nella fattispecie in esame, determinarsi plusvalenza imponibile secondo la succitata norma del TUIR in ragione del fatto che “i terreni oggetto di cessione erano in parte già edificati”, ciò che escludeva la possibilità di qualificare la cessione come avente ad oggetto terreni edificabili, mentre ai sensi dell’art. 67 TUIR lett. a), non risultava alcuna plusvalenza tassabile; essendo, peraltro, secondo la CTR, la vera intenzione “della parte acquirente (…) quella effettiva di acquistare la proprietà di un’area con sovrastanti fabbricati per addivenire successivamente alla costruzione di altri fabbricati residenziali, direzionali e commerciali, per il recupero complessivo dell’area in questione, autorizzato dall’ente locale”, dovendo ritenersi invece, secondo l’Amministrazione ricorrente, che tanto la condotta delle parti, sia prima che dopo la conclusione del contratto, sia l’ingentissimo valore del corrispettivo pattuito, incompatibile con la cessione di pochi, fatiscenti ruderi, comportassero che l’oggetto del contratto fosse da qualificare nella cessione di area edificabile;

2) dell’art. 1552 c.c., in relazione all’art. 1362 c.c. e ss., nella parte in cui la CTR, nel richiamare l’orientamento della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha statuito che “nei casi di fabbricati demoliti o demolendi in caso di cessione” (la Corte) “ha affermato che si tratta sempre di trasferimenti di fabbricati e non di aree, salva l’ipotesi in cui la cessione sia assistita da un impegno espresso del venditore ad assicurare la demolizione del fabbricato”. In tal modo, secondo l’Amministrazione ricorrente, la CTR, pur facendo corretta menzione dell’orientamento giurisprudenziale sovranazionale, non ne avrebbe fatto corretta applicazione riguardo al caso di specie, l’inizio della demolizione anteriormente alla cessione essendo sufficiente a provare l’effettiva volontà delle parti di trasferire l’area edificabile, reputando i ruderi sovrastanti elementi accessori;

3) dell’art. 1472 c.c., nella parte in cui la CTR ha escluso in ogni caso che l’imputazione della plusvalenza potesse essere riferita all’anno 2007, atteso che il trasferimento della proprietà delle porzioni di fabbricato doveva ritenersi avvenuto nel 2006.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria ricorrente censura ancora la sentenza impugnata “per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), ovvero (se si considera applicabile la riforma di cui al D.L. n. 83 del 2012, alla materia tributaria) omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, segnatamente laddove la CTR ha affermato che non sussiste la prova che fosse intenzione comune dei contraenti il trasferimento di un’area “”potenzialmente fabbricabile” per eseguire nuove costruzioni” e che non possono essere equiparati “i casi della cessione del terreno e quello del trasferimento di un edificio, di una serie di edifici o di un complesso immobiliare composto da terreno e manufatti la cui successiva lavorazione (demolizione totale o parziale e la successiva ricostruzione) sia subordinata alle previsioni del piano attuativo”.

3. Conviene muovere dall’esame del secondo motivo, con il quale l’Amministrazione ricorrente censura l’accertamento di fatto svolto dal giudice tributario d’appello che l’ha indotto a qualificare come oggetto degli atti (d’identificazione catastale 2007 in relazione alla permuta dell’anno precedente) non l’area edificabile di cui al piano particolareggiato che l’acquirente Spes s.r.l. si era obbligata nei confronti del Comune di (OMISSIS), contestualmente alla permuta del 30 giugno 2006, a realizzare, ma i fabbricati ivi esistenti destinati alla demolizione.

3.1. La ricorrente, in rubrica, dichiara di formulare la censura in relazione tanto alla formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo anteriore alla sua sostituzione da parte del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, quanto di quella attuale conseguita all’entrata in vigore della legge di conversione d succitato decreto.

Sennonchè – di là dal tenore letterale della rubrica – non v’è dubbio che la concreta articolazione del motivo sia riferita esclusivamente alla censura di carenza motivazionale, sotto l’aspetto della motivazione insufficiente o contraddittoria, di cui alla previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3.2. Nella fattispecie in esame la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna oggetto d’impugnazione con il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate è stata depositata in data 23 luglio 2013, ciò che comporta che deve trovare applicazione ratione temporis il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione attualmente vigente.

3.3. Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, ribadito costantemente dalla successiva giurisprudenza): “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.”.

3.3.1. Onde, a seguito della riforma del 2012 – proseguono le Sezioni Unite – scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.

3.4. Le stesse Sezioni Unite hanno altresì chiarito che la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è applicabile anche con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze delle Commissioni tributarie regionali depositate successivamente all’H settembre 2012, il ricorso per cassazione avverso dette sentenze essendo pur sempre disciplinato dal codice di rito, dovendo intendersi come processo tributario quello svolto dinanzi alle Commissione tributarie.

3.5. Ne consegue, con riferimento alla controversia in esame, che la censura riferita alla precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile, tale restando laddove, pur avendo riferito ugualmente in rubrica alla nuova formulazione della norma l’oggetto dell’impugnazione, nella concreta articolazione del motivo l’Amministrazione ricorrente svolge pur sempre la propria critica alla sentenza impugnata sul versante della carenza motivazionale (per insufficienza o contraddittorietà) e non già denunciando l’omesso esame di fatti storici, principali o secondari, oggetto di discussione tra le parti che, ove debitamente esaminati, avrebbero determinato un esito diverso del giudizio.

3.6. I fatti storici alla base della controversia risultano, infatti, tutti debitamente considerati dalla sentenza impugnata che, nell’ambito di una motivazione rispettosa del c.d. “minimo costituzionale”, ha dunque escluso che l’oggetto della permuta potesse essere individuato nell’acquisto dell’area edificabile secondo il piano particolareggiato approvato dall’Amministrazione e che l’acquirente si era obbligata a realizzare.

4. L’inammissibilità del motivo rende intangibile, dunque, l’accertamento di fatto svolto dal giudice tributario d’appello, a ciò conseguendo il rigetto del primo motivo di ricorso, in relazione ai primi due profili denunciati di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, basati sulla diversa individuazione, con riferimento all’area edificabile, dell’oggetto del contratto di permuta tra le parti e l’assorbimento del terzo profilo di censura, atteso che l’esclusione a monte della possibilità dell’atto di generare plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. b), comporta, ovviamente, l’impossibilità d’ipotizzarne una pur diversa data d’imputazione.

5. Restano assorbite anche le ulteriori questioni subordinatamente dedotte in memoria dalla controricorrente B. riguardo all’inapplicabilità delle sanzioni ovvero, in ulteriore subordine, dell’applicabilità dello ius superveniens più favorevole.

6. il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va pertanto rigettato.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

8. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti N.T., M.G., M.M., S.G.L., Ma.Pa. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Condanna altresì la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente B.P. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

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