Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22004 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 31/10/2016, (ud. 06/06/2016, dep. 31/10/2016), n.22004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13943/2015 proposto da:

M.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA ADRIANA 11, presso lo studio dell’avvocato UGO GIURATO,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PIETRO DELLA VALLE 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

SCHILLACI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

M.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 912/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 23/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato Marco Lussi con delega orale dell’Avv. Giurato Ugo

difensore della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento delle

difese depositate e il rigetto delle domande avversarie;

udito l’Avv. Schillaci Francesco difensore della controricorrente che

ha chiesto l’accoglimento delle difese esposte e condanna per lite

temeraria;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con sentenza n. 2225/2012 il Tribunale di Catania, a definizione di giudizio instaurato da M.G. e V. al fine di sentirsi dichiarare eredi legittime della propria defunta zia M.A., dichiarava S.G., in accoglimento della sua domanda riconvenzionale, unica erede universale in forza di testamento, della stessa M.A., condannando le attrici M.G. e V. alla restituzione in favore della S. di tutti beni mobili ed immobili facenti parte della massa ereditaria della de cuius, nonchè dei carteggi e documenti loro consegnati da St.Le., revocando il sequestro giudiziario disposto con ordinanza del 18 dicembre 2007 ed ordinando la cancellazione delle trascrizione del medesimo, con condanna delle parti attrici alla refusione delle spese di lite.

Avverso al suddetta decisione interponeva appello la M.G..

Resisteva al gravame, di cui chiedeva la reiezione, la S., chiedendo la condanna di controparte ai sensi dell’art. 96 c.p.c.. Nella contumacia della M.V., l’adita Corte di Appello di Catania rigettava l’appello, dichiarava abbandonata.

La domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. e condannava la M.G. al pagamento delle spese processuali. Per la cassazione della suddetta decisione della Corte distrettuale ricorre la M.G. con atto affidato a tre ordini di motivi.

Resiste con controricorso la S., chiedendo pronuncia ex art. 360 bis c.p.c., ed eccependo, in presenza di una pronunzia cosiddetta doppia conforme, di inammissibilità del ricorso ex art. 348 ter c.p.c..

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., entrambe le parti in causa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 4″.

Il motivo, pur se con impliciti ampi riferimenti a valutazioni in fatto già congruamente scolte in sede di giudizio di merito, ripropone – nella sostanza – la questione del valore da attribuire alla disposizione testamentaria di cui allo scritto del (OMISSIS).

Ciò facendo parte ricorrente invoca, impropriamente, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l'”omessa decisione sulla questione posta dalla odierna ricorrente e cioè….(se detta disposizione del 1997) poteva essere ritenuta siccome espressione di attuale e valida volontà testamentaria e quindi di una disposizione sostitutiva di quella originaria”.

La censura per come svolta non può essere accolta per molteplici ordini di ragioni.

Non vi è stata la lamentata violazione di legge poichè i Giudici del merito hanno giustamente statuito, ritenendone correttamente la sua autonomia concettuale, sulla validità della disposizione testamentaria del (OMISSIS), che è incompatibile con ogni altra contraria pronuncia pretesa e riproposta dalla odierna parte ricorrente.

Ove, poi, la censura svolta vorrebbe impropriamente far pervenire in questa sede (come adombrato dalla contro ricorrente) ad una nuova valutazione in fatto del punto allora si verterebbe in duplice inammissibilità del motivo sia per la prospettazione di una mero diverso apprezzamento che in applicazione dell’art. 348 ter c.p.c..

Il motivo deve, quindi, essere in ogni caso respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione degli artt. 587, 682, 684, 2730 c.c., omesso e comunque erroneo esame e valutazione delle risultanze probatorie e documenti decisivi di causa – violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. – vizio logico della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di “violazione di legge, art. 463 c.c., n. 5, nonchè degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., omesso esame di risultanze probatorie e documenti decisivi di causa in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

4.- Entrambi i due ultimi suesposti motivi possono, attesa la loro contiguità logica, essere trattati congiuntamente.

Ambedue attengono, nella sostanza, a profili eminentemente di merito già correttamente valutati nei pregressi gradi del giudizio. Non può, infatti, che appartenere al Giudice del merito la valutazione – in fatto – dell’addotta distruzione dell’originario testamento e l’eventuale attribuzione ad essa del significato (come prospettato dall’odierna ricorrente) di una revoca della disposizione testamentaria.

In ogni caso, essendo in presenza di una pronuncia cosiddetta doppia conforme dei giudici di merito, la ricorrente non poteva ricorrere chiedendo sostanzialmente un riapprezzamento del fatto in violazione del disposto di cui all’art. 348 c.p.c., comma 5.

I motivi sono, dunque, entrambi inammissibili.

5.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

6.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

Sussistono i presupposti di applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 7.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello tesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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